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Intorno alla metà del XV secolo si sviluppò in Italia un nuovo tipo di spettacolo teatrale, la commedia dell’arte, destinata ad ottenere un successo strepitoso e a dilagare nel secolo successivo in tutta Europa, per poi esaurirsi verso la fine del XVII secolo. Una compagnia di comici era formata da sei o sette elementi: tranne gli innamorati e pochi altri personaggi, tutti gli altri indossavano vistose maschere che li rendevano immediatamente riconoscibili agli occhi del pubblico. Nella commedia dell'arte esistevano le maschere, perché i personaggi avevano dei caratteri fissi: Pantalone era il vecchio brontolone e avaro; Arlecchino o il servo sciocco o astuto come Brighella. La commedia dell'arte piaceva molto. Le compagnie italiane, molto brave, venivano chiamate a recitare anche all'estero, alle corti d'Europa; sebbene antiletteraria, la Commedia dell'Arte influenzò drammaturghi come Shakespeare e Molière e poi lo stesso Goldoni, che con la sua riforma del teatro eliminò il cattivo gusto della commedia dell'arte, abolì gradualmente l'uso delle maschere e sostituì il canovaccio con un copione. Ma la ragione della riforma si posava sull'impianto stesso della commedia dell'arte e sulla visione del reale che proponeva. Il bisogno di una riforma nasce già nello spirito del razionalismo arcadico che aspirava alla semplicità, all'ordine razionale, al buon gusto. Già in ambito arcadico erano nati tentativi di riforma da parte di alcuni autori toscani (Giovan Battista Fagiuoli, Iacopo Angelo Nelli, Girolamo Gigli) ma i loro tentativi erano solo letterari e confinati nel chiuso delle Accademie. Goldoni però non era un letterato, ma un uomo di teatro che lavorava a diretto contatto con il pubblico, di cui conosceva i gusti e le preferenze. Goldoni obbligò gli attori a riferirsi a un testo scritto, rinunciò alle facili buffonerie, eliminò gradualmente le maschere, conferendo loro un'individualità sempre più marcata, trasformando la Commedia dell'Arte in "commedia di carattere" e inserì l'azione nel concreto tessuto sociale della classe borghese mercantile, mentre il tradizionalista Carlo Gozzi ricorse ad argomenti fiabeschi ed esotici con note patetiche e satirici riferimenti a personaggi e costumi contemporanei. La risposta negativa da parte di attori e pubblico fu ovvia: gli attori si vedevano tolte le loro abitudini e il pubblico assisteva non più a commedie dove si rideva di gusto, bensì dove si "sorrideva" per la sottigliezza di alcune battute.Inoltre la fama degli attori era minore, la bravura stava nello scrittore dell'opera, molto meno nell'esposizione del personaggio. Altra novità di Goldoni è la sua esigenza moralizzatrice: la commedia deve insegnare il buon senso borghese, senza moralismi, anzi con grande fiducia nella natura umana: non per caso Goldoni appartiene al '700 illuminista, animato da ideali di tolleranza e pacifica convivenza tra gli uomini. Così Goldoni cambia le ambientazioni, cambia i personaggi rappresentati. Non si tratta più del ricco col servo povero, ma si parla di una simpatica e furba locandiera, come Mirandolina, o di un attento "caffettiere", come Ridolfo; è con tali personaggi che Goldoni dice "stop" allo stereotipo.
Con il termine commedia di carattere ci si riferisce al drastico mutamento drammaturgico, operato da Carlo Goldoni, rispetto alla cosiddetta commedia dell'arte, in particolare all'abolizione dell'uso delle maschere e della recitazione a soggetto (o recitazione all'improvviso) che la caratterizzavano. Dal Cinquecento fino alla metà del Settecento, infatti, i personaggi che interpretavano le commedie non avevano un loro "carattere", una personalità propria, ma si comportavano secondo schemi psicologici già precostituiti e immutabili, talmente stereotipati da poter essere individuati e "catalogati" addirittura con delle maschere. Ciò era ben noto al pubblico fin dall'inizio della rappresentazione e, prevedendo anche l'inevitabile lieto fine, l'interesse degli spettatori si concentrava sostanzialmente sulla narrazione della vicenda e sul suo intricato evolversi tra equivoci, scambi di persona, peripezie d'ogni genere e tutto l'armamentario fantasioso tipico della "commedia d'intreccio", come veniva anche chiamata la commedia dell'arte. La "riforma" goldoniana consistette nel ridare dignità letteraria al lavoro teatrale sostenendo la centralità all'autore che, con lui, divenne un vero e proprio commediografo e non più un marginale scrittore di soggetti o canovacci. Nelle sue opere cominciò a tratteggiare personaggi "veri", provvisti cioè di profili psicologici diversificati e di comportamenti in progressiva evoluzione nel corso dell'azione scenica. Per poterlo fare, tuttavia, divenne necessario scrivere per intero le partiture delle commedie da rappresentare e non limitarsi solo a delineare trame sintetiche, come si era usato fino allora, che invece lasciavano liberi gli attori (gli "artisti") di improvvisare a loro piacimento. In tal modo l'introduzione di personaggi con un proprio "carattere" individuale, mutabile e non già omologato, comportò due inevitabili conseguenze: da un lato l'inutilità delle "maschere", che ovviamente non consentivano alcuna "indagine" psicologica, e dall'altro, con la scrittura completa delle parti, la rinuncia all'improvvisazione.Allo stesso tempo, la commedia di carattere focalizzava l'attenzione dello spettatore sulle ragioni e sui sentimenti dei protagonisti, sulla loro "interiorità", anziché sull'"esteriorità" strabiliante degli eventi; per questo le trame goldoniane assunsero un andamento più lineare e assai meno complesso o ingarbugliato rispetto alle commedie del passato. Per questo i mondi immaginari, mitologici, magici e inverosimili della commedia dell'arte furono sostituiti dalla rappresentazione della vita quotidiana, di esperienze alla portata del pubblico, come in uno "specchio" scenico di facile comprensione per lo spettatore e in cui potesse identificarsi. Del resto lo stesso Goldoni, nella prefazione alla prima stampa delle sue commedie (1750), affermò che l'osservazione del mondo, della vita reale, stava alla base del suo teatro.Da qui a rappresentare vizi e virtù delle diverse classi sociali (prima quella borghese e poi anche quella popolare) il passo fu breve. Il teatro di carattere goldoniano assunse in tal modo una valenza pedagogica, in perfetta sintonia con le idealità illuministe, costringendo il pubblico a mettersi in discussione e a confrontarsi con la realtà nei suoi svariati risvolti e mutamenti che ora venivano mostrati, e in un certo senso "accreditati", dal e sul palcoscenico.Nonostante le resistenze incontrate, soprattutto da parte degli attori che vedevano ridotti in tal modo il loro ruolo e la loro importanza, Goldoni riuscì a imporre le sue vedute innovative grazie al successo di pubblico e, di conseguenza, al sostegno dei capocomici che allestivano e gestivano gli spettacoli e che a Venezia presero a contendersi i "commediografi" per tutta la seconda metà del Settecento. Tra le più importanti e storiche commedie di carattere goldoniane si ricordano La donna di garbo (1743), Il servitore di due padroni (1745), La vedova scaltra e La putta onorata (1748), I Rusteghi (1760).
La commedia dell'arte è nata in Italia nel XVI secolo ed è rimasta popolare fino alla metà del XVIII secolo, anni della riforma goldoniana della commedia. Non si trattava di un genere di rappresentazione teatrale, bensì di una diversa modalità di produzione degli spettacoli. Le rappresentazioni non erano basate su testi scritti ma su dei canovacci, detti anche scenari; in origine, le rappresentazioni erano tenute all'aperto con una scenografia fatta di pochi oggetti. Le compagnie erano composte da dieci persone: otto uomini e due donne. All'estero era conosciuta come "Commedia italiana". Nella loro formula spettacolare, i comici della Commedia dell'Arte introdussero un elemento nuovo di portata dirompente e rivoluzionaria: la presenza delle donne sul palcoscenico. In un contratto stipulato con un notaio di Roma il 10 ottobre 1564, si ha la prima apparizione documentata di una donna: la "signora Lucrezia Di Siena" ingaggiata da una compagnia che si proponeva di far commedie nel periodo di carnevale, probabilmente un personaggio di elevata cultura in grado di comporre versi e di suonare strumenti. Solo alla fine del secolo le donne avrebbero preso posto a pieno titolo nelle compagnie teatrali. La denominazione veniva sostituita con altre: commedia all'improvviso (o improvvisa), commedia a braccio o commedia degli Zanni. Il nome "arte", nel Medioevo, significava "mestiere", "professione": quello del teatrante, infatti, era un vero e proprio mestiere. Bisogna però specificare che era considerato come tale, non per le compagnie amatoriali, ma solo per quelle compagnie associate che venivano riconosciute dai ducati e avevano un vero e proprio statuto di leggi e regole. Grazie a queste ultime, le compagnie associate sottomettevano le altre che venivano definite "ruba piazze".
Arlecchino (in bergamasco Arlechì) è una famosa maschera bergamasca della commedia dell'arte. Il suo nome in lingua francese è Arlequin, mentre in inglese è chiamato Harlequin.