Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Autore principale: Puccini, Mario
Il fronte italiano (in tedesco Italienfront o Südwestfront, "fronte sud-occidentale") comprende l'insieme delle operazioni belliche combattute tra il Regno d'Italia e i suoi Alleati contro le armate di Austria-Ungheria e Germania nel settore delimitato dal confine con la Svizzera e dalle rive settentrionali del Golfo di Venezia parte dei più ampi eventi della prima guerra mondiale. Il conflitto è conosciuto in Italia anche con il nome di "guerra italo-austriaca", o "quarta guerra d'indipendenza". Dopo aver stipulato un patto di alleanza con le potenze della Triplice intesa e aver abbandonato lo schieramento della Triplice alleanza, l'Italia dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, iniziando le operazioni belliche il giorno dopo: il fronte di contatto tra i due eserciti si snodò nell'Italia nord-orientale, lungo le frontiere alpine e la regione del Carso. Nella prima fase del confronto le forze italiane, guidate dal capo di stato maggiore dell'esercito generale Luigi Cadorna, lanciarono una serie di massicce offensive frontali contro le difese austro-ungariche nella regione del fiume Isonzo, tenute dall'armata del generale Svetozar Borojević von Bojna, mentre operazioni di minor portata prendevano vita sui rilievi alpini e in particolare nella zona delle Dolomiti. Il conflitto si trasformò ben presto in una sanguinosa guerra di trincea, simile a quella che si stava combattendo sul fronte occidentale: la lunga serie di battaglie sull'Isonzo non portò agli italiani che miseri guadagni territoriali al prezzo di forti perdite tra le truppe, ben presto spossate e demoralizzate dall'andamento delle operazioni. Le forze austro-ungariche si limitarono a difendersi lanciando contrattacchi limitati, fatta eccezione per la massiccia offensiva sull'Altopiano di Asiago nel maggio-giugno 1916, bloccata dagli italiani. La situazione subì un brusco cambiamento nell'ottobre 1917, quando un'improvvisa offensiva degli austro-tedeschi nella zona di Caporetto portò a uno sfondamento delle difese italiane e a un repentino crollo di tutto il fronte: il Regio Esercito fu costretto a una lunga ritirata fino alle rive del fiume Piave, lasciando in mano al nemico il Friuli e il Veneto settentrionale oltre a centinaia di migliaia di prigionieri. Passate alla guida del generale Armando Diaz e rinforzate da truppe franco-britanniche, le forze italiane riuscirono però a consolidare un nuovo fronte lungo il Piave, bloccando l'offensiva degli Imperi centrali. Dopo aver respinto un nuovo tentativo degli austro-ungarici di forzare la linea del Piave nel giugno 1918, le forze degli Alleati passarono alla controffensiva alla fine dell'ottobre 1918: nel corso della cosiddetta battaglia di Vittorio Veneto le forze austro-ungariche furono messe in rotta, sfaldandosi nel corso della ritirata. Il 3 novembre l'Impero austro-ungarico chiese e siglò l'armistizio di Villa Giusti che, entrato in vigore il 4 novembre, segnò la conclusione delle ostilità.
La battaglia di Caporetto, o dodicesima battaglia dell'Isonzo (in tedesco Schlacht von Karfreit, o zwölfte Isonzoschlacht), conosciuta in Italia e all'estero anche come "rotta" o "disfatta di Caporetto", fu uno scontro combattuto sul fronte italiano della prima guerra mondiale, tra le forze congiunte degli eserciti austro-ungarico e tedesco, contro il Regio Esercito italiano. L'attacco, cominciato alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917 contro le linee della 2ª Armata italiana sulla linea tra Tolmino e Caporetto (l'odierna Kobarid), portò alla più grave disfatta nella storia dell'esercito italiano, al collasso di interi corpi d'armata e al ripiegamento dell'intero esercito italiano fino al fiume Piave. La rotta produsse quasi 300 000 prigionieri e 350 000 sbandati, tanto che ancora oggi il termine "Caporetto" è entrato nell'uso comune della lingua italiana per indicare una pesante sconfitta, una disfatta, una capitolazione. Approfittando della crisi politica interna alla Russia zarista, dovuta alla rivoluzione bolscevica, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quello occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l'apporto di reparti d'élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell'Isonzo, non ressero all'urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave, a 150 chilometri di distanza. La sconfitta portò a immediate conseguenze politiche (le dimissioni del Governo Boselli e la nomina di Vittorio Emanuele Orlando) e militari, con l’avvicendamento del generale Luigi Cadorna (che cercò di nascondere i suoi gravi errori tattici, imputando le responsabilità alla presunta viltà di alcuni reparti) con il generale Armando Diaz. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave, riuscendo a tenere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare Cadorna.
La seconda battaglia del monte Grappa fu uno scontro verificatosi nell'ambito della battaglia di Vittorio Veneto, iniziato per mano italiana con l'obiettivo di attaccare l'esercito austro-ungarico su un altro fronte (quello del Grappa, appunto) oltre a quello del Piave. Il Regio Esercito, dopo giorni di attacchi logoranti per entrambe le parti, riuscì ad avere la meglio quando questo, a causa del crollo del fronte interno, iniziò una ritirata che si trasformò in rotta.
Carlo Ederle (Verona, 29 maggio 1892 – Zenson di Piave, 4 dicembre 1917) è stato un militare italiano. Pluridecorato ufficiale d'artiglieria del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, cadde in combattimento nel dicembre del 1917, venendo insignito della Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
L'undicesima battaglia dell'Isonzo fu combattuta durante la prima guerra mondiale (17 agosto – 31 agosto 1917) sul fronte delle operazioni italiano, fra il Regio Esercito e l'esercito austro-ungarico. Luigi Cadorna, il capo di stato maggiore italiano, aveva concentrato tre quarti delle sue truppe lungo il fiume Isonzo: 600 battaglioni (52 divisioni) con 5.200 pezzi d'artiglieria. L'attacco venne sferrato su un fronte che si estendeva da Tolmino (nella valle superiore dell'Isonzo) fino al mare Adriatico. Gli italiani attraversarono il fiume in più punti su ponti di fortuna, ma lo sforzo maggiore venne fatto sull'altopiano della Bainsizza, la cui conquista aveva lo scopo di far proseguire l'avanzata e di rompere le linee austro-ungariche in due, isolando le roccaforti del monte San Gabriele e dell'Ermada. Durante questa offensiva vennero utilizzati per la prima volta i Reparti d'Assalto o Arditi. Dopo un combattimento aspro e sanguinoso, la Seconda Armata italiana (comandata dal generale Capello), fece indietreggiare gli austro-ungarici, conquistando la Bainsizza e il Monte Santo. Altre postazioni furono occupate dalla 3ª Armata del Duca d'Aosta. Il monte San Gabriele, che fino ad allora era stato considerato inespugnabile, fu conquistato da tre compagnie di Arditi in soli 40 minuti, portando alla cattura di 3000 prigionieri. Invece il monte Hermada si confermò inespugnabile, e l'offensiva si arrestò. Dopo la battaglia, le forze austro-ungariche erano sull'orlo del collasso, e non avrebbero potuto sostenere un altro attacco. Tuttavia gli italiani si trovavano nelle medesime condizioni, e non avrebbero potuto trovare le risorse per un'altra offensiva. La battaglia finì così in un bagno di sangue sostanzialmente inconclusivo. La battaglia venne combattuta anche da Sandro Pertini con il grado di tenente che per aver espugnato con pochi uomini delle postazioni difese da mitragliatrici venne proposto alla medaglia d'argento al valor militare. La medaglia non venne approvata subito e, successivamente, il regime fascista occultò la notizia, dato che Pertini era socialista e antifascista. La richiesta di medaglia venne riscoperta quando Pertini venne eletto Presidente della Repubblica Italiana ma gli venne consegnata solo nel 1985 allo scadere del suo mandato da Presidente della Repubblica per sua esplicita richiesta.
Record aggiornato il: 2025-10-11T01:16:13.581Z