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Autore principale: Ayala, Francisco José
Pubblicazione: Bologna : Zanichelli, 1987
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La genetica (dal greco antico γενετικός, ghenetikós, «relativo alla nascita», da γένεσις ghénesis, «genesi, origine») è la branca della biologia che studia i geni, l'ereditarietà e la variabilità genetica negli organismi viventi. Il campo di studio della genetica si focalizza dunque sulla comprensione dei meccanismi alla base di questi fenomeni, noti sin dall'antichità, assieme all'embriologia, ma non spiegati fino al XIX secolo, grazie ai lavori pionieristici di Gregor Mendel, considerato per questo il padre della genetica. Egli infatti per primo, pur non sapendo dell'esistenza dei cromosomi e della meiosi, attribuì ai "caratteri" ereditati in modo indipendente dagli individui parentali, la proprietà di determinare il fenotipo dell'individuo. In una visione moderna, l'informazione genetica degli organismi è contenuta all'interno della struttura chimica delle molecole di DNA. I "caratteri" mendeliani dell'individuo corrispondono a sequenze di DNA (acido desossiribonucleico) ed RNA (acido ribonucleico) chiamate geni presenti nel genoma. I geni infatti contengono l'informazione per produrre molecole di RNA e proteine che permettono lo sviluppo e la regolazione dei caratteri cui sono correlati. Le proteine vengono prodotte attraverso la trascrizione del DNA a RNA, che viene trasportato fino ai ribosomi dall'RNA messaggero, che viene tradotto in proteina dagli stessi. Tale processo è noto come dogma centrale della biologia molecolare. Alcuni geni sono trascritti in RNA, ma non divengono proteine, assolvendo a fondamentali funzioni biologiche. Sebbene la genetica giochi un ruolo importante nel determinare l'aspetto ed il comportamento dell'individuo, è la sua interazione con l'ambiente a determinare l'aspetto complessivo. Per questo motivo due gemelli identici, sebbene aventi lo stesso patrimonio genetico, possono avere diverse personalità.
La preistoria (dal latino præ "prima, innanzi" e historia "storia") è il periodo della storia umana che precede la scrittura, anteriore quindi alla storia documentata e abbracciante l'intervallo temporale, secondo una visione sufficientemente condivisa, che va da circa 2,5-2,6 milioni di anni fa sino (almeno in Eurasia) al 4000 a.C. In alcune discipline e contesti è comprensiva della protostoria, ovvero di quasi tutta l'era quaternaria. Mentre l'inizio del periodo appare relativamente poco problematico, soggetto alla repertazione, e concerne la paleoantropologia e l'antropologia molecolare, la sua conclusione non è univoca e soggiace a variazioni anche notevoli, prevalentemente di ambito geografico. Esistono molte culture non definibili preistoriche, specie nel continente americano e nell'Africa subsahariana, che non hanno o hanno tardivamente introdotto l'uso della scrittura; anche in Europa ed Asia vi sono state rilevanti differenze temporali. Nel 1833 Paul Tournal (1805-1872), fondatore della Commission Archéologique e del museo di Narbonne, aveva utilizzato il temine anté-historique; la prima occorrenza del termine prehistoric è del 1851, nel titolo di un libro di Daniel Wilson (1816-1892); in seguito il termine si è diffuso anche in altre lingue.
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