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Nell'ottobre 1942 con la fondazione della Democrazia Cristiana (DC) fu realizzata la fusione fra il disciolto Partito Popolare Italiano di Alcide De Gasperi e il Movimento Guelfo d'Azione di Piero Malvestiti. Si realizzò così una forte polarizzazione del voto dei cattolici italiani, tale da far parlare spesso di "unità politica dei cattolici", che peraltro vedeva i cattolici italiani votare anche altre forze politiche e militare in esse. Una nota dell'Osservatore Romano del 1945 affermò espressamente che solo la DC aveva titolo per rappresentare i cattolici in politica. Per oltre cinquanta anni (1942-1994) la DC sarà sempre il primo partito d'Italia (con l'unica eccezione delle elezioni europee del 1984), punto di riferimento privilegiato, in chiave anticomunista, della Santa Sede e, in ossequio ai patti della Conferenza di Jalta del 1945, degli USA. Il tema dell'unità dei cattolici in politica era del resto presente nel magistero della Chiesa cattolica. Ancora nel 1985, il papa Giovanni Paolo II, nel suo intervento al Convegno ecclesiale italiano di Loreto, ricordò come, pur mantenendo distinto l'impegno di apostolato da quello politico e pur accettando cordialmente la struttura democratica dello Stato, tra i cattolici avesse sempre prevalso la tendenza verso un impegno unitario «soprattutto nei momenti in cui lo richiedeva il bene supremo della nazione». «Questo insegnamento della storia», concluse il pontefice, non andava dimenticato: al contrario, esso doveva essere tenuto ancora ben presente «nei momenti delle responsabili e coerenti scelte» che il cittadino cristiano era chiamato a compiere in quel periodo della storia d'Italia. Malgrado il mondo cattolico prevedesse al suo interno una larga diversità di sensibilità, la DC coagulò su di sé la maggior parte del consenso elettorale dei cattolici e fu l'unico soggetto politico di ispirazione dichiaratamente cristiana.
Amintore Fanfani (Pieve Santo Stefano, 6 febbraio 1908 – Roma, 20 novembre 1999) è stato un politico, economista, storico e accademico italiano. È stato cinque volte presidente del Senato, sei volte presidente del Consiglio dei ministri (divenendo, all’età di 79 anni e 6 mesi, il più anziano Capo del Governo della Repubblica Italiana), e nove volte ministro della Repubblica (ricoprendo tra l’altro le cariche di Ministro degli affari esteri, dell'interno e del bilancio e della programmazione economica). Dal 1972 fu senatore a vita. È stato segretario della Democrazia Cristiana e presidente del partito. Viene considerato, insieme con Aldo Moro, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat e Ugo la Malfa, uno degli artefici della svolta politica del centro-sinistra, con cui la Democrazia Cristiana volle avvalersi della collaborazione governativa del Partito Socialista Italiano.
Giorgio La Pira (Pozzallo, 9 gennaio 1904 – Firenze, 5 novembre 1977) è stato un politico e accademico italiano, sindaco di Firenze. Docente di diritto romano, giurista, deputato all'Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana, tra i principali artefici della Carta Costituzionale, per tre volte sindaco di Firenze (tra il 1951 e il 1965), cattolico fervente (spesso chiamato il «sindaco santo»), non ha mai disgiunto lo studio dalla preghiera, mettendo sempre in primo piano, nel suo operato, l'amore per la giustizia, la solidarietà, la pace, il dialogo e il confronto pacifico, nonché promuovendo, all'insegna del messaggio evangelico, la dignità umana e la civiltà cristiana. Già Servo di Dio, è stato dichiarato venerabile il 5 luglio 2018 da papa Francesco.
Aldo Romeo Luigi Moro (Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978) è stato un politico, accademico e giurista italiano. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana e suo rappresentante alla Costituente, ne divenne prima segretario (1959) e poi presidente (1976) e fu più volte ministro. Cinque volte Presidente del Consiglio dei ministri, guidò governi di centro-sinistra (1963-68) promuovendo nel periodo 1974-76 la cosiddetta strategia dell'attenzione verso il Partito Comunista Italiano attraverso il cosiddetto compromesso storico. Fu rapito il 16 marzo 1978 e assassinato il 9 maggio successivo dalle Brigate Rosse. È uno dei quattro Presidenti del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana ad aver ricoperto questa carica per un periodo cumulativo maggiore di cinque anni.
Il Partito Socialista Italiano (PSI) è stato un partito politico italiano di sinistra. A parte la breve esperienza del Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che tenne il suo primo Congresso Nazionale a Forlì nel 1884, è il più antico partito politico in senso moderno e la prima formazione organizzata della sinistra in Italia, oltre ad aver rappresentato anche il prototipo del partito di massa. Alla sua fondazione nel 1892 a Genova nella sala dell'associazione garibaldina Carabinieri genovesi adottò il nome di Partito dei Lavoratori Italiani. Successivamente a Reggio Emilia nel 1893 il nome venne cambiato in Partito Socialista dei Lavoratori Italiani mentre al congresso di Parma del 1895 assunse il nome definitivo di Partito Socialista Italiano. Durante il regime fascista (in particolare dopo la messa al bando di tutti i partiti tranne il Partito Nazionale Fascista) continuò la sua attività nella clandestinità mentre la direzione del partito in esilio in Francia tentava di mantenere i contatti con i nuclei clandestini e d'influire sulla vita politica italiana, denunciando all'opinione pubblica europea e statunitense i crimini del regime. Partecipò alla guerra civile spagnola con propri esponenti nel Battaglione Garibaldi e durante la seconda guerra mondiale collaborò con il movimento partigiano nella Francia occupata dai nazisti. In Italia dopo la caduta del fascismo il 25 luglio 1943 partecipò al movimento di Resistenza, essendo presente nei Comitati di Liberazione Nazionale centrale e locali e organizzando proprie formazioni partigiane denominate Brigate Matteotti. Dopo la fusione con il Movimento di Unità Proletaria avvenuta nell'agosto 1943 assunse il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, per poi ritornare al nome precedente nel 1947 a seguito della scissione socialdemocratica di Palazzo Barberini, dalla quale ebbe origine il Partito Socialista Democratico Italiano. Alle elezioni politiche del 1948 il PSI decise di presentare una lista comune con il Partito Comunista Italiano, costituendo il Fronte Democratico Popolare, che finì in seconda posizione e uscì sconfitto dalla Democrazia Cristiana. Nonostante ciò e la mancata elezione di molti parlamentari socialisti nelle liste frontiste, il partito mantenne l'alleanza con i comunisti ancora per tutti gli anni cinquanta del XX secolo. All'inizio degli anni sessanta, anche a seguito delle aperture di capi politici democristiani come Amintore Fanfani e Aldo Moro, si aprì una stagione di confronto programmatico tra centristi e socialisti che portò alla nascita dei primi governi di centro-sinistra. In polemica con questa decisione della maggioranza del PSI di collaborare con la Democrazia Cristiana nel 1964 la sinistra più radicale e ortodossa interna al partito se ne distaccò per formare una nuova formazione politica che rispolverò il nome di Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Nel 1966 il PSI e il PSDI decisero di riunificarsi nel PSI-PSDI Unificati, noto anche con la denominazione di Partito Socialista Unificato. A causa del cattivo risultato elettorale conseguito alle elezioni politiche del 1968 l'unità socialista durò meno di due anni e il 28 ottobre 1968 riprese la denominazione di PSI mentre la gran parte della componente socialdemocratica diede vita nel luglio 1969 al Partito Socialista Unitario, che nel febbraio 1971 riassunse il nome originario di Partito Socialista Democratico Italiano. L'azione politica del PSI fu basata al momento della sua fondazione su una concezione del socialismo di tipo marxista classico in forte polemica con repubblicani e anarchici. Da una concezione dapprima più ortodossa e schematica si affermò poi un revisionismo del marxismo con una forte componente massimalista contrapposta a una importante componente riformista fortemente presente nel gruppo parlamentare, nel sindacato CGdL e nel movimento delle cooperative e delle società di mutuo soccorso. Nel 1921 al XVII Congresso a Livorno una parte della componente massimalista uscì dal partito e diede vita al Partito Comunista d'Italia in sostegno alla rivoluzione d'ottobre. La questione del rapporto con i comunisti contraddistinse tutto il periodo dagli anni trenta al secondo dopoguerra fino agli anni sessanta, quando il partito si avvicinò sempre più alle posizioni della socialdemocrazia europea, soprattutto con le ridefinizioni ideologiche successive all'affermazione della linea autonomista dopo la denuncia dei crimini di Iosif Stalin durante il XX Congresso del PCUS e i fatti d'Ungheria del 1956. Questa evoluzione ideologica contribuì in campo politico alla creazione di un'alleanza tra il centro egemonizzato dalla DC e la sinistra rappresentata dal PSI, detta centro-sinistra organico, che fu alla base di molti governi della cosiddetta Prima Repubblica. Dopo il fallimento della riunificazione con i socialdemocratici nel 1968 e l'entrata in crisi della formula del centro-sinistra a seguito della nascita della contestazione studentesca e del protagonismo operaio nelle lotte degli anni settanta il PSI con il segretario Francesco De Martino elaborò nel 1974 la strategia della alternativa di sinistra che avrebbe dovuto mandare all'opposizione la DC e portare al governo la sinistra unita. Tale strategia entrò in rotta di collisione con quella del compromesso storico lanciata dal segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer all'indomani del golpe in Cile nel 1973. A partire dagli anni settanta si affermò nel partito una nuova posizione ideologica volta a riscoprire la tradizione socialista non marxista e non bolscevica, culminata con la nomina di Bettino Craxi a segretario nel 1976. A seguito di questa svolta ideologica venne gradualmente modificato il simbolo del PSI, sostituendo alla falce e martello l'immagine ottocentesca del garofano rosso. Successivamente a seguito della caduta del comunismo nei Paesi dell'est europeo nel 1989 venne modificata la denominazione stessa del partito in Unità Socialista – PSI, con ciò auspicando una riunificazione tra i socialisti e la componente riformista dell'ex PCI. A seguito della crisi dei partiti tradizionali conseguente alla vicenda di Tangentopoli che colpì duramente il PSI sia dal punto di vista politico-elettorale sia finanziario il partito venne messo in liquidazione nel 1994, determinando la diaspora socialista con la nascita di varie formazioni politiche, divise circa l'adesione alla coalizione di centro-destra o a quella di centro-sinistra, secondo il nuovo sistema bipolare della cosiddetta Seconda Repubblica, favorito dall'introduzione della nuova legge elettorale maggioritaria del Mattarellum. Dal 1994 al 2009 si sono succeduti nell'ambito del centro-sinistra i Socialisti Italiani e dal 1998 i Socialisti Democratici Italiani, che nel 2005 diedero vita con i radicali alla lista, e ipotizzato futuro partito, della Rosa nel Pugno. Nel 2007 l'SDI promosse insieme ad altre forze politiche a vario titolo collegate con la storia del socialismo italiano ed europeo la Costituente Socialista che diede vita al rinnovato Partito Socialista, che nel 2009 ha ripreso l'originaria denominazione di Partito Socialista Italiano, accordatagli insieme alla proprietà dei vecchi simboli del partito dall'ultimo liquidatore del PSI.
Giovanni Gronchi (Pontedera, 10 settembre 1887 – Roma, 17 ottobre 1978) è stato un politico italiano, terzo Presidente della Repubblica Italiana dal 1955 al 1962. Già Sottosegretario all'Industria nel Governo Mussolini, fu Ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio nei governi Bonomi II, Bonomi III e De Gasperi I e fu il primo democristiano ad essere eletto Presidente della Repubblica. Come Capo dello Stato ha conferito l'incarico a quattro Presidenti del Consiglio: Antonio Segni (1955-1957), Adone Zoli (1957-1958), Amintore Fanfani (1958-1959) e Fernando Tambroni (1960); ha nominato un solo senatore a vita, Giuseppe Paratore, nel 1957 e nove Giudici della Corte costituzionale, nel 1955 Enrico De Nicola, Gaetano Azzariti, Tomaso Perassi, Giuseppe Capograssi e Giuseppe Castelli Avolio, nel 1956 Biagio Petrocelli, nel 1957 Aldo Mazzini Sandulli, nel 1960 Costantino Mortati e nel 1961 Giuseppe Chiarelli.
Il Partito Comunista Italiano (PCI) è stato un partito politico italiano di sinistra, nonché il più grande partito comunista dell'Europa occidentale. Venne fondato il 21 gennaio 1921 a Livorno con il nome di Partito Comunista d'Italia come sezione italiana dell'Internazionale Comunista in seguito al biennio rosso, alla rivoluzione d'ottobre e alla separazione dell'ala di sinistra del Partito Socialista Italiano guidata tra gli altri da Nicola Bombacci, Amadeo Bordiga, Onorato Damen, Bruno Fortichiari, Antonio Gramsci e Umberto Terracini al XVII Congresso del Partito Socialista Italiano.Durante il regime fascista, che dal 1926 lo costrinse alla clandestinità e l'esilio, ebbe una storia complessa e travagliata all'interno dell'Internazionale Comunista negli anni venti e trenta, al termine della quale nel 1943 divenne noto come Partito Comunista Italiano. Durante la seconda guerra mondiale assunse un ruolo di primo piano a livello nazionale, promuovendo e organizzando con l'apporto determinante dei suoi militanti la Resistenza contro la potenza occupante tedesca e il fascismo repubblicano. Il segretario Palmiro Togliatti attuò una politica di collaborazione con le forze democratiche cattoliche, liberali e socialiste, propose per primo la «via italiana al socialismo» ed ebbe un'importante influenza nella creazione delle istituzioni della Repubblica Italiana. Passato all'opposizione nel 1947 dopo la decisione di Alcide De Gasperi di estromettere le sinistre dal governo per collocare l'Italia nel blocco internazionale filo-statunitense, rimase fedele alle direttive politiche generali dell'Unione Sovietica fino agli anni settanta e ottanta, pur sviluppando nel tempo una politica sempre più autonoma e di piena accettazione della democrazia già a partire dalla fine della segreteria Togliatti e soprattutto sotto la guida di Enrico Berlinguer, che promosse il compromesso storico con la Democrazia Cristiana e la collaborazione tra i partiti comunisti occidentali con il cosiddetto eurocomunismo. Nel 1976 toccò il suo massimo storico di consenso mentre sull'onda emotiva della morte improvvisa del segretario Berlinguer nel 1984 divenne il primo partito italiano (questo evento venne definito «effetto Berlinguer»). Con la caduta del muro di Berlino e il crollo dei Paesi comunisti tra il 1989 e il 1991, si sciolse su iniziativa del segretario Achille Occhetto, dando vita a una nuova formazione politica di stampo socialdemocratico con il Partito Democratico della Sinistra mentre una parte minoritaria guidata da Armando Cossutta contraria alla svolta fondò il Partito della Rifondazione Comunista.
La democrazia diretta una forma di governo democratica nella quale i cittadini possono, senza alcuna intermediazione o rappresentanza politica, esercitare direttamente il potere legislativo.
Alcide Amedeo Francesco De Gasperi, o pi propriamente Degasperi (; Pieve Tesino, 3 aprile 1881 Borgo Valsugana, 19 agosto 1954), stato un politico italiano. Nato in Trentino, nella Cisleitania dell'Impero austro-ungarico, fu membro della Camera dei Deputati Austriaca per il collegio uninominale della Val di Fiemme nella Contea del Tirolo, poi esponente del Partito Popolare Italiano e fondatore della Democrazia Cristiana con il suo scritto Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana. Fu l'ultimo presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia e il primo della Repubblica Italiana. Reputato uno dei padri della Repubblica Italiana, considerato - assieme al tedesco Konrad Adenauer, ai francesi Robert Schuman e Jean Monnet, all'olandese Johan Willem Beyen, al belga Paul-Henri Spaak, al federalista Altiero Spinelli - uno dei padri fondatori dell'Unione europea. La Chiesa cattolica lo venera come servo di Dio ed in corso la causa di beatificazione.