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La persecuzione di Diocleziano (o grande persecuzione) fu l'ultima e la più grave persecuzione nei confronti dei cristiani nell'Impero romano. Nel 303 d.C., gli imperatori Diocleziano, Massimiano, Galerio e Costanzo Cloro emisero una serie di editti volti a revocare i diritti legali dei cristiani e ad esigere che si adeguassero alle pratiche religiose tradizionali romane. Editti successivi presero di mira il clero e richiesero il "sacrificio universale": ordinarono a tutti gli abitanti di offrire un sacrificio agli dèi pagani. La persecuzione variava in intensità in tutto l'impero, più debole in Gallia e in Britannia, dove fu applicato solo il primo editto, e maggiore nelle province orientali. Le leggi persecutorie furono annullate da diversi imperatori in tempi diversi, ma Costantino con l'Editto di Milano di Licinio (del 313) segnò definitivamente la fine della persecuzione.I cristiani erano sempre stati oggetto di discriminazione locale nell'impero, ma i primi imperatori erano riluttanti ad emettere leggi generali contro di loro. Fu così fino all'anno 250, sotto il regno di Decio e poi di Valeriano, in cui tali leggi furono approvate. In base a tale normativa, i cristiani furono costretti a sacrificare agli dèi romani o subire la detenzione e l'esecuzione. Gallieno nel 260, invece, emise il primo editto imperiale per quanto riguardava la tolleranza verso i cristiani, che portò a quasi 40 anni di convivenza pacifica. L'ascesa al potere di Diocleziano nel 284 non segnò un'inversione immediata del disprezzo per il cristianesimo, ma guidò un cambio graduale dei comportamenti ufficiali nei confronti delle minoranze religiose. Nei primi quindici anni del suo governo, Diocleziano espulse i cristiani dall'esercito, condannò i manichei a morte, e si circondò di nemici pubblici del cristianesimo. La preferenza di Diocleziano per il governo attivista, combinata con l'immagine di sé come un restauratore della gloria passata romana, presagiva la persecuzione più diffusa della storia di Roma. Nell'inverno del 302, Galerio esortò Diocleziano a iniziare una persecuzione generale dei cristiani. Diocleziano era diffidente, e chiese all'oracolo di Apollo di indicargli la direzione da seguire. La risposta dell'oracolo fu interpretata come un'approvazione della posizione di Galerio, e una persecuzione generale fu proclamata il 24 febbraio del 303. Le politiche di persecuzione variavano di intensità in tutto l'impero. Mentre Galerio e Diocleziano furono persecutori accaniti, Costanzo era poco entusiasta. Editti persecutori successivi, tra cui le richieste di sacrificio universale, non furono applicati durante il suo regno. Suo figlio, Costantino I, nell'assumere la porpora imperiale nel 306, restaurò la piena parità giuridica dei cristiani e restituendo loro le proprietà che in precedenza erano state confiscate durante la persecuzione. In Italia, nel 306, l'usurpatore Massenzio spodestò Severo, il successore di Costanzo Cloro, promettendo piena tolleranza religiosa. Galerio terminò la persecuzione in Oriente nel 311, ma essa fu ripresa in Egitto, in Palestina e in Asia Minore dal suo successore, Massimino. Costantino e Licinio, il successore di Severo, sottoscrissero l'Editto di Milano nel 313, che offriva un'accettazione più completa del cristianesimo di quella che l'editto di Galerio aveva fornito. Licinio spodestò Massimino Daia nel 313, ponendo fine alla persecuzione in Oriente. La persecuzione non riuscì a controllare la crescente diffusione della Chiesa. Nel 324, Costantino rimasto unico imperatore romano, fece del cristianesimo la sua religione preferita. Nonostante la persecuzione avesse provocato la morte di, secondo una moderna stima, da 3.000 a 3.500 cristiani, e la tortura, la detenzione o dislocazione di molti altri, la maggior parte dei cristiani evitò la pena. La persecuzione, tuttavia, fece distinguere molte chiese tra quelli che avevano rispettato l'autorità imperiale (i traditores) e quelli che erano rimasti "puri". Alcuni scismi, come quelli dei donatisti in Nord Africa e i Melaziani in Egitto, sopravvissero a lungo dopo le persecuzioni. I donatisti si sarebbero riconciliati con la Chiesa cattolica solo dopo il 411. Nei secoli che seguirono, alcuni cristiani crearono un "culto dei martiri" ed esagerarono le barbarie dell'era persecutoria. Queste cifre furono criticate durante l'Illuminismo e dopo, soprattutto da Edward Gibbon, basandosi anche su una frase dell'apologeta precedente Tertulliano. Gli storici moderni, come G. E. M. de ste Croix e Candida Moss, hanno tentato di determinare se le fonti cristiane esagerarono la portata della persecuzione di Diocleziano. Secondo Moss, sebbene ingigantita dagli apologeti, sarebbe comunque l'unica persecuzione accertata.
La tetrarchia di Diocleziano, imperatore romano dal 284 al 305, fu l'esempio storicamente più famoso della tetrarchia, un sistema di governo a quattro.
Quello che segue è l'elenco degli imperatori romani che governarono dal 27 a.C al 476 d.C. Per ciascuno sono riportati: il nome con cui è più comunemente conosciuto; il nome ufficioso; la data di nascita; il periodo temporale del suo regno (durante il quale fu ricevuto il titolo di augusto); la causa della morte (con la data se diversa da quella della fine del regno). Sono citati gli usurpatori (a volte la distinzione è dubbia, e in generale si segue la tradizione storica consolidata), gli imperatori che regnarono insieme, le date di eventuali associazioni al trono con il titolo di cesare. Giulio Cesare non ebbe mai il titolo di "princeps" o di "augusto" come Ottaviano: tuttavia fu dittatore dal 49 a.C. al 44 a.C., cosa mai successa in precedenza (con l'eccezione di Silla nel periodo 82 a.C.-79 a.C., il dictator poteva rimanere in carica al massimo sei mesi e così era sempre accaduto), ma soprattutto il titolo di "imperatore", nel suo significato moderno, corrisponde al titolo di cesare nella storia di Roma, almeno fino all'inizio della Tetrarchia. Svetonio infatti, nella sua opera dedicata alle Vite dei dodici Cesari, parte proprio da Giulio Cesare. Gli imperatori di Roma non furono tali nel senso moderno del termine. Ufficialmente il senato non perse mai i suoi poteri, e Augusto stesso si definiva "primus inter pares" ("il primo tra gli eguali"), rivolgendosi ai senatori. Gli imperatori romani godettero di un potere enorme, ma spesso precario, perché esposto a congiure e intrighi che interessavano spesso i familiari. L'incidenza di morti violente tra di essi aumentò notevolmente dalla Crisi del terzo secolo in poi (235-476), parallelamente alla diminuzione media degli anni di regno.
Le persecuzioni dei cristiani nell'Impero romano consistettero in atti di aggressiva intolleranza popolare e nell'assimilazione della religione cristiana ad un crimine contro lo Stato, con la conseguente condanna dei fedeli della nuova religione. Molti proclamarono comunque la propria fede accettando la prigionia, le torture, le deportazioni ed anche la morte: i martiri furono diverse migliaia. Inizialmente tuttavia le autorità locali non ricercavano attivamente i cristiani; le loro comunità continuarono così a crescere, trovando anzi nel culto dei martiri nuovo vigore. Gli imperatori Decio, Valeriano e Diocleziano, spinti anche da considerazioni politiche, ordinarono pertanto persecuzioni più attive e severe, che tuttavia non arrivarono a sradicare il cristianesimo. Nel 311 Galerio emanò l'Editto di Serdica che concedeva ai cristiani il perdono, poi confermata da Costantino I, che accordò al cristianesimo lo status di religio licita ("Editto di Milano") nel 313. Gli ultimi strascichi delle persecuzioni si sovrapposero alle prime lotte contro gli eretici; dopo pochi decenni sarebbero iniziate le persecuzioni dei pagani. Molti studiosi a partire dal XVIII secolo hanno talvolta ridimensionato la portata numerica delle persecuzioni, a loro parere esagerata dagli storici cristiani.
Gaio Galerio Valerio Massimiano (in latino: Gaius Galerius Valerius Maximianus; Serdica, 250 circa – Serdica, 5 maggio 311) è stato un imperatore romano durante la tetrarchia dal 293 fino alla sua morte nel 311. Proveniente da una famiglia provinciale di modesta estrazione socio-economica, Galerio salì rapidamente la gerarchia nell'esercito romano, fino ad essere notato dall'imperatore Diocleziano, di cui sposò la figlia Valeria e di cui divenne cesare il 1º marzo 293, ricevendo il controllo delle province orientali dell'Impero romano. Cesare era, nella riforma tetrarchica dioclezianea, un titolo imperiale subordinato a quello di Augusto, detenuto in oriente dallo stesso Diocleziano. In questa veste condusse delle campagne lungo il limes danubiano - contro Sarmati, Carpi e Bastarni (294-296) - per poi conseguire una grande e prestigiosa vittoria contro i Sasanidi sul limes orientale, a seguito della quale i Romani ottennero condizioni di pace favorevolissime (298). Pagano ed molto critico della religione cristiana, approvò, se non addirittura ispirò, la persecuzione dei cristiani decretata nel 303 dal suo superiore Diocleziano. Il 1º maggio 305 Diocleziano ed il suo collega Massimiano abdicarono in favore dei rispettivi cesari. Galerio divenne dunque l'augusto d'Oriente, con Costanzo Cloro come collega d'Occidente; la sua influenza fu ancora più vasta in considerazione del fatto che il cesare d'Oriente fu suo nipote Massimino Daia, mentre in Occidente fu nominato Flavio Severo, che aveva combattuto sotto di lui. La situazione, però, peggiorò rapidamente, quando l'anno successivo Costanzo morì: suo figlio Costantino si fece proclamare imperatore dalle truppe britanniche, mentre a Roma assunse il potere Massenzio, figlio dell'ex-collega di Diocleziano, Massimiano. Galerio inviò immediatamente Severo contro Massenzio, con l'aiuto di Massimiano, ma la morte di Severo e la fallimentare campagna di Galerio in Italia contro gli usurpatori cambiarono drasticamente gli equilibri di potere. Nel 308, alla conferenza di Carnunto, elevò Licinio direttamente al rango di augusto, riconoscendo Costantino come cesare; a seguito delle proteste contro l'elezione di Licinio, i due cesari, Costantino e Massimino Daia, si autoproclamarono a loro volta augusti nel 310. Nel frattempo Galerio cadde vittima di una lunga e dolorosa malattia; il suo ultimo atto politico fu l'editto di tolleranza del 30 aprile 311, col quale mise fine alla persecuzione di Diocleziano. Strenuo difensore della tetrarchia, la sua morte nel maggio del 311 ne segnò inesorabilmente la fine.
Flavio Valerio Aurelio Costantino, conosciuto anche come Costantino il Vincitore, Costantino il Grande e Costantino I (in latino: Flavius Valerius Aurelius Constantinus; in greco antico: Κωνσταντίνος ὁ Μέγας, Konstantínos o Mégas; Naissus, 27 febbraio 274 – Nicomedia, 22 maggio 337), è stato un imperatore romano dal 306 alla sua morte. Costantino è una delle figure più importanti dell'Impero romano, che riformò largamente e nel quale permise e favorì la diffusione del cristianesimo. Tra i suoi interventi più significativi, la riorganizzazione dell'amministrazione e dell'esercito, la creazione di una nuova capitale a oriente, Costantinopoli, e la promulgazione dell'Editto di Milano sulla libertà religiosa. La Chiesa ortodossa e le Chiese di rito orientale lo venerano come santo, presente nel loro calendario liturgico, col titolo di Eguale agli apostoli; mentre il suo nome non è presente nel Martirologio Romano, il catalogo ufficiale dei santi riconosciuti dalla Chiesa cattolica.
L'Impero romano è lo Stato romano consolidatosi nell'area euro-mediterranea tra il I secolo a.C. e il XV secolo; in questo articolo si tratta il periodo che va dalla sua fondazione, generalmente indicato con il 27 a.C. (primo anno del principato di Augusto) e il 395, quando dopo la morte di Teodosio I, l'Impero fu suddiviso dal punto di vista amministrativo ma non politico in una pars occidentalis e in una pars orientalis. L'Impero romano d'Occidente si fa terminare per convenzione nel 476, anno in cui Odoacre depone l'ultimo imperatore, Romolo Augusto, mentre l'Impero romano d'Oriente (indicato talvolta come Impero bizantino nella sua fase medievale) si protrarrà invece fino al momento della conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani nel 1453. Nella sua massima espansione, l'Impero si estendeva, in tutto o in parte sui territori degli odierni stati di: Portogallo, Spagna, Andorra, Francia, Monaco, Belgio, Paesi Bassi (regioni meridionali), Regno Unito (Inghilterra, Galles, parte della Scozia), Irlanda (piccola parte della costa orientale), Lussemburgo, Germania (regioni meridionali e occidentali), Svizzera, Austria, Liechtenstein, Ungheria, Italia, Vaticano, San Marino, Malta, Slovenia, Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo, Albania, Macedonia del Nord, Grecia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Ucraina (parte costiera sud-occidentale con Isola dei Serpenti e Podolia), Turchia, Russia, Cipro, Siria, Libano, Iraq, Armenia, Georgia, Iran, Azerbaigian, Israele, Giordania, Palestina, Egitto, Sudan (piccola parte e per limitato periodo di tempo), Libia, Tunisia, Algeria, Marocco e Arabia Saudita (piccola parte). In totale, 53 dei 196 Stati riconosciuti nel mondo, più 3 parzialmente riconosciuti, più di ogni altro impero del mondo antico. Si espandeva su tre diversi continenti. Nel 117 sotto Traiano ricopriva un'area di 5,0 milioni di km2, includendo gli stati vassalli e i regni clienti, e comprendeva circa il 15% della popolazione mondiale. L'esatta misura della superficie governata da questo potente impero in realtà non è certa, a causa della mancanza di dati precisi, di dispute territoriali e della presenza di stati clienti il cui rapporto nei confronti di Roma non è sempre chiaro. Gli storici hanno dunque proposto diverse stime comprese tra 5,0 e 5,7 milioni di km2 includendo gli stati clienti.Pur non essendo il più vasto stato dell'antichità, spettando tali primati all'impero achemenide, cinese, macedone e Xiongnu, quello di Roma è considerato il più grande per gestione e qualità del territorio, organizzazione socio-politica, e per l'importante eredità lasciata nella storia dell'umanità. In tutti i territori sui quali estesero i propri confini i romani costruirono città, strade, ponti, acquedotti, fortificazioni, esportando ovunque il loro modello di civiltà e al contempo assimilando le popolazioni e civiltà assoggettate, in un processo così profondo che per secoli ancora dopo la fine dell'impero queste genti continuarono a definirsi romane. La civiltà nata sulle rive del Tevere, cresciuta e diffusasi in epoca repubblicana ed infine sviluppatasi pienamente in età imperiale, è alla base della civiltà occidentale.
Con l'espressione crisi del III secolo ci si riferisce ad un'epoca della storia dell'Impero romano compresa all'incirca tra il 235 ed il 284, ovvero sia tra il termine della dinastia dei Severi e l'ascesa al potere di Diocleziano. Durante tale crisi si manifestarono simultaneamente situazioni estremamente problematiche su diversi fronti: dall'aumento della pressione nemica sui confini (con le invasioni barbariche del III secolo), spesso accompagnata da secessioni (come nel caso dell'Impero delle Gallie e del Regno di Palmira) e disordini interni (il che comporterà riforme strutturali della tradizionale unità militare romana, la legione), la crisi del tradizionale sistema economico e, soprattutto, una grave instabilità politica (la cosiddetta "anarchia militare"). La causa principale della crisi può essere ricercata nella fine dell'idea di impero tipica delle dinastie giulio-claudia ed antonina, basata sulla collaborazione tra l'imperatore, il potere militare e le forze politico-economiche interne. Nei primi due secoli dell'Impero la contrapposizione tra autorità politica e potere militare si era mantenuta, anche se pericolosamente (guerre civili), all'interno di un certo equilibrio, garantito anche dalle enormi ricchezze che affluivano allo Stato e ai privati tramite le campagne di conquista. Nel III secolo, però, tutte le energie dello Stato venivano spese non per ampliare, ma per difendere i confini dalle invasioni barbariche. Con l'esaurirsi della spinta espansiva delle conquiste, il peso economico e l'energia politica delle legioni finirono dunque per riversarsi all'interno dell'Impero invece che all'esterno, con il risultato che l'esercito, che era stato il fattore principale della potenza economica, finì per diventare un peso sempre più schiacciante, mentre la sua prepotenza politica diventava una fonte permanente di anarchia. La cosa più sorprendente di questa gravissima crisi è che l'Impero sia riuscito a superarla.
Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto (in latino: Gaius Iulius Caesar Octavianus Augustus; nelle epigrafi: C·IVLIVS·C·F·CAESAR·IIIVIR·RPC; Roma, 23 settembre 63 a.C. – Nola, 19 agosto 14), nato come Gaio Ottavio Turino (Gaius Octavius Thurinus) e meglio conosciuto come Ottaviano o Augusto, è stato il primo imperatore romano dal 27 a.C. al 14 d.C.Nel 27 a.C. egli rimise le cariche nelle mani del senato; in cambio ebbe un imperio proconsolare che lo rese capo dell'esercito e il Senato romano, dietro suggerimento di Lucio Munazio Planco, gli conferì il titolo di Augustus il 16 gennaio del 27 a.C., cioè il più autorevole fra i politici di Roma e il suo nome ufficiale fu da quel momento Imperator Caesar Divi filius Augustus (nelle epigrafi IMPERATOR·CAESAR·DIVI·FILIVS·AVGVSTVS).Augusto volle trasmettere l'immagine di sé come principe pacifico e quella di Roma come trionfatrice universale attraverso un uso accorto delle immagini, l'abbellimento della città di Roma, la tutela degli intellettuali che celebravano il principato, la riqualificazione del senato e dell'ordine degli equites. Dal punto di vista amministrativo, le riforme di Augusto furono importanti e durature. Attribuì le province non pacificate a legati imperiali scelti da lui stesso, lasciando le altre a proconsoli di rango senatorio; tutti però rispondevano all'imperatore. Augusto tenne per sé l'Egitto, sotto il governo di un suo prefetto. Riformò il sistema fiscale e monetario. Riorganizzò l'amministrazione della città di Roma attribuendo ad alti funzionari statali la cura dell'urbanistica, la responsabilità dell'approvvigionamento alimentare e la gestione delle acque.