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La storia dell'Italia romana ebbe inizio con la graduale unificazione delle popolazioni italiche centro-meridionali, che iniziò durante l'Età regia di Roma (VIII secolo a.C.), completandosi con la conquista della Gallia Cisalpina, territorio corrispondente alla Pianura Padana, che avvenne tra il III e il II secolo a.C. La successiva concessione della cittadinanza romana agli abitanti dell'intera penisola italica e la formazione di una vera e propria entità statale differenziata dalle province in quanto evoluzione stessa dell'Ager Romanus (e costituente de iure il territorio metropolitano di Roma, comprendente gradualmente l'intera regione geografica italiana - esente dalle imposte provinciali in quanto amministrata direttamente dal Senato Romano - ed avente nome di Italia), permise a Roma di diffondere ovunque la propria lingua, i costumi, le istituzioni e tutti gli aspetti della civiltà romana, della quale l'Italia era centro assoluto, amministrativo, politico e culturale. La storia dell'Italia romana ebbe fine nel 476 d.C. con la caduta dell'Impero romano d'Occidente e l'inizio del Regnum Italiae di Odoacre.
La storia d'Italia è l'insieme di numerose vicende locali e cittadine e riflesso della storia universale della sua capitale, Roma, sede dell'Impero prima e del Papato poi. Essa è parte fondante della cultura occidentale, europea e mediterranea. L'eredità storico-culturale dell'Italia si riflette nell'elevato numero di patrimoni dell'umanità presenti nel paese. Luogo di incontro di culture arcaiche come quella etrusca, latina, e sabina, di insediamenti celti e colonie greche e fenicio-cartaginesi, l'Italia antica fu federata dalla Repubblica Romana e divenne il centro dell'Impero Romano. Una prima sistemazione amministrativa in regioni le fu data da Cesare Augusto (27 a.C.-14 d.C.). Divenne poi terra a maggioranza cristiana, abbandonando l'antico politeismo, tra la promulgazione dell'Editto di Milano (313) che garantiva la libertà di culto e quella dell'Editto di Tessalonica (380), che impose di seguire la religione del vescovo di Roma. Con la caduta dell'Impero, l'Italia venne invasa dagli Eruli di Odoacre (476), e poi dagli Ostrogoti di Teodorico (492), dai Bizantini di Giustiniano (535), e dai Longobardi di Alboino (568). Alla dominazione straniera, si accompagnò il processo di divisione politica: l'Italia meridionale fu contesa tra Longobardi, Bizantini e Berberi, quella centrale si consolidò come Stato Pontificio, e quella settentrionale venne inglobata da Carlomagno nel Sacro Romano Impero Germanico con l'incoronazione di quest' ultimo da parte di Papa Leone III nell'anno 800. Con l'umiliazione di Canossa (1077) prima e la pace di Venezia (1177) poi, il Papa indebolì l'Imperatore germanico, favorendo l'ascesa di autonomi Comuni nell'Italia imperiale. Tra questi, le repubbliche marinare di Genova e Venezia acquistarono un grande peso nel corso delle crociate, fatto che provocò una rivoluzione commerciale e mercantile in tutta Italia. Contestualmente, il mezzogiorno veniva unificato nel regno di Sicilia dai vichinghi Normanni. Per intrecci dinastici, corona di Sicilia e diadema imperiale pervennero entrambi a Federico II di Svevia, il quale fu a capo di un impero che si espanse nei paesi baltici e in Terra Santa, ma che si disgregò dopo il fallimento del progetto assolutista di dominare tutta l'Italia per la resistenza di Stato Pontificio, baroni meridionali, e Comuni centro-settentrionali. Dopo le drammatiche crisi del Trecento, la penisola conobbe una nuova epoca di prosperità economica e culturale tra XV e XVI secolo, periodo noto come Rinascimento. Per la sua ricchezza e centralità negli affari europei, divenne il principale teatro dello scontro delle Guerre d'Italia, che coinvolsero le principali potenze dell'epoca, tra cui il Regno di Francia, l'Impero germanico, l'Impero spagnolo, la Confederazone Elvetica, l'Inghilterra e l'Impero ottomano. Sul piano culturale, l'Italia conosceva poi la controriforma, il barocco, ed il neoclassicismo. Dopo la parentesi Napoleonica, gli italiani lottarono per la loro indipendenza ed unificazione in una serie di guerre sotto la guida del Regno di Sardegna sabaudo, occupando il nord, sottoposto direttamente o indirettamente agli Asburgo d'Austria, e le Due Sicilie, governate dai Borbone di Napoli, un ramo cadetto dei Borbone di Spagna. Roma, nel mezzo della guerra franco-prussiana (1870-1871), fu fatta capitale a conclusione del Risorgimento. L'Italia unita divenne uno stato liberale sul fronte economico-politico, mentre in politica estera creò un proprio spazio coloniale in Libia e Corno d'Africa. Le ambizioni territoriali in Europa e la volontà di trovare un suo posto nel concerto di blocchi politici e alleanze sicure portò l'Italia a partecipare alla prima guerra mondiale a fianco della Triplice Intesa. La società italiana, colpita dalla propaganda nazionalista della "vittoria mutilata", aderì gradualmente al fascismo di Benito Mussolini e dei suoi seguaci, saliti al potere nell'ottobre del 1922. L'avvicinamento alla Germania nazista e la formazione dell'asse Roma-Berlino del 1936 saranno determinanti nella scelta italiana di entrare nella seconda guerra mondiale, nel 1940. Dopo il suo fallimento militare, ebbe termine la forma di governo monarchica: l'attuale repubblica fu infatti istituita nel giugno 1946. In seguito alla ricostruzione, vi fu un periodo storico di ripresa economica, militare, sportiva e politica, così come la riaffermazione dell'Italia come potenza industriale, essendo tra le nazioni fondanti del G6 (poi G7, G8 e nuovamente G7 nell'attualità) nel 1975 e del G20 nel 1999. L'Italia è inoltre tra i sei Paesi fondatori dell'Unione europea, la quale opera tramite meccanismi e politiche sovranazionali (come l'euro).
L'organizzazione Gladio era un'organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale Stay-behind («restare indietro»), che in Italia prende il nome di Gladio. Promossa dalla Central Intelligence Agency nell'ambito dell'operazione Gladio, organizzata per contrastare una possibile invasione nell'Europa occidentale da parte dell'Unione Sovietica e dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia, ma in particolare della non-allineata Jugoslavia titina, attraverso atti di sabotaggio, guerra psicologica e guerriglia dietro le linee nemiche, con la collaborazione dei servizi segreti e di altre strutture. In concreto il principale pericolo per il blocco occidentale e per l'Italia era rappresentato non tanto dall'Unione Sovietica e dai Paesi aderenti al Patto di Varsavia, bensì dalla neutrale Jugoslavia comandata dal maresciallo Josip Broz Tito, che sin dal 1943 mirava concretamente all'espansione del proprio dominio invadendo il confine orientale italiano per conquistare la Venezia Giulia e in particolare Trieste. Malgrado in Italia Gladio sia propriamente utilizzato in riferimento solo alla Stay-behind italiana (o, secondo alcuni, la principale e più duratura tra diverse stay-behind che operarono in Italia), il termine è stato applicato dalla stampa anche ad altre operazioni di tipo Stay-behind, in quanto parte dell'operazione Gladio. Durante la guerra fredda, quasi tutti gli Stati dell'Europa occidentale organizzarono reti Stay-behind. L'esistenza di Gladio, sospettata fin dalle rivelazioni rese nel 1984 dall'ex membro del gruppo neofascista Ordine Nuovo Vincenzo Vinciguerra durante il suo processo, fu riconosciuta dal Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti il 24 ottobre 1990, che parlò di una «struttura di informazione, risposta e salvaguardia». Francesco Cossiga, che ebbe, durante il periodo in cui era sottosegretario alla difesa, la delega alla sovrintendenza di Gladio, e che spesso è stato indicato come uno dei fondatori, affermò nel 2008 che «i padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore». Affermò altresì che «gli uomini di Gladio erano ex partigiani. Era vietato arruolare monarchici, fascisti o anche solo parenti di fascisti: un ufficiale di complemento fu cacciato dopo il suo matrimonio con la figlia di un dirigente MSI. Quasi tutti erano azionisti, socialisti, lamalfiani».
La locuzione bombe del 1992-1993 indica un periodo della storia d'Italia caratterizzata da una serie di attentati con ordigni da parte di Cosa Nostra, realizzati in Italia durante i primi anni novanta del XX secolo, precisamente tra il 1992 ed il 1993. Ciò che contraddistinse il periodo fu la natura particolarmente violenta delle azioni, per le quali furono utilizzate anche autobombe. Vennero attaccati membri delle forze di polizia italiane, della magistratura italiana (Falcone e Borsellino) e uomini politici (Salvo Lima), ma anche il patrimonio culturale italiano ed anche personalità non coinvolte direttamente nel contrasto all'organizzazione, come il giornalista Maurizio Costanzo, e anche diversi cittadini italiani, con l'obiettivo di indebolire, colpire e ricattare lo Stato ed influenzare il governo e la società civile, al fine di creare le condizioni per realizzare una trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra.