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Adaequatio rei et intellectus

La formula filosofica Adaequatio rei et intellectus (corrispondenza tra realtà ed intelletto) secondo Tommaso d'Aquino (1225–1274) era stata usata per la prima volta da Isaac Israeli ben Solomon, (855-955 ) filosofo e medico egiziano di cultura ebraica, per indicare che la verità consiste nella corrispondenza, nell'accordo, tra la realtà e la sua rappresentazione linguistica e concettuale. Secondo altri autori l'origine dell'espressione era invece in Avicenna (980-1037) L'espressione usata da Isaac Israeli era la sintesi della concezione aristotelica sulla verità: Questa concezione si ritrova ampiamente nella filosofia medioevale, specialmente in Tommaso d'Aquino, seguace della dottrina corrispondentista di Aristotele attenuata con l'osservazione che «cognitum est in cognoscente per modum cognoscentis» («il conosciuto si presenta in chi conosce attraverso modalità particolari di chi conosce»). È presente anche con significati alternativi nelle filosofie razionaliste della età moderna, come in Leibniz e Hegel. Nell'età contemporanea è al centro della filosofia analitica basata sulla corrispondenza tra il linguaggio e la realtà. In particolare il filosofo e matematico contemporaneo Alfred Tarski (1902–1983), che viene ritenuto uno dei massimi esponenti della Scuola logica polacca, ha fondato la concezione semantica della verità partendo dalla formulazione aristotelica.

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