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Giovanni Bellini detto il Giambellino e Zuane Belin in lingua veneta (Venezia, 1427 o 1430 circa – Venezia, 26 novembre 1516) è stato un pittore italiano cittadino della Repubblica di Venezia, tra i più celebri artisti del Rinascimento. Lavorò ininterrottamente per ben sessant'anni, sempre ai massimi livelli, traghettando la pittura veneziana, che in lui ebbe un fondamentale punto di riferimento, attraverso le esperienze più diverse, dalla tradizione bizantina ai modi padovani filtrati da Andrea Mantegna, dalle lezioni di Piero della Francesca, Antonello da Messina e Albrecht Dürer, fino al tonalismo di Giorgione. Nelle sue opere Bellini seppe accogliere tutti questi stimoli rinnovandosi continuamente, ma senza tradire mai il legame con la propria tradizione, valorizzandolo anzi e facendone un punto di forza.
Norma è un'opera in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia Norma, ou L'infanticide di Louis-Alexandre Soumet (1786-1845). Composta in meno di tre mesi, nel 1831, fu data in prima assoluta al Teatro alla Scala di Milano il 26 dicembre dello stesso anno, inaugurando la stagione di Carnevale e Quaresima 1832. Quella sera l'opera, destinata a diventare la più popolare tra le dieci composte da Bellini, andò incontro a un fiasco clamoroso, dovuto sia a circostanze legate all'esecuzione, sia alla presenza di una claque avversa a Bellini e alla primadonna, il soprano Giuditta Pasta. Non solo, ma l'inconsueta severità della drammaturgia e l'assenza del momento più sontuoso, il concertato che tradizionalmente chiudeva il primo dei due atti, spiazzò il pubblico milanese. Il soggetto è ambientato nelle Gallie al tempo dell'antica Roma, e presenta espliciti legami con il mito di Medea. Fedele a questa idea di classica sobrietà, Bellini adottò per Norma una tinta orchestrale particolarmente omogenea, relegando l'orchestra al ruolo di accompagnamento della voce.
Gioachino Rossini, o Gioacchino, al battesimo Giovacchino Antonio Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Passy, 13 novembre 1868), è stato un compositore italiano. Fra i massimi e più celebri operisti della storia, la sua attività ha spaziato attraverso vari generi musicali, ma è ricordato principalmente per opere famose e celebrate quali Il barbiere di Siviglia, L'italiana in Algeri, La gazza ladra, La Cenerentola, Il turco in Italia, Semiramide e Guglielmo Tell. Rossini compose la prima opera all'età di quattordici anni e scrisse trentanove opere di rilievo in diciannove anni, prima del suo improvviso abbandono del teatro nel 1829; seguirono decenni in cui Rossini abbandonò l'attività compositiva a livello professionale e fu afflitto da depressione. Morì nella campagna parigina di Passy, dove si era ritirato a vita privata. Più importante compositore italiano della prima metà del XIX secolo e uno dei più grandi operisti della storia della musica, per la precocità e la velocità di composizione Rossini è stato soprannominato il "Mozart italiano". Definito da Giuseppe Mazzini «un titano. Titano di potenza e d'audacia [...] il Napoleone d'un'epoca musicale», tipico del suo stile era il crescendo orchestrale su una frase ripetuta, immortalato nella locuzione crescendo rossiniano.
Vincenzo Monti (Alfonsine, 19 febbraio 1754 – Milano, 13 ottobre 1828) è stato un poeta, scrittore, traduttore, drammaturgo e accademico italiano. Viene comunemente ritenuto l'esponente per eccellenza del Neoclassicismo italiano, sebbene la sua produzione abbia conosciuto stili mutevoli e sia stata a tratti addirittura vicina alla sensibilità romantica. Principalmente ricordato per la notissima traduzione dell'Iliade, fu al servizio sia della corte papale che di quella napoleonica, ed infine fu vicino agli austriaci dopo il Congresso di Vienna, manifestando spesso diversi cambi di visione politica e religiosa, anche repentini e radicali (ad esempio da reazionario a illuminista nel periodo rivoluzionario del 1793-1794), sia per l'entusiasmo del momento che per motivi di opportunità; pur riconoscendo il suo costante patriottismo di fondo, fu per questo definito da Francesco de Sanctis "segretario dell'opinione dominante" e ricevette critiche (ad esempio da Foscolo e Leopardi), sebbene dai più considerato tecnicamente un abile verseggiatore e traduttore, lodato anche da autori come Stendhal, Alfieri, Tommaseo, Carducci e Parini.
Il giardino Bellini (o Villa Bellini) è uno dei due giardini più antichi e uno dei quattro parchi principali di Catania. Localmente è spesso indicato semplicemente come "'a Villa".
Casta Diva è il cantabile della cavatina della protagonista nella Norma di Vincenzo Bellini. È la pagina più celebre composta da Bellini. Il compositore francese Fromental Halévy dichiarò che avrebbe barattato tutta la sua musica per quest'aria. Si colloca nel numero 4 dello spartito, la "scena e cavatina" di Norma, dove costituisce la sezione cantabile, dopo il recitativo "Sediziose voci" e prima del tempo di mezzo "Fine al rito; e il sacro bosco" e della cabaletta "Ah! bello a me ritorna". Costituisce una preghiera che la sacerdotessa gallica eleva alla luna. Davanti al desiderio dei Galli di ribellarsi al giogo romano, la sacerdotessa e veggente Norma cerca di placare gli animi dato che è scritto nel cielo che Roma dovrà cadere, ma non al momento e né per mano dei Galli. È preceduta dalla didascalia: [ Falcia il vischio: le Sacerdotesse lo raccolgono in canestri di vimini. Norma si avanza, e stende le braccia al cielo. La luna splende in tutta la sua luce. Tutti si prostrano CASTA diva par Claudia Muzio.ogg|titolo = Casta Diva }} Prima composta in Sol maggiore, l'aria fu abbassata di un tono, a Fa maggiore, perché giudicata troppo acuta da Giuditta Pasta, prima interprete dell'opera. A questa modifica dobbiamo non solo lo scarto armonico tra l'accordo di La bemolle maggiore che conclude il precedente recitativo e l'accordo di sesta napoletana (sol bemolle maggiore) che consente di modulare alla tonalità di Fa, ma anche l'anticipazione degli arpeggi dei violini dalla terza alla prima battuta dell'introduzione strumentale, che Bellini sostituì ai tre accordi isolati, a crome e in pizzicato, della versione in Sol, collocati rispettivamente nel quarto ottavo della prima battuta e sul primo e quarto ottavo della seconda battuta. In tal modo il passaggio modulante, che in origine fungeva da raccordo tra il recitativo e l'aria, venne incorporato in quest'ultima. La struttura in due strofe ("Casta Diva", "Tempra, o Diva"), ciascuna delle quali corrisponde ad una quartina di versi ottonari, ricalca quella di una romanza. Le prime 10 battute della melodia sono anticipate dalla voce del primo flauto, raddoppiato nelle battute finali dal primo oboe. Tra le due strofe si colloca una sezione intermedia, in cui il coro ripete sotto voce i versi di Norma su una melodia sillabica che fa da sfondo ai vocalizzi del soprano. La seconda strofa, identica alla prima tranne che nei versi e nell'aggiunta degli accordi staccati del Coro e di Oroveso, è chiusa da una cadenza vocale cromatica che porta la voce del soprano al La centrale, che nelle odierne esecuzioni è spesso sostituita da cadenze standardizzate e pressoché sempre conclusa sul Fa acuto. La melodia principale è un tipico esempio di stile melismatico belliniano, in cui le fioriture presentano carattere di arabesco anziché di passaggio di agilità. Altrettanto tipico è l'attacco sulla terza dell'accordo, lo stesso La che nello spartito belliniano (non nella tradizione esecutiva) sigilla il brano come a chiuderne il cerchio. Sulle sestine dei violini il periodo melodico si distende asimmetricamente. Solo i primi due versi presentano infatti ciascuno la canonica misura di 4 battute, mentre gli ultimi due si fondono in un'unica frase di 7 battute, che culmina nel Si bemolle acuto, dopo un lungo sincopato sulla nota La, di difficile esecuzione. Altri grandi soprani a cantarla sono stati Giuseppina Ronzi de Begnis, Giuditta Grisi, Lilli Lehmann, Rosa Ponselle, Gina Cigna, Zinka Milanov, Maria Callas, Anita Cerquetti, Joan Sutherland, Montserrat Caballé, Renata Scotto, Jane Eaglen e Toti Dal Monte.
Gentile Bellini (Venezia, 1429 – Venezia, 23 febbraio 1507) è stato un pittore e medaglista italiano cittadino della Repubblica di Venezia. Figlio maggiore di Jacopo e fratello di Giovanni, dopo le prime opere, influenzate dallo stile di Ansuino e di Mantegna, abbandonò il modo di costruire le figure con il rilievo plastico, preferendo costruirle con linee del contorno incise, tanto da creare figure appiattite in superficie con i colori che si incastonano in esse; grazie a questo stile, che produceva effetti di oggettività "cristallizzata", divenne il maggior ritrattista dell'aristocrazia veneziana. Oltre che nei ritratti, Gentile lavorò ai cicli di storie realizzati su teleri celebrativi, inaugurando così la tradizione dei vedutisti veneziani: nei suoi teleri è la veduta a dominare la scena gremita di figure e di personaggi abbastanza grandi per essere ritratti nei minimi particolari, ma molto più piccoli rispetto alle architetture che la compongono; così facendo il telero, diventando un cronaca dei fatti narrati, diventa a sua volta un documento.
Gaetano Domenico Maria Donizetti (Bergamo, 29 novembre 1797 – Bergamo, 8 aprile 1848) è stato un compositore italiano, tra i più celebri operisti dell'Ottocento. Scrisse poco meno di settanta opere oltre a numerose composizioni di musica sacra e da camera. Le opere di Donizetti oggi più sovente rappresentate nei teatri di tutto il mondo sono L'elisir d'amore, Lucia di Lammermoor e Don Pasquale. Con frequenza sono allestite anche La fille du régiment, La Favorite, Maria Stuarda, Anna Bolena, Lucrezia Borgia, Roberto Devereux e Linda di Chamounix.
Francesco Pastura (Catania, 16 agosto 1905 – Catania, 26 luglio 1968) è stato un critico musicale e compositore italiano. Inizialmente studiò prima presso il Conservatorio di S. Pietro a Majella, poi a Palermo presso il Conservatorio di musica Vincenzo Bellini, dove conseguì il 31 ottobre 1932 il diploma di «Licenza Superiore del Corso di Composizione» sotto la guida di Antonio Savasta. Durante la sua vita Pastura non ebbe particolare fama dall'attività di compositore; la conoscenza della musica gli fu da supporto nella sua attività di studioso e di critico musicale; uno degli aspetti più evidenti della sua personalità fu quello di essere un nostalgico conservatore del lirismo tonale, la fraterna amicizia con il Maestro Francesco Paolo Frontini lo portò a quella attenzione verso il canto popolare, impegnandolo come autore di alcune raccolte di canti come, Mandrerosse. Paesaggi uomini e canti di Libertinia, pubblicata nel 1939 (illustrazioni di Roberto Rimini), trenta canzoni popolari siciliane tra cui la famosa Ciuri, ciuri, ripresa e rimaneggiata dalla prima versione del 1883 di Frontini. Pastura sembra aver sufficientemente chiare le prospettive del suo lavoro futuro, l'insegnamento, l'attività giornalistica, la ricerca, lo studio per la tradizione musicale popolare. Insegna privatamente solfeggio, armonia e storia della musica. Nel 1931 è insegnante di armonia complementare presso l'Istituto dei Ciechi di Palermo. Dal 1934 è critico musicale de «Il popolo di Sicilia», e comincia a concretizzare i suoi interessi di ricerca verso i manoscritti belliniani. Tiene numerose conferenze, lezioni, commemorazioni, e nel 1935, in pieno anniversario belliniano, pubblica Le lettere di Bellini (1818-1835) ed Era felice un dì, "arietta inedita di Vincenzo Bellini" (in realtà una versione autografa di un'aria tratta dall'Andronico di Saverio Mercadante). Vincitore di concorso, nel 1938-39 insegna teoria e solfeggio nella Scuola di Musica dell'Ospizio di beneficenza di Catania. Egli si impegna anche, pur avendo a disposizione mezzi economici modestissimi, nel lavoro di costruzione della nascente biblioteca, con la funzione di «Incaricato bibliotecario». Nel 1950, a seguito della morte di Benedetto Condorelli, primo direttore del Museo Belliniano, Pastura fu chiamato a sostituirlo, un articolo pubblicato dal "Giornale dell'isola" (1º giugno 1950) lo definiva il più catanese dei maestri di musica, il più belliniano dei cultori del 'mito' belliniano, il più sentimentale e fra più preparati musicisti etnei. Nel 1959 esce il libro della sua vita al quale aveva lungamente lavorato: Bellini, secondo la Storia. All'ambito del suo lavoro didattico appartengono le Tesi di storia della Musica, 1952, rielaborazione di una precedente pubblicazione del 1937. Nell'ultimo decennio della sua attività (1958-1968) prosegue sempre intensamente l'impegno giornalistico e di ricerca. Nel 1968, l'anno della sua morte, viene pubblicato a Catania il suo ultimo libro: Secoli di musica catanese. Dall'«Odeon» al «Bellini».