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Persecuzione dei cristiani nell'Impero romano

Le persecuzioni dei cristiani nell'Impero romano consistettero in atti di aggressiva intolleranza popolare e nell'assimilazione della religione cristiana ad un crimine contro lo Stato, con la conseguente condanna dei fedeli della nuova religione. Molti proclamarono comunque la propria fede accettando la prigionia, le torture, le deportazioni ed anche la morte: i martiri furono diverse migliaia. Inizialmente tuttavia le autorità locali non ricercavano attivamente i cristiani; le loro comunità continuarono così a crescere, trovando anzi nel culto dei martiri nuovo vigore. Gli imperatori Decio, Valeriano e Diocleziano, spinti anche da considerazioni politiche, ordinarono pertanto persecuzioni più attive e severe, che tuttavia non arrivarono a sradicare il cristianesimo. Nel 311 Galerio emanò l'Editto di Serdica che concedeva ai cristiani il perdono, poi confermata da Costantino I, che accordò al cristianesimo lo status di religio licita ("Editto di Milano") nel 313. Gli ultimi strascichi delle persecuzioni si sovrapposero alle prime lotte contro gli eretici; dopo pochi decenni sarebbero iniziate le persecuzioni dei pagani. Molti studiosi a partire dal XVIII secolo hanno talvolta ridimensionato la portata numerica delle persecuzioni, a loro parere esagerata dagli storici cristiani.

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