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Anche in tempi attuali, dopo più di un secolo dalla morte dello scrittore irlandese, leggendo qualche battuta di una commedia wildiana o qualche frase lapidaria di un suo saggio, si riesce a dire in poche parole ciò che molti non riuscirebbero a dire in lunghi discorsi. Leggendo le parole si imprimono nella mente di chi vi si imbatte, fornendo da un apparente assurdità una ragione non evidente. La fama di Oscar Wilde è dovuta a quelle piccole frasi che inseriva praticamente in ogni suo discorso, e in ogni sua opera che allietava il lettore.
Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde, noto come Oscar Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900), è stato uno scrittore, aforista, poeta, drammaturgo, giornalista e saggista irlandese dell'età vittoriana, esponente del decadentismo e dell'estetismo britannici. Autore dalla scrittura apparentemente semplice e spontanea, ma sostanzialmente molto raffinata e incline alla ricerca del bon mot (della "battuta" di spirito), con uno stile talora sferzante e impertinente egli voleva risvegliare l'attenzione dei suoi lettori e invitarli alla riflessione. È noto soprattutto per l'uso frequente di aforismi e paradossi, per i quali è tuttora spesso citato.Nato da famiglia irlandese, con origini locali, inglesi e forse italiane, trasferitosi poi in Inghilterra, l'episodio più notevole della sua vita, di cui si trova ampia traccia nelle cronache del tempo, fu il processo e la condanna a due anni di lavori forzati per «gross public indecency», come era definita l'omosessualità dalla legge penale che codificava le regole, anche morali, riguardanti la sessualità. Wilde, già sposato, perse inoltre la possibilità di vedere i due figli. Dovette abbandonare la Gran Bretagna per l'Europa continentale. Morì in Francia per meningoencefalite, dopo essersi convertito in punto di morte alla religione cattolica, a cui da tempo si sentiva più vicino. Le sue opere, tra le quali – in particolare – i suoi testi teatrali, sono considerate dai critici dei capolavori del teatro dell'Ottocento.
Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray) è un romanzo del 1890-1891 scritto da Oscar Wilde.
In molti si sono espressi su Oscar Wilde e sul suo modo di scrivere. L'"artista martire" come lo definì Hugues Rebell; tale termine, rafforzato aggiungendo alla definizione di martire anche quelle di eroe e di mentore, in un paragrafo che non a caso si chiama “il culto di Oscar”, vuol mettere in luce la semplicità del linguaggio e la facilità di comprensione delle sue opere anche fuori dal suo paese d'origine, come sottolinea Jorge Luis Borges. Nei suoi scritti il critico Karl Beckson notò che qualunque fosse l'argomento trattato si intravedeva, a riprova della sua capacità di presagire i tempi, il postmodernismo, ma la sua abilità più che con la poesia veniva espressa con la prosa, grazie alle sue frasi espressive e all'immaginazione che nasceva dalle sue parole, come ebbe ad affermare Osbert Burdett nel 1925. Mario Praz lo paragona più volte a Byron, ammettendo che entrambi davano una grande importanza all'arte che, nelle loro mani, diventava vita, notando che anche le loro opere meno riuscite avevano di fatto un identico impatto, superiore a quello che si poteva pensare, grazie alle loro personalità. Wilde, massimo esponente dell'estetismo, avendo poco da offrire per contrastare la superiorità di Byron, poteva mettere sul piatto solo la sua capacità di conversare in maniera brillante, riuscendo a strappare sorrisi.Arthur Nethercot parlava della coesistenza di un Wilde e di un anti-Wilde; nella sua esposizione si ritrova a parlare anche del dandy, colui che voleva farsi conoscere ad ogni costo, colui che proclamava l'estetismo che si frapponeva all'altra parte conosciuta da pochi: una persona normale, sentimentale e penitente. Tale paradosso è stato evidenziato da molti autori, definendolo come il peccatore che è anche santo, il pagliaccio che ha visto la tragedia della realtà. Del resto lui stesso ammetteva che concetti come il pianto di gioia erano per lui l'effetto drammatico della natura, cosa che amava esternare nelle sue opere. In profondita, come notano alcuni autori, Wilde aveva due strade che percorse entrambe: la via del cinismo che si evolse nell'ironia, che ritroviamo nel suo teatro e nelle commedie, e lo spirito idealistico che si ritrova nei dialoghi immaginari creati da lui, come si ritrova nei suoi romanzi e nella prosa, quella stessa prosa che seduce lo spettatore.A William Butler Yeats, che lo conosceva bene, sembrava un autore incompiuto, definendolo come il "quasi vincitore del Graal", mentre Walter Pater diceva che leggendo i suoi scritti si pensa più ad un ottimo parlatore che ad altro. Secondo Renaud gli artifizi non gli si addicevano, Wilde otteneva i suoi risultati migliori con la naturalezza.