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Autore principale: Plato
Pubblicazione: Firenze : Vallecchi, 1925
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Cato Maior de senectute (Catone il Vecchio, sulla vecchiaia) è un'opera filosofica scritta da Cicerone nel 44 a.C., ovvero poco prima della morte, e dedicata all'amico Attico. Composta di 23 capitoli, ha la forma di un dialogo che s'immagina sia accaduto nell'anno 151, quando il personaggio che dà il titolo all'opera (famoso anche come Catone il Censore) aveva già 83 anni. Egli conversa con l'amico Gaio Lelio Minore (190 a.C. - 129 a.C.) e con Publio Cornelio Scipione Emiliano (184-185 a.C. - 129 a.C.), nipote adottivo del più famoso Africano, entrambi molto più giovani di Catone. Il dialogo è introdotto - dopo la dedica ad Attico - dalle parole di Scipione che esprimono la meraviglia sua e di Lelio per la serenità con la quale Catone vive la vecchiaia. Catone inizia così la sua pacata argomentazione: prende in esame le critiche comunemente rivolte alla vecchiaia e le confuta, con esempi tratti dalla storia greca e romana. Le accuse esaminate sono: la debolezza e decadenza fisica; l'attenuarsi delle capacità intellettive; l'impossibilità di godere dei piaceri dei sensi; la bizzarria del carattere e l'avarizia. La conversazione approda con naturalezza al tema della morte e della paura che essa suscita. Catone osserva che la morte o è il nulla (e in tal caso nulla vi è da temere, secondo la concezione epicurea), o significa una vita migliore per chi ha vissuto con rettitudine. Infine, riflette, è contraria all'esperienza la consuetudine di accostare il pensiero della morte solo alla vecchiaia: tanti giovani vedono la loro età fiorente stroncata da una morte prematura. Infine, Catone passa al tema dell'immortalità dell'anima. Richiama per sommi capi le dottrine pitagoriche e platoniche sull'anima; quindi espone altri argomenti a favore di tale dottrina. Conclude che è proprio degli spiriti nobili e saggi attendere la morte con animo sereno, costituendo così un esempio per la maggioranza degli uomini; augura infine agli amici di poter raggiungere l'età avanzata e quindi di provare per esperienza ciò che hanno appena appreso dalle sue parole.
Per giusnaturalismo o dottrina del diritto naturale (dal latino ius naturale, «diritto di natura») s'intende la corrente di pensiero filosofica che presuppone l'esistenza di una norma di condotta intersoggettiva universalmente valida e immutabile, fondata su una peculiare idea di natura (ma, come nota Bobbio, «‘natura’ è uno dei termini più ambigui in cui sia dato imbattersi nella storia della filosofia»), preesistente a ogni forma storicamente assunta di diritto positivo (termine coniato dai medievali, derivato dal greco thésis, tradotto in latino come positio; e, appunto, positivum riproduceva letteralmente il senso greco del dativo thései, riferentesi al prodotto dell'opera umana) e in grado di realizzare il miglior ordinamento possibile della società umana, servendo «in via principale per decidere le controversie fra gli Stati e fra il governo e il suo popolo».Secondo la dottrina giusnaturalistica il diritto positivo non si adegua mai completamente alla legge naturale, perché esso contiene elementi variabili e accidentali, mutevoli in ogni luogo e in ogni tempo: i diritti positivi sono realizzazioni imperfette e approssimative della norma naturale e perfetta, la quale, da quanto risulta dal manuale settecentesco di Gottfried Achenwall intitolato Jus naturae in usum auditorum, può servire «in via sussidiaria per colmare le lacune del diritto positivo». I temi affrontati dai teorici della dottrina del diritto naturale attengono al diritto, perché pongono in discussione la validità delle leggi, alla morale, in quanto riguardano l'intima coscienza dell'uomo, e, prevedendo limiti al potere dello Stato, alla politica.
Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene (Campi Salentina, 1º settembre 1937 – Roma, 16 marzo 2002) è stato un attore, regista, drammaturgo, scrittore e poeta italiano. È stato uno dei protagonisti della "neoavanguardia" teatrale italiana e tra i fondatori del "nuovo teatro italiano". Autore prolifico, si impegnò in diverse forme d'arte quali la poesia, il concerto, il cinema.
La Poetica è un trattato di Aristotele, scritto ad uso didattico, probabilmente tra il 334 e il 330 a.C., ed è il primo esempio, nella civiltà occidentale, di un'analisi dell'arte distinta dall'etica e dalla morale. Nella Poetica, Aristotele esamina la tragedia e l'epica. L'esistenza di un secondo libro trattante la commedia fu speculata dal patriarca nestoriano Timoteo I (? - 823), ma la maggioranza della critica odierna dà parere negativo a questa ipotesi. Aristotele introduce due concetti fondamentali nella comprensione del fatto artistico: la mimesi e la catarsi.
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