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Serie: Grandi tascabili economici
Marco Giunio Bruto (in latino: Marcus Iunius Brutus, pronuncia classica o restituta: [ˈmaːrkʊs ˈjuːnɪ.ʊs ˈbruːtʊs]; Roma, 85 a.C. o 79-78 a.C. – Filippi, 23 ottobre 42 a.C.), ufficialmente noto dopo l'adozione come Quinto Servilio Cepione Bruto (Quintus Servilius Caepio Brutus), è stato un politico, oratore, filosofo e studioso romano, senatore della tarda Repubblica romana e uno degli assassini di Giulio Cesare; fu difatti una delle figure preminenti della congiura delle Idi di Marzo assieme a Gaio Cassio Longino e a Decimo Bruto.
Tito Livio (in latino: Titus Livius; Patavium, 59 a.C. – Patavium, 17 d.C.) è stato uno storico romano, autore della Ab Urbe condita, una storia di Roma dalla sua fondazione fino alla morte di Druso, figliastro di Augusto, nel 9 a.C.
Quello che segue è l'elenco degli imperatori romani che governarono dal 27 a.C al 476 d.C. Per ciascuno sono riportati: il nome con cui è più comunemente conosciuto; il nome ufficioso; la data di nascita; il periodo temporale del suo regno (durante il quale fu ricevuto il titolo di augusto); la causa della morte (con la data se diversa da quella della fine del regno). Sono citati gli usurpatori (a volte la distinzione è dubbia, e in generale si segue la tradizione storica consolidata), gli imperatori che regnarono insieme, le date di eventuali associazioni al trono con il titolo di cesare. Giulio Cesare non ebbe mai il titolo di "princeps" o di "augusto" come Ottaviano: tuttavia fu dittatore dal 49 a.C. al 44 a.C., cosa mai successa in precedenza (con l'eccezione di Silla nel periodo 82 a.C.-79 a.C., il dictator poteva rimanere in carica al massimo sei mesi e così era sempre accaduto), ma soprattutto il titolo di "imperatore", nel suo significato moderno, corrisponde al titolo di cesare nella storia di Roma, almeno fino all'inizio della Tetrarchia. Svetonio infatti, nella sua opera dedicata alle Vite dei dodici Cesari, parte proprio da Giulio Cesare. Gli imperatori di Roma non furono tali nel senso moderno del termine. Ufficialmente il senato non perse mai i suoi poteri, e Augusto stesso si definiva "primus inter pares" ("il primo tra gli eguali"), rivolgendosi ai senatori. Gli imperatori romani godettero di un potere enorme, ma spesso precario, perché esposto a congiure e intrighi che interessavano spesso i familiari. L'incidenza di morti violente tra di essi aumentò notevolmente dalla Crisi del terzo secolo in poi (235-476), parallelamente alla diminuzione media degli anni di regno.
La terza guerra servile, anche nota come rivolta o guerra di Spartaco, fu una guerra combattuta tra la Repubblica romana e un esercito di schiavi ribelli tra il 73 e il 71 a.C. in Italia; la guerra terminò con la vittoria dell'esercito romano, comandato da Marco Licinio Crasso. Si trattò della terza e ultima delle guerre servili, una serie di ribellioni di schiavi contro la Repubblica romana, condotte in tempi diversi senza alcun legame tra loro e tutte destinate a risolversi in un insuccesso; a differenza delle precedenti, però, nella terza guerra servile, le bande di schiavi ribelli, rapidamente ingrossatesi, misero effettivamente in pericolo il controllo romano sull'Italia. Anche dopo la fine della guerra, infatti, il ricordo dello scontro continuò a condizionare almeno in parte la politica romana degli anni seguenti.
Il cursus honorum era l'ordine sequenziale degli uffici pubblici tenuti dall'aspirante politico sia durante il periodo repubblicano, sia nei primi due secoli dell'Impero romano. Fu creato inizialmente per gli uomini di rango senatoriale. Poi sotto l'alto Impero, essendo i cittadini divisi in tre classi (ordine senatorio, equestre e plebei), i membri di ciascuna classe potevano fare una ben distinta carriera politica (cursus honorum). Le magistrature tradizionali erano disponibili solo per i cittadini dell'ordine senatorio. Le magistrature che sopravvissero alla fine della Repubblica erano, in ordine di importanza nel cursus honorum: il consolato, la pretura, il tribunato plebeo, l'edilità, la questura e il tribunato militare.Il cursus honorum conteneva un insieme sia di cariche politiche che militari. Ogni ufficio aveva un'età minima per l'elezione, ed un intervallo minimo per ottenere la carica successiva, oltre a leggi che proibivano di reiterare un particolare ufficio. Queste regole cominciarono ad essere alterate e poi ignorate nel corso dell'ultimo secolo della Repubblica. Per esempio, Mario fu console per cinque anni consecutivi tra il 104 e il 100 a.C. Presentati ufficialmente come opportunità per un servizio pubblico, gli uffici vennero spesso trasformati in mere occasioni di auto gratificazione. Dopo le riforme di Lucio Cornelio Silla fu richiesto un intervallo di dieci anni per concorrere un'altra volta allo stesso ufficio. Aver tenuto ogni carica all'età più giovane possibile (in suo anno) era considerato un grande successo politico, poiché mancare la pretura a 39 anni significava che si sarebbe potuti diventare console solo dopo i 42. Marco Tullio Cicerone espresse il suo estremo orgoglio, non solo per essere un homo novus ("uomo nuovo", ovvero colui che, primo nella sua famiglia e non appartenente alla nobilitas, ricopriva cariche curuli) per essere divenuto console, anche se nessuno dei suoi antenati aveva mai ricoperto prima di lui tale carica, ma anche per aver ricoperto la carica "nel giusto anno", ovvero nell'anno "più giovane possibile" (che a quel tempo era di 42 anni).
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