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Autore principale: Amici dei Musei e dei monumenti pisani
Pubblicazione: Pisa : ETS, c2006
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ITA, Paese: IT
Il Parco di Pinocchio è un parco commemorativo della celebre fiaba ed è situato a Collodi, frazione del comune di Pescia (PT).Collodi è il paese dove Carlo Lorenzini, l'autore delle Avventure di Pinocchio, trascorse la fanciullezza e da cui in seguito trasse il suo pseudonimo. Il Parco di Pinocchio è gestito dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi, che ne è anche la proprietaria.
Le opere e la poetica di Carmelo Bene sono assai ricche e prolifiche, e abbracciano quasi quarant'anni di attività dell'autore, dal 1959 fino al 2002. La sua discussa e controversa figura, spesso oggetto di clamorose polemiche, ha diviso critica e pubblico fin dagli esordi: considerato da alcuni un affabulante ingannatore e un presuntuoso "massacratore" di testi, per altri Bene è stato uno dei più grandi attori del Novecento. Dalle dichiarazioni di Bene risulta evidente il suo disprezzo per certa critica teatrale, da lui ritenuta "piena di parvenus". Tra i primi a rendergli omaggio si ricordano alcuni tra i più illustri esponenti del mondo intellettuale dell'epoca, come, ad esempio, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ennio Flaiano e Pier Paolo Pasolini. Bene ebbe poi modo di collaborare, tra gli altri, con Pierre Klossowski e Gilles Deleuze, i quali scrissero alcuni saggi sul modo di fare teatro dell'artista italiano. La lotta di Bene si rivolge contro il naturalismo e la drammaturgia borghese, contro le classiche visioni del teatro. Rivendica l'arte attoriale innalzando l'attore da mera maestranza (così definita da Silvio D'Amico) ad artista-personificazione assoluta del complesso teatrale. Il testo, poiché nato dalla penna di uno scrittore spesso avulso dal problema del linguaggio scenico, non può essere interpretato: esso deve necessariamente essere ricreato dall'attore. Carmelo Bene è contro il teatro di testo, per un teatro da lui definito "scrittura di scena", un teatro del dire e non del detto. Fare "teatro del già detto" sarebbe un ripetere a memoria le parole di altri senza creatività, quello che Artaud definiva un "teatro di invertiti, droghieri, imbecilli, finocchi: in una parola di Occidentali". È l'attore, con la scrittura di scena, a fare teatro hic et nunc. Il testo viene considerato come "spazzatura", perché lo spettacolo va visto nella sua totalità. Il testo ha il medesimo valore di altri elementi come le luci, le musiche, le quinte. Il teatro di testo, di immedesimazione, viene definito da Bene come un teatro cabarettistico. Gli attori che si calano in dei ruoli, che interpretano, sono per lui degli intrattenitori, degli imbonitori, dei "trovarobe". Nel suo teatro, l'attore è l'Artefice. Il testo non viene più messo in risalto come nel teatro di testo, viene anzi martoriato, continuando un discorso iniziato da Artaud, che già aveva iniziato la distruzione del linguaggio, ma che per Bene fallì sulle scene, perché cadde nella interpretazione. Bene distrugge l'Io sulla scena, l'immedesimazione in un ruolo, a favore di un teatro del soggetto-attore. Bene è stato definito Attore Artifex, cioè attore artefice di tutto, e lui stesso preferiva definirsi, con un neologismo, una "macchina attoriale": autore, regista, attore, scenografo, costumista. Buona parte delle opere letterarie di Carmelo Bene le possiamo trovare raccolte in un volume unico, dal titolo Opere, con l'Autografia di un ritratto, nella collana dei Classici Bompiani. Inoltre La Fondazione Immemoriale di Carmelo Bene si preoccupa della "conservazione, divulgazione e promozione nazionale ed estera dell'opera totale di Carmelo Bene, concertistica, cinematografica, televisiva, teatrale, letteraria, poetica, teorica, ..."
Le incisioni rupestri (dette anche petroglifi o graffiti) sono segni scavati nella roccia con strumenti appuntiti di vario genere, come una punta di roccia più dura a forma di scalpello, utilizzando una tecnica di picchiettatura, guidata o meno da un percussore o una punta metallica (tipo pugnale, di bronzo o di ferro), o per mezzo di una tecnica di raschiatura a graffio, da cui il nome graffito. Le figure formate in alcuni casi, da una fitta concentrazione di buchi, dette coppelle, si pensa potessero essere ricoperte di sostanze coloranti, in alcuni casi servivano per veicolare il sangue di animali sacrificati, durante riti animistici. Si trovano incisioni rupestri ancestrali a partire da quando è comparso l'Homo sapiens, fino in epoca recente. In tutto il mondo solitamente si trovano in alpeggi da pascolo, vicino a fonti e a laghi. Rappresentano sia realtà della vita quotidiana pastorale e agricola, sia figure simboliche e fantastiche. L'interpretazione di queste figure è discussa e varia da quella magico-simbolica, legata a riti religiosi di tipo sciamanico, a quella di figure fatte prevalentemente per passatempo da pastori fermi a guardia di greggi che pascolavano nei dintorni o che si abbeveravano. Per l'osservazione il momento migliore è l'alba o il tramonto, a causa delle ombre marcate create dai raggi solari radenti, che le rendono più facilmente visibili.
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