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Autore principale: Bruschi, , Luciano
Pubblicazione: [Pistoia] : Edizioni del Comune di Pistoia, 1998
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Policarpo Petrocchi (Castello di Cireglio, 16 marzo 1852 – Castello di Cireglio, 25 agosto 1902) è stato uno scrittore, filologo e lessicografo italiano.
L'ammazzatoio (L'Assommoir, conosciuto in italiano anche come Lo scannatoio) è il settimo volume del ciclo I Rougon-Macquart (1871-1893) dello scrittore francese Émile Zola. Il romanzo iniziò ad uscire a puntate sul quotidiano Le bien publique nel 1876 ma il giornale fu costretto ad interrompere le pubblicazioni a causa delle proteste che esso aveva suscitato nel pubblico dei lettori. Catulle Mendès, grande ammiratore di Zola, decide allora di pubblicarlo sul suo settimanale La Republique des lettres e questa volta fu un grande successo. Venne poi pubblicato come libro nel 1877. Il libro, ambientato nella Parigi operaia e frutto di una lunga e attenta analisi d'ambiente da parte dell'autore, narra una storia di alcolismo, di miseria e di degradazione umana. Innovativo anche dal punto di vista linguistico, perché Zola vi riproduce, come in tutti gli altri suoi romanzi, il caratteristico gergo dell'ambiente che descrive (argot).
Il Padre provinciale è un personaggio secondario dei Promessi Sposi: è il superiore della provincia ecclesiastica dei cappuccini alla quale appartiene il padre Cristoforo. In un colloquio col Conte zio, per evitare il rischio di un conflitto tra l'Ordine francescano e la nobiltà lombarda, accetta di trasferire fra Cristoforo a Rimini come predicatore. Il colloquio occupa la prima parte del cap. XIX dei Promessi sposi ed è considerato uno dei più celebri del romanzo: in particolare per il suo incipit ("due potestà, due canizie, due esperienze consumate") definito da Luigi Russo ironicamente epico, e in realtà preparatorio di un "misfatto elegante e farisaicamente onesto"; e soprattutto per il citatissimo "sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire", che abbassa definitivamente le difese d'ufficio del padre provinciale. Il personaggio del padre riveste anche per molti critici un ruolo chiave per decifrare la complessa religiosità manzoniana e i suoi rapporti col Cristianesimo e con la chiesa. In particolare Donadoni lo definisce "il superiore tipo, l'uomo salito in dignità per la sua dappocaggine... non impersona un'idea, ma esercita una funzione: e in quella funzione è tutto. Della morale cristiana non pensa più altamente del dottor Azzeccagarbugli. Quella morale non deve penetrare, molesta, nella vita: la parola di Cristo deve restare sui pulpiti... e tocca a lui fare che un cristiano ingenuo non trovi modo né tempo che quella parola fruttifichi... è il cattolicesimo che protesta contro il cristianesimo". Il già citato Donadoni scrive anche che "per questo fariseo la pace dell'ordine è troppo più importante dello spirito del Vangelo [....]. Codardo e servile, [...] il Provinciale ardisce di insistere: perché non c'è solamente da salvare il prestigio della casta nobiliare, ma anche il prestigio del convento. [...] L'essenziale è che siano salvi tutti i decori, tutti i prestigi e tutte le menzogne".Policarpo Petrocchi ironizza sulla diplomazia del padre provinciale ("anche il padre sarà stato fratello di qualche conte zio e sa far la sua parte"). Giovanni Getto vede invece il padre provinciale avvolto da "una luce di dignità" che non lo salva però dalla condanna manzoniana; Attilio Momigliano nota la differenza tra lo stile "dozzinale" e "da caporale della politica" del conte zio rispetto a quello "aristocratico" del padre provinciale; Angelo Stella vede un'implicita condanna manzoniana della "raffinatezza diplomatica dell'uomo di chiesa".
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