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Lo scautismo, o scoutismo, è, come dichiarato nel 1924 dalla Conferenza internazionale dello scautismo di Copenaghen, un movimento di carattere nazionale, internazionale e universale che ha come fine ultimo la formazione fisica, morale e spirituale della gioventù mondiale. Nato nel 1907 da un'idea del tenente generale inglese Robert Baden-Powell (chiamato affettuosamente «B.-P.» dagli scout di tutto il mondo), questo metodo educativo è fondato sul volontariato e sull'«imparare facendo» attraverso attività all'aria aperta e in piccoli gruppi. Oggi lo scautismo conta in totale più di quaranta milioni di iscritti ed è uno dei più grandi movimenti al mondo di educazione non formale. Le più grandi organizzazioni scout a livello mondiale sono l'Associazione mondiale guide ed esploratrici (WAGGGS o AMGE), e l'Organizzazione mondiale del movimento scout (WOSM o OMMS), alle quali sono affiliate la maggior parte delle associazioni in tutto il mondo, e alle quali è preposta l'organizzazione dei vari Jamboree mondiali dello scautismo, che si svolgono ogni quattro anni.
Con la denominazione di pederastia greca si viene a indicare quel peculiare fenomeno consistente nella relazione altamente ritualizzata e socialmente codificata fra due maschi di età differente; poteva trattarsi di un rapporto anche erotico – pubblicamente riconosciuto e accettato – tra un uomo adulto detto erastès (traducibile come amante) ed un ragazzo più giovane chiamato eròmenos (traducibile come amato), solitamente nell'età della prima adolescenza: è stato un costume caratteristico dell'antica Grecia sia durante il suo periodo più arcaico sia nell'età classica. Alcuni studiosi hanno individuato la sua origine nel rito di iniziazione – cui si riferirebbero anche molte storie pederastiche presenti nella mitologia greca; in particolare, nel rito di passaggio caratteristico della pederastia cretese, quella vigente all'interno della strutturazione sociale della civiltà minoica e dove era associata con l'ingresso nella vita militare (il mondo degli uomini) e al culto religioso nei confronti della divinità celeste: lo Zeus che la stessa tradizione greca voleva fosse stato allevato proprio sul Monte Ida nell'isola di Creta. Il costume sociale conosciuto sotto la definizione di "paiderastia", parola derivante dalla lingua greca antica παιδ-paid (ragazzo) ed ἐραστής-erastés (amante), venne nel corso del tempo altamente idealizzato, seppur in certe occasioni non mancò d'esser criticato in maniera decisa sia nella letteratura greca sia nell'ambito della filosofia greca da alcuni commentatori, anche molto autorevoli, del tempo. Nell'antica Grecia s'ipotizza possa essersi sviluppata nel tardo VII secolo a.C. come uno degli aspetti preminenti della cultura Greca, così potentemente intrisa di omosocialità ed omoerotismo, ampliata inoltre da altre pratiche quali la nudità atletica e la rappresentazione della nudità in ambito artistico col nudo eroico; ma anche dalla tradizione del simposio, dall'età relativamente tarda - verso i trent'anni - in cui la classe dell'aristocrazia maschile stipulava un contratto matrimoniale ed infine pure dall'isolamento sociale in cui venivano tenute da un certo periodo in poi le donne nell'antica Grecia. L'influenza prodotta dalla pederastia era talmente diffusa e vasta da finire presto con l'essere considerata il modello culturale principale per le relazioni sentimentali - rigorosamente non mercenarie - dei cittadini maschi tra di loro: gli studiosi hanno discusso ampiamente il ruolo e l'estensione del fenomeno pederastico, il quale è probabilmente variato a seconda delle usanze locali e delle inclinazioni individuali. Il termine nel linguaggio comune odierno potrebbe implicare in alcune giurisdizioni il fenomeno dell'abuso minorile; ma l'antico diritto penale ateniese, per esempio, riconosceva chiaramente il consenso (in opposizione alla violenza sessuale) ma non una specifica - seppur consigliata - età del consenso come fattore di regolazione del comportamento sessuale. Come lo studioso di antichità classica dell'università di Cambridge Robin Osborne non ha mancato di sottolineare, la discussione storica concernente la "paiderastia" è complicata dagli standard morali rappresentati dal sistema di valori prevalente:La pederastia greca va in definitiva inserita in un quadro generale nel quale desideri e comportamenti sessuali non erano classificati sulla base della diversità sessuale o dell'identità di genere dei partner, bensì in base al ruolo attivo e passivo nel sesso e alle conformità alle norme concernenti età e condizione sociale delle persone coinvolte.
Leonardo di ser Piero da Vinci (Anchiano, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) è stato un inventore, artista e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, considerato uno dei più grandi geni dell'umanità, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza: fu infatti scienziato, filosofo, architetto, pittore, scultore, disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, botanico, musicista, ingegnere e progettista.
Kissamos (in greco: Κίσσαμος) è un comune della Grecia situato nell'isola di Creta (unità periferica di La Canea) con 11.470 abitanti secondo i dati del censimento 2001. A seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate in vigore dal gennaio 2011 che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 341 km² e la popolazione è passata da 7.463 a 11.470 abitanti. Il comune è composto dagli ex territori comunali di Kissamos, Innachori e Mythimna. Ιl suo territorio occupa l'estremità nord occidentale di Creta, che comprende il Golfo di Kissamos, Capo Grabusa (con le isole di Imeri Gramvousa, Agria Gramvousa, Tigani e Pontikonisi) e la costa occidentale fino a Elafonīsi, che rappresenta il punto più a ovest di tutta Creta.
Giulio Paolini (Genova, 5 novembre 1940) è un artista, pittore e scultore italiano, la cui produzione si inscrive in un ambito di ricerca di matrice concettuale. Vive e lavora a Torino.
La Comedìa, o Commedia, conosciuta soprattutto come Divina Commedia, è un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi (poi chiamate per antonomasia terzine dantesche) in lingua volgare fiorentina. L'opera non esiste nella sua forma originale: essendo stata prodotta prima dell'invenzione della stampa veniva scritta e ricopiata a mano; tra tutti i manoscritti giunti a noi oggigiorno non esistono due versioni uguali, come per tutti i testi antichi, i casi di diversificazione sono tantissimi e variano da semplici modifiche ortografiche, (diritta via o diricta via) fino all'uso di versi simili ma diversi, o parole completamente differenti che danno anche significati diversi, ad esempio il ruscello che esce dalle sorgenti di acqua bollente ..esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici che fu analizzato e commentato con il presupposto che ci fossero delle donne peccatrici, forse prostitute (?), lasciando molti dubbi, ma con un significato completamente stravolto rispetto al più ragionevole pettinatrici o pettatrici o pectatrici cioè le operaie che lavoravano la cardatura e la pettinatura dell lino nelle acque termali. Il titolo originale, con cui lo stesso autore designa il suo poema, fu Comedia (probabilmente pronunciata con accento tonico sulla i); e così è intitolata anche l'editio princeps del 1472. L'aggettivo «Divina» le fu attribuito dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto fra il 1357 e il 1362 e stampato nel 1477. Ma è nella prestigiosa edizione giolitina, a cura di Ludovico Dolce e stampata da Gabriele Giolito de' Ferrari nel 1555, che la Commedia di Dante viene per la prima volta intitolata come da allora fu sempre conosciuta, ovvero "La Divina Comedia". Composta secondo i critici tra il 1304/07 e il 1321, anni del suo esilio in Lunigiana e Romagna, la Commedia è il capolavoro di Dante ed è universalmente ritenuta una delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, tanto da essere conosciuta e studiata in tutto il mondo. Il poema è diviso in tre parti, chiamate «cantiche» (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale) formati da un numero variabile di versi, fra 115 e 160, strutturati in terzine. Il poeta narra di un viaggio immaginario, ovvero di un Itinerarium mentis in Deum, attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità. La sua rappresentazione immaginaria e allegorica dell'oltretomba cristiano è un culmine della visione medievale del mondo sviluppatasi nella Chiesa cattolica. È stato notato come tutte e tre le cantiche terminino con la parola «stelle» (Inferno: "E quindi uscimmo a riveder le stelle"; Purgatorio: "Puro e disposto a salir a le stelle"; Paradiso: "L'amor che move il sole e l'altre stelle"). L'opera ebbe subito uno straordinario successo e contribuì in maniera determinante al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il testo, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione e fino all'avvento della stampa in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo (si calcolano circa sessanta commenti e tra le 100.000 e le 200.000 pagine), dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta: si parla così di "secolare commento". La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato un'oggettiva difficoltà nella definizione del testo: nella seconda metà del Novecento l'edizione di riferimento è stata quella realizzata da Giorgio Petrocchi per la Società Dantesca Italiana. Più di recente due diverse edizioni critiche sono state curate da Antonio Lanza e Federico Sanguineti.La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, scopo didascalico e morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, espressa anche con l'uso di neologismi creati da Dante come «insusarsi», «inluiarsi» e «inleiarsi».È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
Carlo Calcaterra (Premia, 21 novembre 1884 – Santa Maria Maggiore, 25 settembre 1952) è stato un critico letterario e accademico italiano, professore all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e quindi all'Università di Bologna.
Alessandro III di Macedonia (in greco antico: Ἀλέξανδρος Γ' ὁ Μακεδών, Aléxandros trίtos ho Makedόn), universalmente conosciuto come Alessandro Magno (Μέγας Ἀλέξανδρος, Mégas Aléxandros; Pella, ecatombeone - 20 o 21 luglio 356 a.C. – Babilonia, targelione - 10 o 11 giugno 323 a.C.), è stato un militare macedone antico, re di Macedonia della dinastia degli Argeadi a partire dal 336 a.C., succedendo al padre Filippo II. È noto anche come Alessandro il Grande, Alessandro il Conquistatore o Alessandro il Macedone. Il termine "magno" deriva dal latino magnus "grande", che traduce il termine greco antico μέγας (mégas). È considerato uno dei più celebri conquistatori e strateghi della storia. In soli dodici anni conquistò l'Impero persiano, un territorio immenso che si estendeva dall'Asia Minore all'Egitto fino agli attuali Pakistan, Afghanistan e India settentrionale. Tale straordinario successo fu dovuto sia a una congiuntura storica eccezionalmente favorevole (le crisi dell'Impero persiano e della Grecia delle poleis, unite all'opera espansionistica già incominciata dal padre) sia a una sua innegabile intelligenza militare e diplomatica. Dotato di grande coraggio e carisma, Alessandro aveva un forte ascendente sui suoi soldati, che spronava anche partecipando personalmente ai combattimenti. Inoltre, egli fu uno dei primi condottieri dell'antichità ad aver capito l'importanza fondamentale della propaganda, sia per guadagnare prestigio nelle proprie file, sia per incutere timore ai nemici. Per assicurarsi ciò, Alessandro costituì un'imponente macchina mediatica (si fece accompagnare per tutta la durata della sua campagna da una quantità di storici e redattori di diari giornalieri, tra cui il greco Callistene) e diede estrema importanza nel corso di tutta la spedizione a gesti di forte valenza simbolica e alla divulgazione di leggende sulla propria discendenza da eroi mitici (Eracle e Achille) o persino da vere e proprie divinità. Infine si sforzò in ogni modo di fondere e amalgamare le culture delle diverse etnie che abitavano le terre che si trovò a unificare sotto il suo impero, dimostrando una disposizione al sincretismo estremamente inusuale per un greco del suo tempo. Le sue innumerevoli conquiste diedero alla cultura greca una diffusione universale, dando così avvio al cosiddetto periodo ellenistico. Alessandro morì a Babilonia nel mese di daisios (targelione) del 323 a.C., forse avvelenato, forse per una recidiva della malaria che aveva contratto in precedenza o, secondo teorie più recenti, a causa di una cirrosi epatica provocata dall'abuso di vino o di pancreatite acuta. Dopo la morte del Conquistatore, l'Impero macedone fu suddiviso, non senza molti scontri e guerre, tra i generali che lo avevano accompagnato nelle sue spedizioni. Si costituirono così i cosiddetti regni ellenistici, tra cui quello Tolemaico in Egitto, quello degli Antigonidi in Macedonia e quello dei Seleucidi in Siria e in Asia Minore. L'eccezionalità del personaggio e delle sue imprese ispirò, già durante la vita ma ancor più dopo la sua morte, un gran numero di leggende (una famosa è quella della costruzione delle mitiche Porte di Alessandro) e una sterminata tradizione letteraria e figurativa, in cui il condottiero venne ritratto in sembianza di eroe (ad esempio è spesso scolpito nudo, un trattamento riservato, nella Grecia classica, esclusivamente agli dei o ai semidei). Nella ritrattistica è spesso assimilato ad Achille, di cui Alessandro stesso si considerava diretto discendente per parte di madre. I racconti storici sul suo conto hanno ben presto assunto colorazioni mitiche, ed è pertanto difficile discernere i fatti storici dalle rielaborazioni fantastiche. Le storie a lui riferite non si ritrovano solo nelle letterature occidentali: nella Bibbia (Primo libro dei Maccabei), ad esempio, si fa esplicito riferimento ad Alessandro, mentre nel Corano il misterioso Dhu al-Qarnayn (il Bicorne o letteralmente "quello dalle due corna") viene talvolta identificato, da alcuni, con il mitico conquistatore macedone senza però evidenze.
La Secolare Accademia del Parnaso canicattinese, sorta nel 1922 a Canicattì, era un'accademia piuttosto bizzarra che riuniva persone diverse per formazione politica e culturale, per idee e per carattere e di cui facevano parte professionisti, preti, osti, poeti, filosofi, ecc. Prendeva il nome dal monte sacro alle Muse e della poesia si serviva per fare la satira sulla politica del tempo e per denunciare i vizi e le debolezze degli uomini. Aveva un suo statuto e i soci, che si chiamavano arcadi, si distinguevano in minori e maggiori. I più importanti erano i minori, infatti la carriera si faceva al contrario, nel senso che i maggiori potevano diventare minori e non viceversa. Per entrarvi non vi erano limiti di età, erano ammesse le donne e non era richiesta l'intelligenza. Infatti un articolo dello statuto diceva: «Il Parnaso, Accademia di Scienza, Lettere ed Arte, non fa ad alcun socio l'obbligo di essere intelligente… Anzi». I parnasiani prediligevano la poesia e che molti poeti entrarono a far parte dell'Accademia ma bisogna sapere chi era considerato poeta. Poeta era per i parnasiani non solo chi sapeva scrivere in versi ma anche chi "superata la minore età credeva nell'amore eterno e nella fedeltà delle donne", o chi credeva nel ritorno dall'al di là o chi ancora "sperava di moralizzare la vita pubblica". Difficile definire l'Accademia del Parnaso. Si trattò di un'associazione di "umoristi". Venne definita nel 1938 dal critico Adriano Tilgher come: «La più audace e geniale satira politica e del costume.» Si trattò di un'associazione di "umoristi". Un docente universitario e storico, come Santi Correnti, studioso di vicende, tradizioni, usi e costumi siciliani, nel suo libro "La Sicilia che ride" ha potuto affermare: «Credo che sia difficile contendere la palma dell'umorismo istituzionalizzato in Sicilia alla "Secolare Accademia del Parnaso di Canicattì.» Il professor Correnti pone in rilievo nel suo saggio che tale Accademia occupa "un posto veramente unico nella storia dell'umorismo isolano": e ciò, come egli dichiara, "non soltanto per le sue gesta, ma per il fatto - che nessun'altra Accademia del genere può vantare - che di essa fecero parte, quali Arcadi minori, personalità notissime". Egli elenca, quindi, i letterati, scrittori, poeti e artisti illustri che diedero la loro adesione alla Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese: da Luigi Pirandello, Arnoldo Fraccaroli, Marco Praga, Trilussa, Angelo Romagnoli, Angelo Musco, Giovanni Gentile, Filippo Tommaso Marinetti, Marta Abba, Benedetto Croce, Salvatore Quasimodo. Michele Anselmo in "Memorie della Secolare Accademia del Parnaso di Canicattì" ha accennato ad una "filosofia dell'Accademia" in particolare ad un "filosofia sociale dell'Accademia" di natura "relativistica e disincantata"; ed ha individuato nelle opere degli arcadi un "intrecciarsi dialettico della parola e del silenzio". Dice il prof. Diego Lodato nel suo libro sul Parnaso: "Veramente unica nel suo genere è stata l'Accademia del Parnaso di Canicattì, vivacizzata da "un'accolta di giovani, pieni di buon umore e d'intelletto". Essi si sono prodigati a creare un mondo fantastico in cui tutto si svolge alla rovescia, dove l'immaginazione si confonde con la realtà, dove la carriera si percorre a ritroso, dove i veri maggiori sono i minori, dove gli asini sono "saggi e sapienti" e dove i soci, detti arcadi, pur se nella vita discordi, si ritrovano poi, come le Muse sulle vette del Parnaso, tutti concordi, tutti amanti della poesia, tutti con i petti frementi di canti, o meglio, come è detto nel sottotitolo della "Parnasiana", "di canti, code, meditazioni e ragli": e tutto ciò con l'intento, come dice bene Lelio Sengrini, un amico dell'avvocato Francesco Macaluso, "di mettere in ridicolo la vita in ciò che questa meriti; di scherzare sulle scemenze umane e sulle cose serie; di prendere a gabbo i presuntuosi, i manierosi, i pieni di fumo, le fame malcreate". La Secolare Accademia del Parnaso è riuscita con le sue burle anche a valicare i patrii confini, come dimostra la polemica con i giornalisti spagnoli sulla nazionalità di Cristoforo Colombo. Delle sue beffe e delle sue canzonature si è interessata pure la stampa locale e nazionale. Nel 1946 "L'Ora del Popolo" di Palermo pubblicava un divertente servizio di Giovanni Filippone che aveva per titolo "L'umanità vista dal ... Parnaso". Nel 1965 il "Gazzettino di Venezia" sfoggiava uno spassoso reportage di Giuseppe Mugnone intitolato "Gli eccezionali burloni del Parnaso di Canicattì". Nel 1970 "Il Tempo" di Roma dava lustro all'Accademia canicattinese con un brioso articolo di Francobaldo Chiocci dal titolo " Con una beffa a Canicattì si otteneva l'immortalità". Nel 1973 era "La Sicilia" di Catania, con la firma di Giuseppe Alaimo, a dedicare un'intera pagina a "L'Accademia che fece ridere l'Italia". Un arcade minore, in particolare, ha fatto tanto parlare di sé sulla stampa nazionale e anche estera: il barone Agostino La Lomia. figura di nobiluomo eccentrico, alla sua vita di estroso giramondo e al regno "sui generis" dell'isola taorminese di Capo La Croce, che egli aveva scelto come sede marina del Parnaso, a coronamento della sede urbana canicattinese "con acqua corrente" e della sede rurale "con annesso orto". Sempre il prof. Lodato scrive: "Signoreggia nell'insieme Canicattì, culla e sede della Secolare Accademia del Parnaso, città madre, naturale o adottiva, di tutti gli arcadi, compresi quelli onorari di alto rango. La satira, l'ironia, l'umorismo, con le burle, le beffe e gli scherzi, gremiscono le vicende parnasiane dei vari capitoli e dei paragrafi in cui essi si suddividono. Tra gli arcadi minori hanno un posto di primo piano nelle vicende parnasiane il sen. Salvatore Sanmartino e il farmacista Diego Cigna, considerati i padri del Parnaso, e poi quelli che sono i poeti cantori della Secolare Accademia, l'avv. Francesco Macaluso e il sarto-poeta Peppi Paci. Ma tanti altri arcadi, minori e maggiori, si muovono e agiscono nelle pagine evocative dell'esilarante mondo della "somara saggia e tanto sapiente", mondo che destò un forte fascino sull'animo di numerosi uomini illustri e suscitò una così cordiale simpatia in Luigi Pirandello da far sì che egli, che di solito frequentava i grandi teatri delle metropoli d'Europa e d'America, venisse nel 1927 a Canicattì per rappresentare al Teatro Sociale i "Sei personaggi in cerca d'autore".