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La cucina toscana è costituita, principalmente, di piatti e dolci tradizionali che mantengono inalterata la loro preparazione da molti anni. Il pane senza sale è un'usanza che poche altre regioni hanno adottato (come l'Umbria). Pare che l'usanza risalga al XII secolo quando, al culmine della rivalità fra Pisa e Firenze, i pisani misero in pratica prezzi elevatissimi al prezioso cloruro di sodio. Esiste poi anche un'ipotesi che dice fossero gli stessi signori di Firenze ad imporre tasse particolarmente esose per l'uso del sale.In Toscana, la sacralità del pane, ovvero l'importanza di non buttarlo via ma di utilizzarlo anche quando è raffermo, è testimoniata da una lunga serie di antiche ricette ancora molto diffuse: la panzanella, la panata, la ribollita, l'acquacotta, la pappa al pomodoro, la fettunta, la zuppa di verdura, la farinata la minestra di cavolo nero o il Pan co' santi. Altra caratteristica della cucina toscana per eccellenza è l'uso di carni bianche e di selvaggina. I prodotti dell'aia del podere, dove pascolano liberamente polli, tacchini, oche, faraone e piccioni insieme coi conigli e la selvaggina come la lepre e il cinghiale, il fagiano e l'istrice costituiscono da sempre il menu delle grandi feste. Il maiale anch'esso è molto usato, basti pensare al famoso salame toscano, alla finocchiona, al prosciutto conservato sotto sale, al lardo di Colonnata alle salsicce e ai prodotti particolari come il buristo anch'esso frutto dell'ingegnosità della povera gente. Tra i formaggi la tradizione si concentra sul pecorino toscano, come prodotto da conservare: i più famosi quello di Pienza e quello maremmano; mentre troviamo la ricotta e il raveggiolo tra i formaggi molli. Infine grande spazio ai dolci, dove spiccano il panforte, i ricciarelli, i cavallucci, la zuppa del duca, la torta di cecco, i migliacci, i cantuccini di Prato. Nell'ottobre 2008, per promuovere la tradizione toscana, la Regione ha pubblicato la piramide alimentare toscana.
Il pecorino toscano (DOP) è un formaggio italiano a Denominazione di origine protetta. Plinio il Vecchio, nella sua monumentale Naturalis historia, accenna in alcuni passi alla produzione del Pecorino in Toscana. Un tempo chiamato cacio marzolino perché la sua produzione iniziava nel mese di marzo ed è con tale nome che lo troviamo menzionato in una memoria sul formaggio toscano scritta da Francesco Molinelli verso la fine del Settecento.
Le pappardelle sul cinghiale (conosciute anche come "pappardelle al cinghiale") sono un piatto tipico della Maremma Grossetana, Maremma Laziale, dell'Alta Tuscia e dell’Alta Valnerina, terre ricche di selvaggina, che si è diffuso anche nel resto della Toscana, dell’Umbria e nelle zone interne delle Marche, nell'area di Genga. Per la preparazione del piatto occorrono, oltre alle pappardelle fatte in casa con farina e uova, anche la carne di cinghiale, alcuni pomodori maturi che devono essere passati (o, meglio ancora, conserva) vino rosso (possibilmente uno della zona come il Morellino di Scansano o il Montecucco), cipolla, sedano, carote, rosmarino, alloro, sale, pepe, peperoncino e olio extravergine di oliva, possibilmente maremmano. Vi è chi vi aggiunge delle olive. Il cinghiale, tagliato a piccoli pezzi, deve essere fatto marinare nel vino rosso con cipolla, carote tagliate a pezzi, sedano e alloro, per almeno 12 ore. Successivamente, si recuperano gli odori usati, si lavano, si tritano e si fanno soffriggere in un tegame; una volta rosolato il tutto si aggiunge la carne di cinghiale e si fa cuocere per un quarto d'ora circa, aggiungendo anche il rosmarino, il peperoncino e un pizzico di sale e pepe. Subito dopo si aggiunge il passato di pomodoro ottenuto precedentemente, un bicchiere e mezzo di vino rosso e un filo di olio; si copre il tegame e si fa cuocere per circa 4 ore facendo alcune pause di tanto in tanto durante la cottura. Le pappardelle vanno cotte per tre minuti circa in abbondantissima acqua salata bollente, con aggiunta di un cucchiaio di olio. Una volta scolate si condiscono col ragù di cinghiale ed il piatto è pronto.
Il Pane Toscano DOP è una tipologia di pane tipica della regione Toscana, riconosciuta con il marchio di denominazione di origine protetta. Ciò che lo contraddistingue maggiormente è il fatto di essere completamente privo di sale e con un sapore della mollica leggermente acidulo. La produzione di pane insipido, detto anche pane sciocco o sciapo, è peraltro diffusa anche in altre zone d'Italia, tra cui l'Umbria, la Tuscia Viterbese, le Marche, il Teramano, la Romagna Toscana ed alcuni comuni dell'Appennino bolognese prossimi al confine con la Toscana.
Il pampepato, o panpepato, o pampapato è un dolce di forma tondeggiante (o di pepita). Gli ingredienti variano secondo la zona di produzione, di solito vi possono comparire mandorle, nocciole, pinoli, pepe, cannella, noce moscata, arancia e cedro canditi, uva passa, il tutto impastato con o senza cacao, cioccolato, caffè, liquore, miele, farina, mosto cotto d'uva. Il dolce è poi cotto al forno (meglio se in forno a legna). Viene consumato, di solito, come dolce delle festività natalizie. Resta essenzialmente un prodotto artigianale, infatti in alcune zone persiste la preparazione casalinga e la tradizionale usanza dello scambio del dolce accompagnato da un rametto di vischio
La mostarda è un prodotto culinario diffuso nell'Italia settentrionale e in Toscana, realizzato con diversi ingredienti a seconda della zona d'origine. Si tratta di conserve di uno o più tipi di frutta trattata, a seconda delle ricette, con zucchero o miele, mosto o senape distintamente.
Cecina (pronuncia: C cina) un comune italiano di 28 052 abitanti della provincia di Livorno in Toscana.
Il Bolgheri Sassicaia è un vino DOC la cui produzione è consentita in una specifica zona del comune di Castagneto Carducci nella provincia di Livorno , prodotto con almeno l'80% di Cabernet Sauvignon. Il Bolgheri Sassicaia è uno dei vini italiani più pregiati ed è prodotto esclusivamente dall'azienda Tenuta San Guido, che possiede tutti i vigneti all'interno dell'area delimitata dalla DOC.
L’acqua cotta è un piatto tipico della cucina della bassa maremma, quindi sia della Maremma grossetana che della Tuscia viterbese e del Casentino. Deriva dal pranzo tipico dei butteri quando si trovavano in aperta campagna a seguito delle mandrie. Alcuni trovano assonanze e commistioni con la medievale zuppa arcidossina che però si basa su altri ingredienti. È una zuppa povera, che varia di zona in zona a seconda della reperibilità degli ingredienti, da qui il nome di acqua cotta.