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La tragedia greca è un genere teatrale nato nell'antica Grecia, la cui messa in scena era, per gli abitanti della Atene classica, una cerimonia di tipo religioso con forti valenze sociali. Sorta dai riti sacri della Grecia e dell'Asia minore, raggiunse la sua forma più significativa (o nota) nell'Atene del V secolo a.C. Precisamente, la tragedia è l'estensione in senso drammatico (ossia secondo criteri prettamente teatrali) di antichi riti in onore di Dioniso, dio dell'estasi, del vino, dell'ebbrezza e della liberazione dei sensi. Come tale fu tramandata fino al romanticismo, che apre, molto di più di quanto non avesse fatto il Rinascimento, la discussione sui generi letterari. Il motivo della tragedia greca è strettamente connesso con l'epica, ossia il mito, ma dal punto di vista della comunicazione la tragedia sviluppa mezzi del tutto nuovi: il mythos (μῦθος, "parola", "racconto") si fonde con l'azione, cioè con la rappresentazione diretta (δρᾶμα, "dramma", deriva da δρὰω, "agire"), in cui il pubblico vede con i propri occhi i personaggi che compaiono come entità distinte che agiscono autonomamente sulla scena (σκηνή, in origine il tendone dei banchetti), provvisti ciascuno di una propria dimensione psicologica. I più importanti e riconosciuti autori di tragedie furono Eschilo, Sofocle ed Euripide, che affrontarono i temi più sentiti della Grecia del V secolo a.C. Uno dei problemi storici nell'accostarsi alla tragedia greca è il constatare che, malgrado sia noto (e intuibile dalla straordinaria diffusione dei teatri nelle città greche, soprattutto dopo il IV secolo a.C.) che i greci amassero il teatro, in particolare quello tragico, sono pochissimi i testi giunti intatti sino a noi (ad esempio su 79 opere di Eschilo di cui si conosce il titolo ne sono oggi rimaste solo 7). Possiamo immaginare che esistessero molti autori a noi ignoti fuori da Atene, così come diversi autori (ateniesi e non) sono conosciuti solo per il loro nome. Sappiamo che alcuni autori ateniesi (come Eschilo) erano conosciuti, amati e rappresentati anche a Siracusa, ma non sappiamo come procedesse la diffusione delle opere teatrali ateniesi fuori da quella città, né se ad Atene si rappresentassero anche opere di provenienza straniera. La nostra conoscenza del dramma greco va quindi considerata incompleta e soggetta a pericolose strozzature nella trasmissione delle fonti, forse anche di carattere ideologico (alcuni tragici greci erano partigiani della democrazia ateniese e molti politicamente impegnati, anche contro la democrazia, con un conseguente forte rischio di censura dopo la fine di quell'esperienza politica, un fenomeno che potrebbe essersi ripetuto anche in altre realtà).
Le Baccanti (in greco antico Βάκχαι / Bákchai) è una tragedia di Euripide, scritta mentre l'autore era alla corte di Archelao, re di Macedonia, tra il 407 ed il 406 a.C. Euripide morì pochi mesi dopo averla completata.L'opera fu rappresentata ad Atene pochi anni dopo, probabilmente nel 403 a.C., sotto la direzione del figlio (o nipote) dell'autore, chiamato anch'egli Euripide. Venne messa in scena nell'ambito di una trilogia che comprendeva anche Alcmeone a Corinto (oggi perduta) e Ifigenia in Aulide. Tale trilogia di opere fruttò all'autore una vittoria postuma alle Grandi Dionisie di quell'anno.
Ippolito è una tragedia di Euripide, rappresentata per la prima volta ad Atene, alle Grandi Dionisie del 428 a.C., dove vinse il primo premio. Il suo titolo completo è Ippolito coronato (Ἱππόλυτος στεφανοφόρος / Hippólytos stephanophóros), per distinguerla da una precedente tragedia euripidea (oggi perduta), l'Ippolito velato, di cui il Coronato è un rifacimento.
Alcesti (in greco antico: Ἄλκηστις, Álkēstis) è una tragedia di Euripide, rappresentata probabilmente alle Dionisie del 438 a.C. (è la tragedia euripidea più antica giunta a noi). La sua tetralogia tragica comprendeva anche le tragedie Le Cretesi, Alcmeone a Psofide e Telefo. Di solito, le tetralogie si concludevano con un dramma satiresco: in questo caso il suo posto fu occupato da una tragedia a lieto fine come Alcesti. Alcuni critici, spinti da questo particolare e da altri (ad esempio il tono un po' farsesco del personaggio di Eracle) hanno ritenuto che l'opera non fosse affatto una tragedia, ma un dramma satiresco. Altri, invece, hanno considerato il dramma come una sorta di "fiaba", in quanto Apollo, già nel prologo, ne annuncia il lieto fine.
Helen of Troy - Il destino di un amore (Helen of Troy) è una miniserie televisiva in due puntate co-prodotta da Stati Uniti, Malta e Grecia nel 2003, e diretta da John Kent Harrison. Ispirata al poema epico L'Iliade, racconta la vicenda di Elena di Troia, interpretata da Sienna Guillory. Trasmessa negli Stati Uniti il 20 e 21 aprile 2003 sulla rete USA Network, in Italia è andata in onda in prima serata su Italia 1 il 30 e 31 maggio 2004.
Elena Radonicich (Moncalieri, 5 febbraio 1985) è un'attrice italiana.
Elena Ferrante (Napoli, 5 aprile 1943) è una scrittrice italiana. Il settimanale Time nel 2016 l'ha inserita tra le 100 persone più influenti al mondo.
Elena Fabrizi (Roma, 17 giugno 1915 – Roma, 9 agosto 1993) è stata un'attrice, cuoca e conduttrice radiofonica italiana.
Elena di Troia (conosciuta anche come Elena di Sparta) è una figura della mitologia greca assurta, nell'immaginario europeo, a icona dell'eterno femminino. Proprio questa sua caratteristica archetipica fa sì che, nell'immensa letteratura nata attorno alla sua figura, Elena venga raramente considerata responsabile dei danni e lutti provocati dalle contese nate per appropriarsi della sua bellezza. Secondo alcune versioni del mito, la madre di Elena, Leda, era moglie di Tindaro, re di Sparta. Leda partorì quattro bambini, di cui due, Polluce ed Elena, sarebbero stati figli di Zeus, che si era congiunto a Leda sotto forma di cigno mentre gli altri due nati Castore e Clitennestra, erano invece stati concepiti da Tindaro. Il mito narra anche che fosse figlia d'Oceano o di Afrodite. La versione più suggestiva della sua nascita racconta invece che essa fosse venuta al mondo uscendo da un uovo, frutto dell'unione tra la dea Nemesi e Zeus, il quale la inseguì per quasi tutto il globo per ottenerla, sotto forma di diversi animali.