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La psicoanalisi o psicanalisi (da psico-, psiche, anima, più comunemente "mente", e -analisi: analisi della mente) è la teoria dell'inconscio della psiche umana su cui si fondano una disciplina, nota come psicodinamica, e una relativa prassi psicoterapeutica, che hanno preso l'avvio dal lavoro di Sigmund Freud, il quale si inserì nel solco dei lavori di Jean-Martin Charcot e Pierre Janet.In primis la teoria psicoanalitica è una teoria dell'inconscio: nell'indagine dell'attività umana essa si rivolge soprattutto a quei fenomeni psichici che risiedono al di fuori della sfera della coscienza. Viene perciò attivato il concetto di inconscio, introdotto nella riflessione teoretica già da Leibniz, e che Freud fece suo da un punto di vista descrittivo e topico sulla base delle sue esperienze con Jean-Martin Charcot a Parigi. In secondo luogo dalla psicoanalisi nasce una disciplina ed una prassi psicoterapeutica nota come psicoterapia psicodinamica: nello specifico, come cura dei disturbi e, all'origine, come cura dell'isteria e successivamente dei fenomeni psicopatologici chiamati nevrosi, neurosi o psiconevrosi. In seguito, il suo uso è stato esteso allo studio e trattamento di altri tipi di psicopatologie. In seguito, a livello culturale più generale, la psicoanalisi ha influenzato in parte anche la filosofia e le scienze sociali. Lo statuto epistemologico della psicoanalisi è stato variamente criticato e lungamente dibattuto, anche in parallelo alle sue diverse evoluzioni teoriche e metodologiche. Mentre in un primo tempo le osservazioni popperiane sulla sua scarsa falsificabilità avevano portato a una visione piuttosto critica del suo status epistemico, a partire dagli anni '80 e '90 del XX secolo la maggiore attenzione che ha cominciato a essere rivolta alla verifica empirica dei suoi risultati clinici, all'integrazione della modellistica teorica psicoanalitica con altre linee di ricerca psicologica e psichiatrica, e agli spunti integrativi con le neuroscienze hanno portato a una visione più articolata e in forte evoluzione del suo statuto scientifico, nel contesto dei più ampi studi psicodinamici.
Per storia della psicologia si intende la storia della psicologia come scienza a sé stante.
La psicologia la scienza che studia gli stati mentali e i suoi processi emotivi, cognitivi, sociali e comportamentali nelle loro componenti consce e inconsce, mediante l'uso del metodo scientifico e/o appoggiandosi ad una prospettiva soggettiva intrapersonale. Si occupa anche dello studio e del trattamento delle funzioni psichiche sia in condizioni di benessere che di sofferenza o disagio mentale, dovute a dinamiche soggetive (intrapsichiche), ambientali o relazionali (interpsichiche).
Con dissociazione in psicopatologia e in psichiatria si intende un meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo: tale condizione si può ritrovare in molte reazioni psicologiche (ad esempio, davanti a situazioni traumatiche). Nel caso si cristallizzino, i processi dissociativi possono determinare specifiche sindromi psicopatologiche, definite disturbi dissociativi. Ad esempio, nella prospettiva dell'antipsichiatria fenomenologica, Ronald Laing definisce la dissociazione come una
L'adolescenza (dal latino adolescentia, derivato dal verbo adolescĕre, crescere, da alĕre, 'nutrire') è quel tratto dell'età evolutiva caratterizzato dalla transizione dallo stato infantile a quello dell'individuo adulto. Quando si parla di adolescenza, è importante ricordarsi che essa è un tema di carattere prettamente psicologico, e darle limiti fissi è un'impresa ardua. Bisogna considerare che: lo sviluppo psicologico-emozionale non procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico; le società occidentalizzate stanno provocando un ritardo sempre maggiore dello sviluppo psicologico, mentre in altre zone del mondo pare verificarsi l'opposto; i limiti di età sono diversi fra persone; più tardi si verificherà lo sviluppo puberale, più tardi finirà l'adolescenza; certi tratti psicologici considerati tipici dell'adolescenza permangono oltre la prima giovinezza.
La psicologia scolastica è un ramo applicativo della psicologia, che impiega i principi della psicologia dell'educazione, psicologia dello sviluppo, psicologia clinica, e psicologia di comunità per soddisfare le esigenze di salute comportamentale e di apprendimento dei bambini e degli adolescenti nel contesto scolastico, in collaborazione con educatori e genitori. Gli psicologi scolastici sono istruiti in psicologia, sviluppo dell'infanzia e dell'adolescenza, psicopatologia dell'infanzia e dell'adolescenza, istruzione, pratiche familiari e genitoriali, teorie dell'apprendimento e teorie della personalità. Sono addestrati a svolgere test psicologici, valutazione e consulenza psicoeducativa, e nei codici etici, legali e amministrativi della loro professione. La psicologia scolastica affronta una varietà di temi e di problematiche, come ad esempio i disturbi specifici di apprendimento, l'esclusione sociale, la violenza, il bullismo e la multiculturalità.
La psicologia sociale è una branca della psicologia che studia l'interazione tra l'individuo e i gruppi sociali. Il primo studio di psicologia sociale può essere considerato La psicologia dei popoli (Völkerpsychologie) di Wilhelm Wundt, del 1900 e 1920. Essa però si afferma come disciplina a sé stante negli USA, dagli inizi del XX secolo, con Norman Triplett e William McDougall. Gli psicologi sociali tipicamente spiegano il comportamento umano in termini di interazione tra stati mentali e situazioni sociali immediate. Nella famosa formula euristica di Kurt Lewin (1951), il comportamento (C) viene visto come una funzione (f) dell'interazione tra la persona (P) e l'ambiente (A), concetto sintetizzato da Lewin con C = f ( P , A ) {\displaystyle C=f(P,A)} . L'aggettivo "sociale" rappresenta un dominio interdisciplinare che fa da ponte tra la psicologia e la sociologia. Durante gli anni immediatamente successivi alla seconda Guerra mondiale, ci fu collaborazione frequente tra psicologi e sociologi (Sewell, 1989). Negli anni recenti le due discipline si sono specializzate in modo crescente ed isolate l'una dall'altra, con i sociologi che si concentrano su "macro variabili" (struttura sociale), con estensione molto più ampia. Ciononostante, gli approcci sociologici alla psicologia sociale rimangono un'importante controparte alla ricerca psicologica in questa area.
L'efebofilia (da efebo e philia) è l'interesse sessuale primario di un adulto eterosessuale (ciò la distingue dalla pederastia che è omosessuale) nei riguardi della medio-tarda adolescenza, generalmente in una fascia d'età compresa tra i 13/15 anni e i 17/18 anni; il termine era originariamente utilizzato tra la fine del XIX secolo e la metà del XX. Clinicamente non è usato per interessi occasionali, come avviene invece al di fuori del linguaggio medico. Costituisce una delle numerose preferenze concernenti la sessualità inserite nel gruppo rappresentato da tutte le fasce di età e che vengono classificate sotto il termine tecnico di cronofilia. L'efebofilia denota in una modalità rigorosa la preferenza erotica rivolta verso i partner sessuali adolescenti medio-tardivi, non quindi la semplice presenza di un certo grado di attrazione fisica la quale - quest'ultima - può anche rimanere sempre a un livello ideale e/o anche più o meno inconscio. Negli ambienti della ricerca scientifica vengono usati dei termini specifici per indicare le diverse varietà della cronofilia: oltre quindi all'efebofilia vi è l'ebefilia, per riferirsi alla preferenza sessuale nei confronti di individui appena entrati nella fase della pubertà (12-14 anni); la pedofilia infine per riferirsi all'interesse sessuale primario o esclusivo nei confronti di un bambino in età prepuberale (fino e non oltre agli 11-12 anni). Tuttavia la parola pedofilia viene comunemente e largamente utilizzata in modo errato e confusionario dall'opinione pubblica per far riferimento a un qualsiasi interesse di tipo sessuale rivolto ai minori che si trovano al di sotto dell'età del consenso legale (stabilita a 14 anni in Italia, ad esempio) o alla maggiore età (dal 1975 fissata da 21 a 18 anni in Italia); questo indipendentemente dal loro livello di sviluppo fisico e/o psicologico. Questo probabilmente a causa della confusione tra le leggi degli Stati Uniti d'America e quelle dell'Europa e resto del mondo, che consentono di solito la pratica seppur biasimata a livello sociale dopo gli anni '60, se non attuata tramite coercizione anche inconscia (esempio professore e studentessa, per cui l'età si alza a 16 anni) o tramite prostituzione minorile.
Con il termine ira (spesso sostituito da "furia", "collera" o, impropriamente, "rabbia" ) si indica uno stato psichico alterato, in genere suscitato da elementi di provocazione capaci di rimuovere i freni inibitori che normalmente stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L'iracondo prova una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno e, in alcuni casi, anche verso se stesso.