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Condizione della donna in Tunisia

Dal momento in cui ha preso il via la rivoluzione dei Gelsomini nel gennaio del 2011, immediatamente seguita dalla primavera araba con proteste in tutto il Medio Oriente e in Nordafrica, varie fonti occidentali hanno pubblicato articoli e notizie discutendo il ruolo senza precedenti che le donne tunisine hanno avuto nelle manifestazioni. Molti hanno anche evidenziato il fattore di rilievo avuto da alcune libertà secolari istituite già nel 1956 da Habib Bourghiba, come la facilità di accesso all'istruzione femminile superiore, il diritto di richiedere il divorzio ed alcune pari opportunità per quanto concerne l'ambito lavorativo. Mentre il ruolo di genere, la condizione femminile e i diritti delle donne in Tunisia hanno goduto della concessione di alcune libertà che spesso continuavano ad essere del tutto negate nei paesi vicini, le norme sociali più radicate nella tradizione hanno cominciato a modificarsi e ad essere rimosse solamente proprio a partire dal 2011; ma seppure certi aspetti della società erano relativamente liberali, il regime ancora una volta si è classificato ed autoidentificato come Stato islamico. Per tal motivo le donne tunisine continuano a vivere all'interno di un sistema sociale oscillante il quale a volte non manca d'incoraggiare la più stretta e rigorosa osservanza della Shari'a. Le leggi sull'eredità sono basate direttamente sul "diritto musulmano di successione", con la religione che non menziona mai il Codice dello statuto della persona; le legislazioni accordano comunque alle donne la metà della quota di proprietà concessa all'uomo. In ogni caso sin dagli anni '50, dopo l'indipendenza dalla Fracia, le donne tunisine hanno ottenuto tantissimi diritti che i restanti paesi del Nordafrica ottennero diversi anni dopo. Nel 1959 hanno ottenuto il diritto di votare e già nel 1965 hanno ottenuto il diritto di abortire, ben prima di paesi come Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Irlanda e Portogallo. Nel 2014 con la nuova Costituzione, la Tunisia ha raggiunto un primato mai visto prima in tutto il mondo arabo, limitando pochissimo la condizione femminile. Rimane infatti ancora reato l'adulterio, punito fino a tre anni di carcere, il matrimonio riparatore per donne maggiorenni, e la mancata pari eredità.Il 27 luglio 2017, dopo un iter parlamentare accidentato ed ostacolato da ripetuti rinvii che avevano fatto temere un fallimento, il Parlamento tunisino ha approvato all’unanimità con 146 voti a favore la legge contro la violenza e i maltrattamenti (in particolare domestici) nei confronti delle donne, eliminando anche il matrimonio riparatore (anche se, al momento, solo per quanto riguarda le ragazze minorenni). Durante l'estate 2017 anche Giordania e Libano hanno abolito questa norma. Ben 43 articoli divisi in 5 capitoli per fornire misure efficaci per contrastare e punire ogni forma di violenza o sopruso basato sul genere sono state emanate. Il testo si pone l’obiettivo di garantire alle donne tunisine rispetto e dignità a partire dall’uguaglianza tra i stessi anche in ambiente lavorativo. L’attuazione della legge include anche la prevenzione e la punizione dei colpevoli e la protezione delle vittime. Viene offerta assistenza alle donne che hanno subìto violenza domestica e le stesse possono richiedere un’ordinanza restrittiva contro chi ha abusato di loro senza che sia aperta una procedura penale o la richiesta di divorzio, nel caso in cui si tratti del marito. La legge persegue le molestie nei confronti delle donne anche negli spazi pubblici, e un’ammenda pecuniaria per i molestatori. L'età del consenso matrimoniale è salita dai 13 ai 16 anni. Da settembre 2017, la donna tunisina può sposarsi con un uomo di fede non musulmana, dopo che ciò venne vietato nel 1973. Il 3 luglio 2018 Souad Abderrahim, membro dell'Assemblea Costituente Tunisina, diventa la prima donna a ricoprire la carica di sindaco di Tunisi. Il 23 novembre 2018 il presidente Beji Caid Essebsi, ha proposto una legge che porterà ad una trasformazione sociale radicale, mettendo uomini e donne allo stesso livello in termini di diritto alla successione, non ancora approvata. Secondo il gender gap report 2019 la Tunisia si posiziona 124esima su 153 paesi del mondo per quanto riguarda i diritti delle donne, con un punteggio di 0,629 su 1, un punteggio di 0.480 su 1 per quanto riguarda la partecipazione politica. La posizione pesa a causa del reato di adulterio ancora vigente, dell'eredità ingiusta per le donne e di alcune discriminazioni in campo lavorativo e politico. Le donne sono il 35,9% dei parlamentari (contro il 20% delle donne negli Stati Uniti) e il 10% dei ministri. I figli per donna sono circa 2,20. Il tasso di alfabetizzazione è del 72,2 % mentre per gli uomini dell'86,1%, in contrapposizione con i seguenti dati: 98,6% di loro ha completato gli studi della scuola primaria, il 51,4% di loro ha completato gli studi della scuola secondaria, mentre solo il 41,7% di loro ha conseguito una laura, percentuali tuttavia nettamente superiori a quelle maschili. La speranza di vita delle donne è di 67,3 anni, mentre per gli uomini di 65,3. Nel 2006 la sua posizione era 90esima con un punteggio di 0,629 su 1. La Tunisia occupa la quarta posizione su 19 paesi nordafricani e del Medio Oriente; per quanto riguarda la partecipazione politica occupa la 67esima posizion su 152 paesi, sotto il Lussemburgo di una posizione e sopra l'Honduras di una posizione, 142esima per la partecipazione economica . In politica le donne hanno una discreta partecipazione politica. Al momento non vi sono mai state donne primo ministro o che abbiano ricoperto il ruolo di Presidente della Repubblica. Nel marzo 2020 per la prima volta in Tunisia su una banconata è comparso il volto di una donna, si tratta della dottoressa Tewhida Ben Sheikh (1909-2010) primo medico ginecologo donna del nord AfricaLa violenza contro le donne rimane un argomento molto presente nel Paese, con una grande problematica ancora bene da affrontare. Il 28 settembre 2020, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale, il presidente tunisino Kais Saied ha commentato l’uccisione di una ragazza di 29 anni di nome ““Rahma” ad Ain Zaghouan dichiarando che per l’omicidio ci vuole la pena di morte“, dopo che la Tunisia non esegue condanne a morte dal 1991 e dal 2012 ha sempre votato a favore delle risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la moratoria sull’uso della pena capitale. Secondo la vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord Amna Guellali “Le parole del presidente sono scioccanti e contrastano con la prassi decennale di non eseguire condanne a morte. Saied è il primo presidente della Tunisia ad aver annunciato l’intenzione di applicare la pena di morte. Riprendere le esecuzioni rappresenterebbe uno schiaffo in faccia a tutti i progressi finora fatti dalla Tunisia nel campo dei diritti umani. Sollecitiamo il presidente Saied a rivedere la sua dichiarazione che, altrimenti, farebbe fare un passo indietro al paese. Chiediamo inoltre al governo di istituire immediatamente una moratoria ufficiale sulle esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte.Senza dubbio l’omicidio è un crimine efferato e chi ne è autore deve essere portato di fronte alla giustizia. Ma per quanto orribile possa essere un reato, non dovrebbe essere mai motivo per uccidere un altro essere umano. Non vi sono prove concrete che la pena di morte abbia un effetto deterrente maggiore di una pena detentiva preceduta da un processo equo“.

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