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Publio Virgilio Marone, noto semplicemente come Virgilio o Vergilio (in latino: Publius Vergilius Maro, pronuncia classica o restituta: [ˈpuːblɪ.ʊs wɛrˈɡɪlɪ.ʊs ˈmaroː]; Andes (Mantova), 15 ottobre 70 a.C. – Brindisi, 21 settembre 19 a.C.), è stato un poeta romano, autore di tre opere, tra le più famose della letteratura latina: le Bucoliche (Bucolica), le Georgiche (Georgica), e l'Eneide (Æneis). Al poeta vengono attribuiti anche una serie di componimenti giovanili, la cui autenticità è oggetto di dubbi e di complicate controversie, che si è soliti indicare in un'unica raccolta, nota col titolo di Appendix Vergiliana (Appendice Virgiliana). Virgilio, per il senso sublime dell'arte e per l'influenza che esercitò nei secoli, fu il massimo poeta di Roma, nonché l'interprete più completo e più schietto del grandioso momento storico che, dalla morte di Giulio Cesare, conduce alla fondazione del Principato e dell'Impero ad opera di Augusto. L'opera di Virgilio, presa a modello e studiata fin dall'antichità, ha avuto una profondissima influenza sulla letteratura e sugli autori occidentali, in particolare su Dante Alighieri e la sua Divina Commedia, nella quale Virgilio funge anche da guida dell'Inferno e del Purgatorio.
Enea (in greco antico: Αἰνείας, Aineías; in latino: Aenēās, -ae) è una figura della mitologia greca e romana, figlio del mortale Anchise (cugino del re di Troia Priamo) e di Afrodite/Venere, dea della bellezza. Principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte di Priamo e dei Troiani, durante la quale si distinse molto presto in battaglia. Guerriero molto valente, fu un eroe troiano secondo solo a Ettore, ma assume un ruolo di minor rilievo all'interno dell'Iliade di Omero. Enea è il protagonista dell'Eneide di Virgilio, poema in cui si narrano le vicende successive alla sua fuga da Troia, caratterizzate da lunghe peregrinazioni e da numerose perdite causate dall'ira di Giunone. La vicenda si conclude con il suo approdo sulle sponde del Lazio e con il suo matrimonio con la principessa Lavinia, figlia del re locale Latino.La figura di Enea, archetipo dell'uomo obbediente agli dèi e umile di fronte alla loro volontà, è stata ripresa da numerosi autori antichi, posteriori a Virgilio e a Omero, come Quinto Smirneo nei Posthomerica. È un eroe destinato dal fato alla fondazione di Roma.
Romolo e Remo (o, secondo alcuni autori antichi, Romo) sono, nella tradizione mitologica romana, due fratelli gemelli, uno dei quali, Romolo, fu il fondatore eponimo della città di Roma e suo primo re. La data di fondazione è indicata per tradizione al 21 aprile 753 a.C. (detto anche Natale di Roma e giorno delle Palilie). Secondo la leggenda erano figli di Rea Silvia (Rhea Silvia), discendente di Enea, e di Marte.
Il cavallo di Troia è una macchina da guerra che, secondo la leggenda, fu usata dai greci per espugnare la città di Troia. Questo termine è entrato nell'uso letterario, ma anche nel linguaggio comune, per indicare uno stratagemma con cui penetrare le difese.
Eurialo e Niso (in latino Euryalus e Nisus) sono due personaggi che compaiono in due episodi dell'Eneide di Virgilio. Giovani guerrieri profughi di Troia, costituiscono un grande esempio di amicizia e di valori che Virgilio teneva a riportare in vita con la sua opera. Il particolare rapporto che li lega è definito dall'autore "amore", ciò che nel contesto dell'epoca va inteso come serena manifestazione di continuità tra l'amicizia fraterna e l'affettuosità omoerotica. Non è l'unico caso nel poema: anche tra gli italici nemici dei troiani vi è una coppia siffatta, quella costituita dai due giovani latini Cidone e Clizio.
L'Eneide è la traduzione di Annibale Caro dell'opera di Publio Virgilio Marone. Fu composta fra il 1563 e il 1566 e pubblicata postuma a Venezia, nel 1581.
Didone è una figura mitologica. Persona di grande importanza, è la fondatrice e prima regina di Cartagine ed era stata precedentemente regina consorte del regno fenicio di Tiro. Secondo la narrazione virgiliana dell'Eneide, si innamorò dell'eroe troiano Enea, figlio di Anchise, quando egli approdò a Cartagine colpa di una tempesta causata da Giunone prima di arrivare nel Lazio, ed ebbero una relazione. Disperata per la partenza improvvisa di Enea, costretto dal Fato, Didone si uccise con la spada di Enea, chiedendo al suo popolo di vendicarla e profetizzando i futuri scontri tra Cartagine e i discendenti di Enea, futuri romani.