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Villa Demidoff è la denominazione moderna di quello che resta della Villa Medicea di Pratolino e si trova nella località di Pratolino, a Vaglia, in Provincia di Firenze, in via Fiorentina 276. La villa medicea vera e propria fu demolita nel 1822, ma in seguito venne acquistata dalla famiglia di origine russa dei Demidoff, che adibirono a nuova villa l'edificio secondario delle paggerie, ingrandendolo e ristrutturandolo. Il parco, seppur stravolto e spogliato nel corso dei secoli, è uno dei più belli e vasti di tutta la Toscana, tra i più importanti nello stile all'inglese.
Firenze (AFI: /fi r n e/; ; in epoca medievale e nel linguaggio poetico anche Fiorenza, /fjo r n a/; Florentia in latino) un comune italiano di 379 194 abitanti, capoluogo della Toscana e centro della citt metropolitana con una popolazione di 1 011 349 abitanti, ottavo comune italiano per popolazione e il primo della Toscana, cuore dell'area metropolitana di Firenze-Prato-Pistoia, una conurbazione che conta oltre 1 520 000 abitanti. Nel Medioevo stata un importante centro artistico, culturale, commerciale, politico, economico e finanziario; nell'et moderna ha ricoperto il ruolo di capitale del Granducato di Toscana dal 1569 al 1859 che, con il governo delle famiglie dei Medici e dei Lorena, divenne uno degli stati pi ricchi e moderni. Le varie vicissitudini politiche, la potenza finanziaria e mercantile e le influenze in ogni campo della cultura hanno fatto della citt un crocevia fondamentale della storia italiana ed europea. Nel 1865 Firenze fu proclamata capitale del Regno d'Italia (seconda, dopo Torino), mantenendo questo status fino al 1871, anno che segna la fine del Risorgimento. Importante centro universitario e patrimonio dell'umanit UNESCO dal 1982, considerata luogo d'origine del Rinascimento la consapevolezza di una nuova era moderna dopo il Medioevo, periodo di cambiamento e "rinascita" culturale e scientifica e della lingua italiana grazie al volgare fiorentino usato nella letteratura. universalmente riconosciuta come una delle culle dell'arte e dell'architettura, nonch rinomata tra le pi belle citt del mondo, grazie ai suoi numerosi monumenti e musei tra cui il Duomo, Santa Croce, Santa Maria Novella, gli Uffizi, Ponte Vecchio, Piazza della Signoria, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti. Di inestimabile valore i lasciti artistici, letterari e scientifici di geni del passato come Petrarca, Boccaccio, Brunelleschi, Michelangelo, Giotto, Cimabue, Botticelli, Leonardo da Vinci, Lorenzo de Medici, Machiavelli, Galileo Galilei e Dante Alighieri, che fanno del centro storico di Firenze uno dei luoghi con la pi alta concentrazione di opere d'arte al mondo. La ricchezza del patrimonio storico-artistico, scientifico, naturalistico e paesaggistico rendono il centro e le colline circostanti un vero e proprio "museo diffuso".
Villa San Donato o Villa Demidoff è una villa appartenuta alla famiglia Demidoff, tra le più belle ville ottocentesche di Firenze. Gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale, l'antico edificio andò incontro ad un consistente degrado, mentre la zona circostante fu circondata dai palazzi della periferia fiorentina; ridotto ormai ad uno scheletro, a partire dal 2012 i resti dell'edificio sono stati oggetto di un intervento di restauro e ricostruzione, al fine di ricavare appartamenti ad uso abitativo.
La casata dei Medici è un'antica famiglia fiorentina, protagonista di centrale importanza nella storia d'Italia e d'Europa dal XV al XVIII secolo. I Medici ottennero, de Facto, il controllo prima della città di Firenze, e del Granducato di Toscana poi. Tranne qualche interruzione di breve durata il potere mediceo durò dal 1434, con la signoria di Cosimo il Vecchio, al 1737, con la morte di Gian Gastone, ultimo granduca. Originari della regione del Mugello, probabilmente appartenenti alla piccola nobiltà di campagna inurbata a partire dal XII secolo, inizialmente le attività dei Medici delle prime generazioni riguardarono la mercatura tessile, l'agricoltura e solo sporadicamente l'attività bancaria. Con la fondazione del Banco dei Medici, ad opera di Giovanni di Bicci, la famiglia acquistò nel tempo ricchezza e potere, divenendo finanziatrice delle realtà più influenti nel panorama politico europeo. Il Banco, ad esempio, finanziò il Papa, la conquista del Ducato di Milano da parte di Francesco Sforza, la vittoria di Edoardo di York nella Guerra delle due rose. Con l'avvento al governo di Cosimo e di suo nipote Lorenzo il Magnifico, incarnazione del principe umanista, il potere mediceo fu uno dei principali poli propulsivi del Rinascimento: i signori di Firenze erano trattati come sovrani dagli altri monarchi europei, e la vita artistica e culturale della Firenze del XV secolo era punto di riferimento per tutta Europa, grazie anche all'instancabile opera di promozione culturale svolta dal Magnifico. Politicamente, Lorenzo si premurò di conservare l'equilibrio degli Stati italiani attraverso la salvaguardia della Lega Italica promossa dal nonno, garantendo all'Italia un lungo periodo di pace interna e di sviluppo. Dopo la sua morte nel 1492, i suoi eredi non furono altrettanto capaci, contribuendo a far precipitare la Penisola nella rovinosa serie di conflitti noti come Guerre d'Italia, che segnarono la sempre maggiore marginalizzazione degli Stati italiani nell'Europa delle grandi potenze nazionali. La famiglia Medici ha espresso tre Papi della Chiesa cattolica: papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini, ultimo successore di Pietro ad essere semplice diacono al momento dell'elezione, portò alla corte pontificia lo splendore e i fasti tipici della cultura delle corti rinascimentali. Il 3 gennaio 1521 scomunicò Martin Lutero con la bolla pontificia Decet Romanum Pontificem. Papa Clemente VII, cugino di Leone X, negò il divorzio ad Enrico VIII d'Inghilterra e dovette subire lo Scisma anglicano. Durante il suo papato vi fu il Sacco di Roma. Entrambi i papi furono grandi mecenati nella tradizione di famiglia. Il terzo papa mediceo, Leone XI, regnò invece per meno di un mese nell'aprile del 1605. La famiglia conta anche due regine consorti di Francia: Caterina de' Medici, l'ultima discendente diretta del Magnifico, e Maria, figlia del Granduca Francesco I de' Medici e nonna di Luigi XIV, il Re Sole. Con l'avvento del Granducato nella seconda metà del XVI secolo i Medici divennero sovrani a tutti gli effetti unificando sotto il loro scettro gran parte della Toscana, con l'unica eccezione dell'indipendente Repubblica di Lucca e dello Stato dei Presidi, sotto dominazione spagnola. Il governo dei granduchi medicei fu inizialmente illuminato come quello dei loro avi: diedero impulso ai commerci, proclamarono la tolleranza religiosa con le famose Leggi livornine del 1591-1593 e furono mecenati delle arti e della scienza, patrocinando Galileo Galilei, astronomo di corte di Cosimo II de' Medici, e fondando, con il cardinale Leopoldo, l'Accademia del Cimento, la prima istituzione scientifica in Europa a promuovere il metodo sperimentale di Galileo. Il malgoverno degli ultimi granduchi e la morte senza eredi dell'ultimo sovrano mediceo Gian Gastone nel 1737, portò il Granducato nella mani di Francesco I di Lorena, marito dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria, rimanendo ai loro discendenti fino all'Unità d'Italia. La sorella di Gian Gastone, Anna Maria Luisa de' Medici, ultima del ramo granducale, stipulò il "Patto di famiglia" con gli Asburgo-Lorena lasciando per testamento l'immenso patrimonio artistico alla città di Firenze. L'accordo prevedeva che i nuovi successori non potessero spostare «[...] o levare fuori della Capitale e dello Stato del Granducato, Gallerie, Quadri, Statue, Biblioteche, Gioje ed altre cose preziose, della successione del Serenissimo GranDuca, affinché esse rimanessero per ornamento dello Stato, per utilità del Pubblico e per attirare la curiosità dei Forestieri», come scrisse lei stessa. Attualmente sopravvivono solo tre rami cadetti: quello dei Medici di Ottajano, principi di Ottajano e duchi di Sarno, trapiantati a Napoli sin dal XVI secolo, quello dei Medici Tornaquinci, già marchesi di Castellina, rimasti nell'originaria Toscana, e quello dei Peruzzi de' Medici.
Nella città di Firenze la numerazione stradale seguiva un particolare sistema con numeri rossi e neri: i numeri rossi venivano assegnati alle attività commerciali, quelli neri agli edifici residenziali. Succede così che nella stessa via possano esistere due numeri uguali corrispondenti a edifici diversi, ma uno contrassegnato con il nero e uno con il rosso. Le due numerazioni quindi non procedono di pari passo e talvolta possono essere anche molto distanti. Tale metodologia è stata abbandonata e i numeri rossi resteranno validi fino ad esaurimento. Per convenzione, la numerazione delle strade inizia dal lato della strada più vicino al fiume Arno; per le vie parallele al fiume inizia "a monte", cioè da est, seguendo così il corso della corrente.
Giambologna, pseudonimo di Jean de Boulogne (Douai, 1529 – Firenze, 13 agosto 1608), è stato uno scultore fiammingo attivo in particolare a Firenze.
Cosimo III de' Medici (Firenze, 14 agosto 1642 – Firenze, 31 ottobre 1723), figlio di Ferdinando II de' Medici e di Vittoria Della Rovere, fu il penultimo Granduca di Toscana appartenente alla dinastia dei Medici. Regnò per 53 anni, dal 1670 al 1723, anno della sua morte. Il suo regno, il più lungo nella storia della Toscana, fu caratterizzato da un forte declino politico ed economico, punteggiato dalle campagne persecutorie nei confronti degli ebrei e verso chiunque non si conformasse alla rigida morale cattolica. Sposò per procura, il 18 aprile 1661, Margherita Luisa d'Orléans, cugina di Luigi XIV. Il suo fu considerato come uno dei matrimoni peggiori nella storia dei Medici: la forte diversità dei caratteri, infatti, portò Margherita Luisa prima a rifiutare ogni forma di convivenza con Cosimo e poi a tornare in Francia, dove morì. La coppia, comunque, ebbe tre figli: Ferdinando nel 1663, Anna Maria Luisa nel 1667 e Gian Gastone nel 1671. Nei suoi ultimi anni Cosimo III, di fronte al rischio concreto di estinzione della propria casata, cercò di far nominare sua figlia Anna Maria Luisa come sua erede universale, ma l'imperatore Carlo VI d'Asburgo non lo permise. Alla sua morte, nel 1723, gli succedette il figlio Gian Gastone.
Fine dei Romanov è un'espressione impiegata da svariati storici per designare l'insieme di omicidi politici compiuti dal nuovo potere sovietico su membri della ex famiglia imperiale. Dalla rivoluzione d'ottobre del 1917 ai primi del 1919 furono assassinate una ventina di persone di ambo i sessi, circa un terzo dei membri adulti della famiglia imperiale, a partire dal deposto imperatore Nicola II con tutta la sua famiglia e tutti coloro che li accompagnavano al seguito, tra cui Evgenij Botkin, Anna Demidova, Aleksej Trupp e Ivan Charitonov Secondo la versione ufficiale rilasciata dal governo rivoluzionario russo, i membri della famiglia imperiale russa vennero regolarmente giustiziati da un plotone di esecuzione per il terrore che la città potesse essere occupata dal movimento dei "bianchi" (la cosiddetta Legione Cecoslovacca). che avrebbe certamente salvato l'intera famiglia che ormai risultava un imbarazzante problema politico. Secondo diversi storici e ricercatori nel campo, l'ordine venne impartito da tre personaggi chiave Lenin, Jakov Sverdlov e Feliks Dzeržinskij. I corpi dei membri della famiglia imperiale e dei loro servitori vennero portati quindi nella foresta di Koptjaki dove vennero spogliati e mutilati. Nel 1919, l'Armata Bianca iniziò le ricerche dei corpi della famiglia imperiale ma non riuscì ad individuare il luogo della loro sepoltura, concludendone che i resti potevano essere stati cremati e dispersi dal momento che nell'area di Ganina Jama, erano state trovate tracce di pire. Nel 1979 e nel 2007, i resti dei corpi vennero ritrovati in due tombe non segnate presso un campo chiamato Porosenkov. La strage politica pare sia stata commessa su ordine espresso di Vladimir Lenin. Pur essendo informato del fatto che "l'intera famiglia ha subito la stessa sorte del suo capo", i bolscevichi si limitarono ad annunciare la morte di Nicola, alla stampa, mentendo invece sulla sorte degli altri componenti e dicendo che "la moglie di Nicola Romanov e suo figlio sono stati inviati in un posto sicuro." Per otto anni, la leadership sovietica mantenne il più assoluto riserbo sulla faccenda, anche di fronte a quanti già nel settembre del 1919 dicevano che la famiglia imperiale tutta era stata assassinata da estremisti rivoluzionari ammettendo solo nell'aprile del 1922 la morte di tutta la famiglia. I primi particolari delle atroci morti vennero pubblicate nel 1926 grazie all'opera di un émigré dei "bianchi", il quale ad ogni modo disse che i corpi non potevano essere ritrovati in quanto erano stati cremati e sollevando il Gabinetto di governo di Lenin da ogni responsabilità, classificando l'azione come il gesto di estremisti rivoluzionari. L'assoluto silenzio delle autorità sugli omicidi, alimentò per contro fantasie sui sopravvissuti, alla comparsa di molti impostori che si spacciavano per i vari membri della famiglia imperiale, fatto che orientò i media sulla Russia sovietica. Ogni discussione in merito venne messa a tacere da Iosif Stalin nel 1938.Il sito della reale sepoltura dei corpi venne scoperto nel 1979 da un ricercatore amatoriale, ma l'esistenza dei resti venne resa pubblica solo nel 1989, nel periodo del glasnost. L'identità dei resti venne confermata da indagini forensi del DNA. I corpi vennero risepolti con tutti gli onori nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a San Pietroburgo nel 1998, 80 anni dopo la loro uccisione, in una cerimonia a cui ad ogni modo non presero parte le personalità chiave della chiesa ortodossa che discutevano sull'autenticità dei resti ritrovati. Una seconda tomba, più piccola delle precedenti sepolture, contenente i corpi di due ragazzini, venne scoperta da un ricercatore amatoriale nel 2007. Questi, che si ritiene siano i resti dello zarevic Alessio e di sua sorella Maria, sono ad ogni modo ancora in fase di analisi per la conferma della veridicità. Nel 2008, dopo una lunga battaglia legale, i Romanov sono stati ufficialmente proclamati "vittime di repressioni politiche". Nel 1993 lo stato russo post-sovietico aprì ufficialmente un fascicolo d'indagine per la morte dell'ex famiglia imperiale, ma nessuno venne accusato in quanto tutti gli attori del dramma erano ormai morti. Alcuni storici hanno attribuito l'ordine dato da Lenin come la possibilità con esso di impedire che la famiglia dello zar fosse salvata dalla Legione Cecoslovacca (che combatteva contro l'Armata dei Bolscevichi) nel corso della guerra civile russa. Questo fatto è stato confermato anche da un passaggio del diario di Lev Trockij. Un'indagine condotta da Vladimir Solov'ëv e conclusasi nel 2011, ha comunque dimostrato, pur avendo cercato negli archivi di stato, che non vi è alcun documento scritto con l'autorizzazione di Lenin o Sverdlov a procedere con l'esecuzione della famiglia imperiale; ad ogni modo entrambi appoggiarono certamente l'azione dopo che essa era stata compiuta. Secondo altre fonti, Lenin ed il governo sovietico avrebbero voluto condurre un processo regolare ai Romanov, con Trotsky come giudice, ma il soviet degli Urali, su pressione di alcuni rivoluzionari ed anarchici, prese l'iniziativa personalmente con l'avvicinarsi dei cecoslovacchi. Il presidente Boris El'cin ha descritto l'uccisione dei membri della famiglia imperiale come una delle pagine più vergognose della storia della Russia.
Casa Ipat'ev (in russo: Дом Ипатьева?) era la residenza di Nikolaj Ipat'ev, un mercante di Ekaterinburg, dove l'ex zar Nicola II di Russia, i membri della sua famiglia e della servitù furono assassinati a seguito della rivoluzione bolscevica. Curiosamente il suo nome è identico a quello del monastero Ipat'ev a Kostroma, da dove i Romanov incominciarono la scalata al trono.