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Villa Ricciardi è una villa neoclassica situata a Napoli, nel quartiere Vomero. Sorse intorno al 1817 come residenza di Francesco Ricciardi, un avvocato di origine pistoiese, ministro di Gioacchino Murat, che gli aveva conferito il titolo di Conte dei Camaldoli, sulle terre espropriate ai monaci camaldolesi e domenicani. Considerata una delle più belle e vaste proprietà della collina, era circondata da enormi giardini (noti come Hortus Camaldulensis) ricchi di piante rare, che si estendevano dai Camaldoli sino a Soccavo. In questi giardini, comprendenti un antico edificio detto Masseria Miniero, il celebre botanico Federico Dehnardt introdusse o creò nuove specie arboree. La villa ospitò anche Cristiano VIII di Danimarca, Alexandre Dumas padre, Giacomo Leopardi ed il poeta Angelo Maria Ricci vi dedicò un componimento. Negli anni precedenti la rivoluzione del 1848, il salotto della famiglia Ricciardi era fra i più attivi ed in voga nel mondo culturale partenopeo. Ospitava incontri fra "molte persone intelligenti di entrambi i sessi", animati dagli sposi Ricciardi: Giuseppe Ricciardi, figlio del ministro, e Luisa Granito, oltre che dall'amico Raffaele Liberatore. Il salotto era in quella prima metà del XIX secolo, un punto di riferimento per gli intellettuali della città e per gli ospiti stranieri che vi passavano, fra cui Vittorio Imbriani, Basilio Puoti (che scrisse un elogio funebre per Luisa Granito), Cesare Dalbono, Giuseppina Guacci Nobili, Giuseppe Ferrigni, Carlo Troya, Angelo Maria Ricci. Dopo la morte di Luisa Granito ed il primo esilio di Giuseppe Ricciardi, sua sorella Elisabetta vive per lunghi periodi nella villa del Vomero, almeno fino al suo matrimonio nel 1854. Il 15 maggio 1848 i filoborbonici saccheggiarono la villa e diedero fuoco alla biblioteca, ricca di manoscritti e di ben 15.000 volumi. La villa, agli inizi del XX secolo, era utilizzata come sede della villeggiatura estiva degli allievi del Convitto Vittorio Emanuele; mentre, dal 1956, ospita l'Istituto per non vedenti Domenico Martuscelli. Dal 1949 al 1952 fu dimora dello scrittore ungherese Sándor Márai, emigrato dopo l'avvento dei comunisti in patria. L'unica strada che un tempo conduceva alla villa era l'antica Via del Vomero, oggi via Belvedere, che dal Villaggio Vomero raggiungeva la zona, detta Pascone, costeggiando Villa Carafa di Belvedere, Villa Regina e la Masseria Pagliarone; dopo la creazione, nel 1949, di Via Cilea, Villa Ricciardi, il cui parco è ormai di dimensioni molto ridotte rispetto al passato, risulta trovarsi all'incrocio finale tra questa via, via Santo Stefano e via San Domenico.
Marco Giunio Bruto (in latino: Marcus Iunius Brutus, pronuncia classica o restituta: [ˈmaːrkʊs ˈjuːnɪ.ʊs ˈbruːtʊs]; Roma, 85 a.C. o 79-78 a.C. – Filippi, 23 ottobre 42 a.C.), ufficialmente noto dopo l'adozione come Quinto Servilio Cepione Bruto (Quintus Servilius Caepio Brutus), è stato un politico, oratore, filosofo e studioso romano, senatore della tarda Repubblica romana e uno degli assassini di Giulio Cesare; fu difatti una delle figure preminenti della congiura delle Idi di Marzo assieme a Gaio Cassio Longino e a Decimo Bruto.
Hans Christian Andersen (pronuncia danese [ˈhans ˈkʰʁæsd̥jan ˈɑnɐsn̩] ; Odense, 2 aprile 1805 – Copenaghen, 4 agosto 1875) è stato uno scrittore e poeta danese, celebre soprattutto per le sue fiabe. Tra le sue opere più note vi sono La principessa sul pisello (1835), Mignolina (1835), La sirenetta (1837), I vestiti nuovi dell'imperatore (1837), Il soldatino di stagno (1838), Il brutto anatroccolo (1843), La regina delle nevi (1844) e La piccola fiammiferaia (1848).
Gaio Giulio Cesare (in latino: Gaius Iulius Caesar, AFI: [ˈgaj.jʊs ˈjuː.lɪ.ʊs ˈkaɛ̯.sar]; nelle epigrafi C·IVLIVS·C·F·CAESAR e DIVVS IVLIVS; in greco antico: Γάϊος Ἰούλιος Καῖσαρ, Gáïos Iúlios Kaîsar; Roma, 13 luglio 101 a.C. o 12 luglio 100 a.C. – Roma, 15 marzo 44 a.C.) è stato un militare, politico, console, dittatore, pontefice massimo, oratore e scrittore romano, considerato uno dei personaggi più importanti e influenti della storia.Ebbe un ruolo fondamentale nella transizione del sistema di governo dalla forma repubblicana a quella imperiale. Fu dittatore (dictator) di Roma alla fine del 49 a.C., nel 47 a.C., nel 46 a.C. con carica decennale e dal 44 a.C. come dittatore perpetuo, e per questo ritenuto da Svetonio il primo dei dodici Cesari, in seguito sinonimo di imperatore romano. Con la conquista della Gallia estese il dominio della res publica romana fino all'oceano Atlantico e al Reno; portò gli eserciti romani a invadere per la prima volta la Britannia e la Germania e a combattere in Spagna, Grecia, Egitto, Ponto e Africa. Il primo triumvirato, l'accordo privato per la spartizione del potere con Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso, segnò l'inizio della sua ascesa. Dopo la morte di Crasso (Carre, 53 a.C.), Cesare si scontrò con Pompeo e la fazione degli optimates per il controllo dello stato. Nel 49 a.C., di ritorno dalla Gallia, guidò le sue legioni attraverso il Rubicone, pronunciando le celebri parole «alea iacta est», e scatenò la guerra civile, con la quale divenne capo indiscusso di Roma: sconfisse Pompeo a Farsalo (48 a.C.) e successivamente gli altri optimates, tra cui Catone l'Uticense, in Africa e in Spagna. Con l'assunzione della dittatura a vita diede inizio a un processo di radicale riforma della società e del governo, riorganizzando e centralizzando la burocrazia repubblicana. Il suo operato provocò la reazione dei conservatori, finché un gruppo di senatori, capeggiati da Marco Giunio Bruto, Gaio Cassio Longino e Decimo Bruto, cospirò contro di lui uccidendolo, alle Idi di marzo del 44 a.C. (15 marzo 44). Nel 42 a.C., appena due anni dopo il suo assassinio, il Senato lo deificò ufficialmente, elevandolo a divinità. L'eredità riformatrice e storica di Cesare fu quindi raccolta da Ottaviano Augusto, suo pronipote e figlio adottivo.Le campagne militari e le azioni politiche di Cesare sono da lui stesso dettagliatamente raccontate nei Commentarii de bello Gallico e nei Commentarii de bello civili. Numerose notizie sulla sua vita sono presenti negli scritti di Appiano di Alessandria, Svetonio, Plutarco, Cassio Dione e Strabone. Altre informazioni possono essere rintracciate nelle opere di autori suoi contemporanei, come nelle lettere e nelle orazioni del suo rivale politico Cicerone, nelle poesie di Catullo e negli scritti storici di Sallustio.
Fanny Ronchivecchi coniugata Targioni Tozzetti (Firenze, 9 maggio 1801 – Firenze, 29 marzo 1889) è stata una nobildonna italiana, moglie del medico e botanico Antonio Targioni Tozzetti, animatrice di un salotto letterario in via Ghibellina. Fu famosa, nella società fiorentina, per bellezza e per le frequentazioni letterarie, che attirarono su di lei voci e pettegolezzi. Su di lei si appuntò la passione, non corrisposta, di Giacomo Leopardi, che dissimulò la sua figura sotto lo pseudonimo di Aspasia – la celebre sapiente milesia, concubina e poi moglie di Pericle – nell'omonima poesia.
Eduardo Dalbono (Napoli, 10 dicembre 1841 – Napoli, 23 agosto 1915) è stato un pittore, museologo e docente italiano, artista figurativo, esponente del Verismo in pittura.