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L'iconografia di Napoleone I è l'insieme delle rappresentazioni, pitture, incisioni e sculture del generale e del primo console Napoleone Bonaparte, divenuto imperatore col nome di Napoleone I. Realizzate con fini di propaganda, dopo la sua morte contribuirono ad evocare la leggenda napoleonica. Napoleone I fu il capo di stato dell'era post-rivoluzionaria più rappresentato. Con l'ascesa al potere, la sua effige subì dei cambiamenti che coincisero col cambiamento della sua fisionomia, a causa dell'età o della malattia. Gli imperativi di propaganda costringevano gli artisti ad attenersi a modelli precisi.
Bonaparte valica il Gran San Bernardo (noto anche come Bonaparte valica le Alpi) è un ritratto equestre del primo console Napoleone Bonaparte dipinto da Jacques-Louis David tra il 1800 ed il 1803. Napoleone viene rappresentato al momento del suo attraversamento del Colle del Gran San Bernardo con l'armata che lo seguirà nella vittoriosa seconda campagna d'Italia. David dipinse cinque versioni di questo dipinto, la prima delle quali venne commissionata dal re di Spagna Carlo IV come tentativo d'intesa tra il suo regno e la Repubblica Francese. Le tre versioni successive vennero commissionate dal primo console con fini propagandistici e rappresentano i primi ritratti ufficiali di Napoleone: essi ornavano rispettivamente il castello di Saint-Cloud, la biblioteca dell'hôtel des Invalides ed il palazzo della Repubblica Cisalpina. L'ultima versione non fu commissionata da alcuno, ma rimase di proprietà di David sino alla sua morte. Archetipo del ritratto di propaganda, l'opera è stata riprodotta numerose volte tramite incisioni, dipinta su vasi, sotto forma di puzzle o di francobollo, testimonianza dell'importante fortuna di cui godette presso i posteri. Questo ritratto influenzò artisti come Antoine-Jean Gros e Théodore Géricault. I cinque dipinti sono oggi conservati presso: Museo nazionale del castello della Malmaison (260 x 221 cm); Castello di Charlottenburg, Berlino (260 x 226 cm); Museo nazionale della reggia di Versailles (due versioni: 270 x 232 cm e 267 x 230 cm); Museo del Palazzo del Belvedere, Vienna (264 x 232 cm).
La battaglia di Lipsia (16-19 ottobre 1813), conosciuta anche come la battaglia delle nazioni (Völkerschlacht bei Leipzig in tedesco), fu lo scontro più grande, in termini di forze impegnate e di perdite subite dalle due parti, verificatosi durante le guerre napoleoniche e una delle sconfitte decisive subite da Napoleone Bonaparte. Determinò la disfatta francese nella campagna di Germania, costrinse l'imperatore a una difficile ritirata fino in Francia e provocò il crollo definitivo del sistema di alleanze organizzato da Napoleone in Europa. La battaglia, combattuta con grande accanimento dalle due parti, vide per la prima volta la partecipazione contemporanea sul campo della massa degli eserciti delle potenze europee continentali anti-francesi (Russia, Prussia, Austria e Svezia) e il suo esito venne determinato soprattutto dalla netta superiorità numerica dei coalizzati. Napoleone, nonostante la sua difficile situazione strategica complessiva, fu in grado inizialmente di concentrare più rapidamente le forze e sferrò una serie di attacchi il 16 ottobre che misero in forte difficoltà le armate austro-russo-prussiane schierate a sud di Lipsia, ma l'afflusso continuo di nuove truppe dei coalizzati da nord, nord-est ed est, impedì una vittoria decisiva francese il primo giorno di battaglia. Nei giorni seguenti i francesi pur battendosi validamente in tutti i settori vennero progressivamente respinti verso Lipsia dalle preponderanti forze coalizzate. Il 19 ottobre Napoleone ordinò la ritirata generale durante la quale i francesi subirono forti perdite di uomini, armamenti e materiali, soprattutto a causa della distruzione prematura del ponte sul fiume Elster a Lindenau.