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Giorgio La Pira (Pozzallo, 9 gennaio 1904 – Firenze, 5 novembre 1977) è stato un politico e accademico italiano, sindaco di Firenze. Docente di diritto romano, giurista, deputato all'Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana, tra i principali artefici della Carta Costituzionale, per tre volte sindaco di Firenze (tra il 1951 e il 1965), cattolico fervente (spesso chiamato il «sindaco santo»), non ha mai disgiunto lo studio dalla preghiera, mettendo sempre in primo piano, nel suo operato, l'amore per la giustizia, la solidarietà, la pace, il dialogo e il confronto pacifico, nonché promuovendo, all'insegna del messaggio evangelico, la dignità umana e la civiltà cristiana. Già Servo di Dio, è stato dichiarato venerabile il 5 luglio 2018 da papa Francesco.
Ernesto Balducci (Santa Fiora, 6 agosto 1922 – Cesena, 25 aprile 1992) è stato un presbitero, editore, scrittore e intellettuale italiano.
Aldo Capitini (Perugia, 23 dicembre 1899 – Perugia, 19 ottobre 1968) è stato un filosofo, politico, antifascista, poeta ed educatore italiano. Fu uno tra i primi in Italia a cogliere e a teorizzare il pensiero nonviolento gandhiano, al punto da essere chiamato il Gandhi italiano.
La partecipazione dell'Italia alla prima guerra mondiale ebbe inizio il 24 maggio 1915, circa dieci mesi dopo l'avvio del conflitto, durante i quali il paese conobbe grandi mutamenti politici, con la rottura degli equilibri giolittiani e l'affermazione di un quadro politico rivolto a mire espansionistiche, legate al fervore patriottico e a ideali risorgimentali. Inizialmente il Regno d'Italia si mantenne neutrale e parallelamente alcuni esponenti del governo iniziarono trattative diplomatiche con entrambe le forze in campo, che si conclusero con la sigla di un patto segreto con le potenze della Triplice intesa. Durante questo lungo periodo di trattative l'opinione pubblica giocò un ruolo decisionale fondamentale, e la scelta o meno di entrare in guerra fu condizionata dalle decisioni delle masse popolari, divise tra interventisti e neutralisti. A conclusione delle trattative il Regno d'Italia abbandonò lo schieramento della Triplice alleanza e dichiarò guerra all'Austria-Ungheria il 23 maggio 1915, avviando le operazioni belliche a partire dal giorno seguente; l'Italia dichiarò poi guerra all'Impero ottomano il 21 agosto 1915, al Regno di Bulgaria il 19 ottobre 1915 e all'Impero tedesco il 27 agosto 1916. L'entrata in guerra dell'Italia aprì un lungo fronte sulle Alpi Orientali, esteso dal confine con la Svizzera a ovest fino alle rive del mare Adriatico a est: qui, le forze del Regio Esercito sostennero il loro principale sforzo bellico contro le unità dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico, con combattimenti concentrati nel settore delle Dolomiti, dell'Altopiano di Asiago e soprattutto nel Carso lungo le rive del fiume Isonzo. Contemporaneamente alle operazioni belliche, la guerra ebbe anche una profonda influenza sullo sviluppo industriale del paese oltre ad avviare grandi cambiamenti in ambito sociale e politico. Il fronte interno giocò un ruolo fondamentale per il sostegno dello sforzo bellico: gran parte della vita civile e industriale fu completamente riadattata alle esigenze economiche e sociali che il fronte imponeva, e comparve la militarizzazione dell'industria, la soppressione dei diritti sindacali a favore della produzione di guerra, i razionamenti per la popolazione, l'entrata della donna nel mondo del lavoro e moltissime altre innovazioni sociali, politiche e culturali. La guerra impose uno sforzo popolare mai visto prima; enormi masse di uomini furono mobilitate sul fronte interno così come sul fronte di battaglia, dove i soldati dovettero adattarsi alla dura vita di trincea, alle privazioni materiali e alla costante minaccia della morte, che impose ai combattimenti la necessità di dover affrontare enormi conseguenze psicologiche collettive ed individuali, che andavano dalla nevrosi da combattimento, al reinserimento nella società fino alla nascita delle associazioni dei reduci. Dopo una lunga serie di inconcludenti battaglie, la vittoria degli austro-tedeschi nella battaglia di Caporetto dell'ottobre-novembre 1917 fece arretrare il fronte fino alle rive del fiume Piave, dove la resistenza italiana si consolidò; solo la decisiva controffensiva di Vittorio Veneto e alla rotta delle forze austro-ungariche, sancì la stipula dell'armistizio di Villa Giusti il 3 novembre 1918 e la fine delle ostilità, che costarono al popolo italiano circa 650.000 caduti e un milione di feriti. La firma dei trattati di pace finali portò a un rigetto delle condizioni a suo tempo fissate nel Patto di Londra e a una serie di contese sulla fissazione dei confini settentrionali del paese, innescando una grave crisi politica interna sfociata nella cosiddetta "Impresa di Fiume", cui si sommarono i rivolgimenti economici e sociali del biennio rosso; questi fattori gettarono poi le basi per il successivo avvento del regime fascista.
Il governo Conte I è stato il sessantacinquesimo esecutivo della Repubblica Italiana, il primo della XVIII legislatura. È rimasto in carica dal 1º giugno 2018 al 5 settembre 2019, per un totale di 461 giorni, ovvero 1 anno, 3 mesi e 4 giorni. È stato un governo di coalizione nato da un accordo tra Movimento 5 Stelle e Lega dopo le elezioni politiche del 4 marzo 2018. Dai colori tradizionalmente adottati dai due partiti, il governo è stato spesso chiamato dalla stampa "governo giallo-verde".Giuseppe Conte ricevette l'incarico di formare un nuovo governo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 31 maggio 2018, a cui il giorno stesso propose la lista dei ministri. Il governo ottenne la fiducia del Senato della Repubblica il 5 giugno 2018 con 171 voti favorevoli, 117 contrari e 25 astenuti. Il giorno seguente ottenne la fiducia anche dalla Camera dei deputati con 350 voti favorevoli, 236 contrari e 35 astenuti.Nella serata del 20 agosto 2019 Conte ha rimesso il mandato nelle mani del presidente della Repubblica, rassegnando così le dimissioni dalla carica di presidente del Consiglio dei Ministri, al termine di un lungo e animato confronto in Senato dovuto ad una mozione di sfiducia presentata dalla Lega, ritirata nel corso della stessa discussione parlamentare. Il governo resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino al 5 settembre, giorno in cui presta giuramento il governo Conte II.
Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996) è stato uno scrittore, poeta e aforista italiano. Per gran parte della vita insegnante, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all'età di 61 anni, con il romanzo Diceria dell'untore, grazie all'incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio; l'opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio Campiello. Con il romanzo Le menzogne della notte vinse nel 1988 il Premio Strega. Si rese famoso per il suo stile ricercato, ricco e in alcuni casi "anticheggiante", nonché per la sua abilità linguistica e la vasta cultura. Amico di Leonardo Sciascia, trascorse la maggior parte della sua vita a Comiso, mantenendo un'esistenza ritirata e discreta.
Gela (AFI: /ˈʤɛla/) (Terranova di Sicilia fino al 1927) è un comune italiano di 71 812 abitanti del libero consorzio comunale di Caltanissetta in Sicilia. La città, da cui prende nome la vasta pianura circostante e l'ampio golfo su cui si affaccia, è un importante centro agricolo, industriale e balneare. Ricca di testimonianze di quella che fu una delle più influenti póleis siceliote.
La Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia è una delle più grandi entità federative in Italia nell'ambito del Volontariato. Ente morale con sede in Firenze, dapprima in piazza San Giovanni, in seguito in via dello Steccuto 38, la Confederazione riunisce oggi oltre 700 Misericordie (tra arciconfraternite, confraternite e fraternite, alle quali aderiscono circa 670.000 iscritti, dei quali oltre centomila sono impegnati in opere di carità), diffuse in tutta Italia ad eccezione della Valle d'Aosta.
Biagio di Sebaste, noto come San Biagio (Santo Biasio in alcune varietà dialettali) (Sebastea, III secolo – Sebastea, 3 febbraio 316), è stato un vescovo e santo armeno, venerato come santo dalla Chiesa cattolica (vescovo e martire) e dalla Chiesa ortodossa.