Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Sandro Pertini, all'anagrafe Alessandro Giuseppe Antonio Pertini (Stella San Giovanni, 25 settembre 1896 – Roma, 24 febbraio 1990), è stato un politico, giornalista e partigiano italiano. Fu il settimo presidente della Repubblica Italiana, in carica dal 1978 al 1985, primo socialista e unico esponente del PSI a ricoprire la carica. Durante la prima guerra mondiale, Pertini combatté sul fronte dell'Isonzo e per diversi meriti sul campo gli fu conferita una medaglia d'argento al valor militare nel 1917. Nel primo dopoguerra aderì al Partito Socialista Unitario di Filippo Turati e si distinse per la sua energica opposizione al fascismo. Perseguitato per il suo impegno politico contro la dittatura di Mussolini, nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere, e quindi costretto all'esilio in Francia per evitare l'assegnazione per cinque anni al confino. Continuò la sua attività antifascista anche all'estero e per questo, dopo essere rientrato sotto falso nome in Italia nel 1929, fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato prima alla reclusione e successivamente al confino. Solo nel 1943, alla caduta del regime fascista, fu liberato. Contribuì a ricostruire il vecchio PSI fondando insieme a Pietro Nenni e Lelio Basso il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Il 10 settembre 1943 partecipò alla battaglia di Porta San Paolo nel tentativo di difendere Roma dall'occupazione tedesca. Divenne in seguito una delle personalità di primo piano della Resistenza e fu membro della giunta militare del Comitato di Liberazione Nazionale in rappresentanza del PSIUP. A Roma fu catturato dalle SS e condannato a morte; riuscì a salvarsi evadendo dal carcere di Regina Coeli assieme a Giuseppe Saragat e ad altri cinque esponenti socialisti grazie a un intervento dei partigiani delle Brigate Matteotti. Nella lotta di Resistenza fu attivo a Roma, in Toscana, Valle d'Aosta e Lombardia, distinguendosi in diverse azioni che gli valsero una medaglia d'oro al valor militare. Nell'aprile 1945 partecipò agli eventi che portarono alla liberazione dal nazifascismo, organizzando l'insurrezione di Milano e votando il decreto che condannò a morte Mussolini e gli altri gerarchi fascisti. Nell'Italia repubblicana fu eletto deputato all'Assemblea Costituente per i socialisti, quindi senatore nella prima legislatura e deputato in quelle successive, sempre rieletto dal 1953 al 1976. Ricoprì per due legislature consecutive, dal 1968 al 1976, la carica di presidente della Camera dei deputati, infine fu eletto presidente della Repubblica Italiana l'8 luglio 1978. Andando spesso oltre il "basso profilo" tipico del ruolo istituzionale ricoperto, il suo mandato presidenziale fu caratterizzato da una forte impronta personale che gli valse una notevole popolarità, tanto da essere ricordato come il "presidente più amato dagli italiani" o il "presidente degli italiani".Come capo dello Stato conferì l'incarico a sei presidenti del Consiglio: Giulio Andreotti (del quale respinse le dimissioni di cortesia presentate nel 1978), Francesco Cossiga (1979-1980), Arnaldo Forlani (1980-1981), Giovanni Spadolini (1981-1982), Amintore Fanfani (1982-1983) e Bettino Craxi (1983-1987). Nominò cinque senatori a vita: Leo Valiani nel 1980, Eduardo De Filippo nel 1981, Camilla Ravera nel 1982 (prima donna senatrice a vita), Carlo Bo e Norberto Bobbio nel 1984; infine nominò tre giudici della Corte costituzionale: nel 1978 Virgilio Andrioli, nel 1980 Giuseppe Ferrari e nel 1982 Giovanni Conso. Esponente democratico e riformista del socialismo italiano, durante la sua carriera si prodigò per la crescita del PSI e per l'unità dei socialisti italiani, opponendosi strenuamente alla scissione del 1947 e sostenendo la riunificazione delle sinistre. In qualità di presidente della Repubblica nel 1979 conferì, per la prima volta dal 1945, il mandato di formare il nuovo governo a un esponente laico, il repubblicano Ugo La Malfa, incaricando quindi, con successo, nel 1981, il segretario del PRI Giovanni Spadolini (primo non democristiano ad assumere la guida del governo dal 1945), e nel 1983 il segretario del PSI Bettino Craxi (primo uomo politico socialista a essere nominato presidente del Consiglio nella storia d'Italia). Durante e dopo il periodo presidenziale non rinnovò la tessera del PSI, al fine di presentarsi al di sopra delle parti, pur senza rinnegare il suo essere socialista. Del resto, lasciato il Quirinale al termine del suo mandato presidenziale e rientrato in Parlamento come senatore a vita di diritto, si iscrisse al gruppo senatoriale del Partito Socialista Italiano. Fu sposato dal 1946 alla sua morte con Carla Voltolina, anch'essa partigiana e antifascista.
La prima guerra mondiale fu un conflitto mondiale che coinvolse le principali potenze e molte di quelle minori tra il 28 luglio 1914 e l'11 novembre 1918. Chiamata inizialmente dai contemporanei "guerra europea", con il coinvolgimento successivo delle colonie dell'Impero britannico e di altri paesi extraeuropei tra cui gli Stati Uniti d'America e l'Impero giapponese prese il nome di guerra mondiale o Grande Guerra: fu infatti il più grande conflitto armato mai combattuto fino alla successiva seconda guerra mondiale. Il conflitto ebbe inizio il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell'Impero austro-ungarico al Regno di Serbia in seguito all'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo da Gavrilo Princip A causa del gioco di alleanze formatesi negli ultimi decenni del XIX secolo, la guerra vide schierarsi le maggiori potenze mondiali, e rispettive colonie, in due blocchi contrapposti: da una parte gli Imperi centrali (Germania, Impero austro-ungarico e Impero ottomano), dall'altra gli Alleati rappresentati principalmente da Francia, Regno Unito, Impero russo, Impero giapponese e, dal 1915, Italia. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilitati in tutto il mondo (60 milioni solo in Europa) di cui oltre 9 milioni non tornarono più a casa; si dovettero registrare anche circa 7 milioni di vittime civili, non solo per i diretti effetti delle operazioni di guerra ma anche per le conseguenti carestie ed epidemie. Le prime operazioni militari del conflitto videro la fulminea avanzata dell'esercito tedesco in Belgio e nel nord della Francia, azione fermata però dagli anglo-francesi nel corso della prima battaglia della Marna nel settembre 1914; il contemporaneo attacco dei russi da est infranse le speranze tedesche in una guerra breve e vittoriosa, e il conflitto degenerò in una logorante guerra di trincea che si replicò su tutti i fronti e perdurò fino al termine delle ostilità. A mano a mano che procedeva, la guerra raggiunse una scala mondiale con la partecipazione di molte altre nazioni, come Bulgaria, Persia, Romania, Portogallo, Brasile, Cina, Siam e Grecia; determinante per l'esito finale fu, nel 1917, l'ingresso in guerra degli Stati Uniti d'America a fianco degli Alleati. La guerra si concluse definitivamente l'11 novembre 1918 quando la Germania, ultimo degli Imperi centrali a deporre le armi, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati. Alcuni dei maggiori imperi esistenti al mondo – tedesco, austro-ungarico, ottomano e russo – si estinsero, generando diversi stati nazionali che ridisegnarono completamente la geografia politica dell'Europa.
Pietro Nenni (Faenza, 9 febbraio 1891 – Roma, 1º gennaio 1980) è stato un politico e giornalista italiano, leader storico del Partito Socialista Italiano.
Luciana Castellina (Roma, 9 agosto 1929) è una politica, giornalista e scrittrice italiana, parlamentare comunista, più volte eurodeputata, autrice di numerose pubblicazioni, presidente onoraria dell'ARCI dal 2014.
Adolf Hitler (pronuncia tedesca [ˈadɔlf ˈhɪtlɐ] ; Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945) è stato un politico tedesco di origine austriaca, cancelliere del Reich dal 1933 e dittatore, col titolo di Führer, della Germania dal 1934 al 1945. Capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché principale ideatore del nazionalsocialismo, Hitler conquistò il potere cavalcando l'orgoglio ferito del popolo tedesco, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo e dopo alterne vicende (fallito Putsch nel 1923 e conseguenti otto mesi di carcerazione, durante i quali iniziò la stesura del Mein Kampf), arrivò alla Cancelleria nel gennaio del 1933. Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì per legge il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri dello Stato e instaurando un regime dittatoriale. Grazie a un possente ed efficace programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente a espandere il Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale. In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse a invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale. Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni di guerra, esercitando un'influenza determinante nelle scelte strategiche e nella conduzione operativa. Grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione i primi anni del conflitto furono caratterizzati da impressionanti vittorie, che permisero al Terzo Reich di dominare gran parte dell'Europa e sembrarono dimostrare l'invincibilità della Wehrmacht. Tuttavia a partire dal 1942, col formarsi della potente coalizione degli Alleati anglo-americano-sovietici, la Germania dovette passare sulla difensiva e subire gli attacchi sempre più efficaci dei suoi nemici. Abbandonato dagli alleati, logorato dalle continue sconfitte e in condizioni fisiche e psichiche sempre più precarie, Hitler rifiutò di cedere le armi e continuò a resistere ostinatamente. Rimasto bloccato con le truppe a lui fedeli in una Berlino ormai accerchiata dall'Armata Rossa, si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945 insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima. Responsabile della morte di milioni di persone, Hitler fu propugnatore di un'ideologia nazionalista e razzista, e di una politica di discriminazione e sterminio che colpì vari gruppi etnici, politici e socialiː popolazioni slave, etnie romanì, testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, membri della Massoneria, prigionieri di guerra, disabili fisici e mentali, e in particolar modo gli ebrei. Segregati sin dal 1933 dalla vita sociale ed economica del Paese, gli ebrei e le altre minoranze furono oggetto dal 1941 di un piano d'internamento e sterminio noto con il nome di soluzione finale, al quale ci si è riferiti sin dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah od Olocausto. La parola genocidio fu coniata dall'ebreo polacco Raphael Lemkin in un'opera del 1944 sulle politiche di sterminio naziste.