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La strage di Ustica fu un incidente aereo, avvenuto alle 20:59 (UTC+1) del 27 giugno 1980 sopra il braccio di mare compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica.Vi fu coinvolto il volo di linea IH870, partito dall'aeroporto di Bologna-Borgo Panigale e diretto all'aeroporto di Palermo-Punta Raisi, operato dall'aeromobile Douglas DC-9 della compagnia aerea Itavia. Quest'ultimo perse il contatto radio con l'aeroporto di Roma-Ciampino, responsabile del controllo del traffico aereo in quel settore, si disintegrò e cadde nel mar Tirreno. Nella strage morirono tutti gli 81 occupanti dell'aeromobile, tra passeggeri ed equipaggio. È il terzo disastro aereo italiano per numero di vittime, dopo quelli di Montagna Longa e Linate. A diversi decenni di distanza, vari aspetti dell'incidente non sono ancora chiariti in maniera compiuta, a partire dalla dinamica stessa.Varie ipotesi sono state formulate nel corso degli anni riguardo alla natura, alla dinamica e alle cause dell'incidente: una delle più battute, e pertanto accettata con valenza in sede penale e risarcitoria, riguarda un coinvolgimento internazionale, in particolare francese, libico e statunitense, con il DC-9 che si sarebbe trovato sulla linea di fuoco di un combattimento aereo, venendo infine bersagliato per errore da un missile (sparato nello specifico da un caccia NATO contro un MiG dell'aviazione dello stato nordafricano). Altre ipotesi, tuttavia meno accreditate e, alla prova dei fatti, rivelatesi inconsistenti, parlano di cedimento strutturale o di attentato terroristico (un ordigno esplosivo nella toilette del velivolo), ipotesi tuttavia smentita dalla scoperta di varie parti integre della fusoliera, quali vani carrelli e bagagliaio, che suggerivano che non vi fosse stata alcuna esplosione interna. Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio dei Ministri all'epoca dell'incidente aereo, nel 2007 ne attribuì la responsabilità a un missile francese «a risonanza e non a impatto», destinato al velivolo libico su cui, a sua detta, si sarebbe trovato Gheddafi. Tesi analoga è alla base della conferma, da parte della Cassazione, della sentenza di condanna civile al risarcimento ai familiari delle vittime, irrogata contro i Ministeri di Trasporti e Difesa dal tribunale di Palermo. Dal punto di vista penale, altresì, i procedimenti per alto tradimento a carico di quattro esponenti dei vertici militari italiani si sono conclusi con l'assoluzione degli imputati. Altri procedimenti a carico di circa 80 militari del personale dell'Aeronautica si sono conclusi con condanne per vari reati, tra i quali falso e distruzione di documenti.La compagnia Itavia di Aldo Davanzali, già pesantemente indebitata prima dell'incidente, cessò le operazioni il 10 dicembre successivo; il 12 dicembre 1980 le fu revocata la licenza di operatore aereo con messa a rischio dei livelli occupazionali e, nel giro di un anno, si aprì la procedura di amministrazione controllata, cui fece seguito il conferimento di flotta aerea e personale ad Aermediterranea, società partecipata dall'allora compagnia di bandiera Alitalia e dalla sua consociata ATI. Nel 2018 la Cassazione ha condannato i ministeri delle Infrastrutture e della Difesa a risarcire gli eredi del titolare della compagnia Itavia per il dissesto finanziario al quale andò incontro dopo il disastro aereo di Ustica; i due ministeri sono stati riconosciuti colpevoli dell'omesso controllo della situazione di rischio venutasi a creare nei cieli di Ustica dove aerei militari non autorizzati e non identificati incrociarono l'aerovia assegnata al volo Itavia.
La Terza guerra d'indipendenza italiana è un episodio del Risorgimento. Fu combattuta dal Regno d'Italia contro l'Impero austriaco dal 20 giugno 1866 al 12 agosto 1866. Appartiene alla più ampia guerra austro-prussiana della quale rappresentò il fronte meridionale. Ebbe origine dalla necessità dell'Italia di affiancare la Prussia nel tentativo comune di eliminare l'influenza dell'Austria sulle rispettive nazioni. Dopo l'attacco della Prussia all'Austria del 15 giugno 1866, così come previsto dal trattato di alleanza italo-prussiana dell'aprile 1866, l'Italia dichiarò guerra all'Austria. Passato il confine, una parte dell'esercito italiano comandata da Alfonso La Marmora fu però sconfitta nella battaglia di Custoza. Né tale insuccesso fu bilanciato dagli eventi successivi, poiché alle vittorie di Giuseppe Garibaldi e la sua avanzata verso Trento seguì per l'Italia un'altra sconfitta nella battaglia navale di Lissa. Nonostante ciò, grazie agli accordi presi in precedenza e alla vittoria della Prussia sul fronte settentrionale, nonché all'intervento diplomatico della Francia, al termine della guerra l'Austria cedette formalmente alla Francia il Veneto (oltre a Mantova e a parte del Friuli) che fu girato all'Italia. Un plebiscito confermò l'annessione al Regno d'Italia. L'Italia non riuscì invece ad annettersi i territori conquistati nel Tirolo meridionale. La terza guerra di indipendenza, conclusasi con l'armistizio di Cormons, fu il primo conflitto nel quale fu coinvolto il Regno d'Italia.
Il Risorgimento è il periodo della storia italiana durante il quale l'Italia conseguì la propria unità nazionale. La proclamazione del Regno d'Italia del 17 marzo 1861 fu l'atto formale che sancì, a opera del Regno di Sardegna, la nascita del nuovo Regno d'Italia formatosi con le annessioni plebiscitarie di gran parte degli Stati preunitari. Per indicare questo processo storico si usa anche la locuzione "unità d'Italia". Il termine, che designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiama gli ideali romantici, nazionalisti e patriottici di una rinascita italiana attraverso il raggiungimento di un'identità politica unitaria che, pur affondando le sue radici antiche nel periodo romano, «aveva subìto un brusco arresto [con la perdita] della sua unità politica nel 476 d.C. in seguito al crollo dell'Impero romano d'Occidente».
Giuseppe Alessandro Piola Caselli (Alessandria, 16 giugno 1824 – Torino, 7 maggio 1910) è stato un ammiraglio italiano.
Il colonialismo italiano ebbe inizio alla fine del XIX secolo, con l'acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso. A seguito della spartizione dell'Africa da parte delle potenze europee (1881-1914), il Regno d'Italia deteneva il controllo dell'Eritrea e della Somalia, oltre che di Cirenaica, Tripolitania e Isole egee, sottratte all'Impero ottomano nel corso della guerra italo-turca (1911-1912). Sussisteva anche una concessione italiana a Tientsin, in Cina, sin dal 1901. Nel corso della prima guerra mondiale, un corpo di spedizione italiano occupò preventivamente l'Albania meridionale per impedirne la conquista da parte dell'Impero austro-ungarico, instaurandovi un protettorato (1917-1920). Il regime fascista di Benito Mussolini, salito al potere dopo il conflitto mondiale, manifestò l'intenzione di espandere i possedimenti del regno e soddisfare le pretese degli irredentisti. Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia italiana; con la guerra del 1935-36 l'Italia conquistò l'Etiopia, che fu unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all'Africa Orientale Italiana, nel 1938 Vittorio Emanuele III d'Italia assunse il titolo di Primo maresciallo dell'Impero e fu proclamata ufficialmente la nascita dell'impero italiano che durò sino alla caduta del fascismo. Nel 1939 fu nuovamente conquistata l'Albania, regno che fu quindi posto in unione personale con quello d'Italia (1939-1943). Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale nel 1940, il territorio metropolitano del regno, assieme a quello delle colonie e delle zone di occupazione militare, raggiunse la sua massima espansione. I territori italiani - oltre a quelli fin qui citati - si estendevano allora da parte della Francia meridionale ai protettorati e alle occupazioni nei Balcani (Slovenia, Dalmazia, Croazia, Montenegro, Grecia), alla Somalia britannica. Sia le colonie storiche sia le acquisizioni più recenti andarono tuttavia perdute a causa delle successive vicende belliche e dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943). Allo Stato italiano, seppur schieratosi a fianco degli Alleati dopo il 1943, furono imposte dure condizioni dal trattato di Parigi del 1947: tra di esse, la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, amministrazione fiduciaria italiana dal 1950. Il 1º luglio 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
Il conte Carlo Pellion di Persano (Vercelli, 11 marzo 1806 – Torino, 28 luglio 1883) è stato un ammiraglio e politico italiano, comandante della flotta italiana nella battaglia di Lissa.
Alfonso Ferrero della Marmora, o Alfonso della Marmora o pi comunemente Alfonso La Marmora (Torino, 18 novembre 1804 Firenze, 5 gennaio 1878), stato un generale e politico italiano. Collaboratore del re di Sardegna Carlo Alberto, combatt nella prima guerra d'indipendenza (1848-1849). Nominato pi volte ministro della guerra, fra il 1849 e il 1857 riorganizz radicalmente la Regia Armata Sarda. Primo consigliere militare del presidente del Consiglio Cavour, nel 1855-1856 guid con successo il contingente piemontese nella guerra di Crimea e fu ministro della guerra durante la seconda guerra di indipendenza. Fu presidente del Consiglio in varie occasioni dal 1859 al 1866, prima del Regno di Sardegna e poi del Regno d'Italia. Nel 1866 diresse le trattative che portarono all'alleanza italo-prussiana e alla terza guerra d'indipendenza, durante la quale fu capo dell'esercito. Nonostante dal conflitto l'Italia avesse ottenuto il Veneto, La Marmora fu investito da gravi polemiche per la sconfitta di Custoza. Abbandonato anche dalla corte, si ritir a vita privata. Il suo nome legato anche ad altri importanti eventi del Risorgimento: la rivolta di Genova del 1849, la lotta al brigantaggio (dal 1861 al 1864), la giornata dell'Aspromonte, le conseguenze della convenzione di settembre, la conclusione dell'armistizio di Cormons e i rapporti diretti con Napoleone III di Francia. Viene a volte confuso con il fratello Alessandro, fondatore dei bersaglieri.
L'agguato di via Fani (o strage di via Fani) fu un sanguinoso attacco terroristico compiuto da militanti delle Brigate Rosse il mattino del 16 marzo 1978 in via Mario Fani a Roma, per uccidere i componenti della scorta di Aldo Moro e sequestrare l'importante esponente politico della Democrazia Cristiana. Questo tragico fatto di sangue degli anni di piombo, portato a termine con successo dai brigatisti rossi, fu il primo atto del rapimento dell'esponente politico che si concluse dopo 55 giorni con il ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani. Le modalità precise dell'agguato (denominato in codice all'interno delle Brigate Rosse operazione «Fritz»), i dettagli operativi, le circostanze precedenti e successive all'attacco, le responsabilità, i componenti del gruppo di fuoco terroristico, l'eventuale presenza di altre componenti estranee alle Brigate Rosse o di connivenze e aiuti esterni, sono tutti aspetti della vicenda aspramente dibattuti in sede processuale, parlamentare e pubblicistica.