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Generalmente l'origine di Macerata viene fatta risalire alla città romana Helvia Recina, evoluzione di una preesistente città italica forse del III secolo a.C. abitata dai Piceni. I resti del teatro romano del II secolo d.C. sono oggi la testimonianza più importante dell'antica città e testimoniano la prosperità dell'insediamento; nel IV o V secolo le invasioni dei Goti costrinsero la maggior parte dei ricinesi a spostarsi sulle colline dove furono fondati i centri medievali di Macerata e Recanati. Nel 1320 la decisione di papa Giovanni XII di concedere a Macerata la sede vescovile comportò per la città sia un aumento della popolazione sia un aumento dell'importanza politica grazie alla fedeltà allo Stato Pontificio. Nella seconda metà del XIII sec. quasi ovunque gli ordinamenti comunali si trasformarono in signorie e questo avvenne anche a Macerata, l'esercizio del potere passò nelle mani di un solo individuo rappresentante delle forze borghesi. Il XVI secolo fu il periodo d'oro della città, la vita cittadina fu caratterizzata da un fiorente livello politico sia a livello economico, furono conclusi i lavori alla cinta muraria e fu ristrutturata la piazza centrale. Il secolo si conclude con una città completamente trasformata sia a livello edilizio che a livello urbanistico in senso stretto e soprattutto la città è in netta espansione. Da ricordare che nel fervore culturale che vide nascere in Italia in questo secolo tante accademie culturali, il 2 luglio 1574 Gerolamo Zoppio - professore di poetica, retorica e filosofia morale nell'Università di Macerata, noto per i suoi studi su Dante e sul Petrarca - fondò l'Accademia dei Catenati. Nel XVII L'accentramento dei poteri a Roma, provocato dalla bolla papale De Bono Regimine di papa Clemente VIII nel 1592, si fece risentire, a distanza di anni, anche a livello di vicinanza allo Stato Pontificio; all'interno della classe borghese, che negli anni si era rinforzata, stavano attecchendo le prime idee illuministiche che venivano dall'estero, combattute con molta foga dal clero. Il secolo si chiuse con l'arrivo dell'esercito napoleonico, che era sceso in Italia ed aveva occupato anche le Marche; l'evento portò grande entusiasmo tra i borghesi e tra alcuni popolani, perché vedevano concretizzate le loro idee di giustizia e di libertà. Dopo alcuni momenti, vista anche la soppressione degli ordini religiosi e la forte pressione fiscale, l'entusiasmo si trasformò in un forte sentimento di reazione, che nel 1799 sfociò in un duro moto che costrinse le truppe napoleoniche a fuggire dalla città. Queste però tornarono più forti di prima e dopo cinque giorni di battaglia, il 5 luglio, riuscirono a fare una breccia e ad entrare dandosi al saccheggio. Molti maceratesi presero parte nell'Ottocento alle campagne per l'indipendenza dell'Italia. Il 1º gennaio 1849 la città fu interessata dalla venuta di Giuseppe Garibaldi e della sua legione. Nello stesso mese cominciò la campagna elettorale. I cittadini maceratesi accolsero la pubblicazione dei decreti che sancivano le future elezioni con entusiasmo, votando anche lo stesso Garibaldi che però, con 2069 voti, arrivò solo tredicesimo. Tra l'estate e l'autunno 1859 il movimento liberale maceratese andò rafforzandosi a seguito del tentativo di Garibaldi di annettere l'Italia centrale. Questi fu poi bloccato da Vittorio Emanuele II a causa dell'ostilità dei governi toscano e romagnolo. Comunque durante questo periodo i liberali maceratesi avevano guadagnato molti consensi dai cittadini, a partire dalla nobiltà e dalla borghesia fino alle classi più basse, ai preti e parte dell'arma dei carabinieri. Il 9 ottobre 1860 Vittorio Emanuele II giunse a Macerata accolto da grandi festeggiamenti e dal commissario a capo della città, Luigi Tegas. Le votazioni, riguardanti l'annessione allo Stato liberale o la permanenza nello Stato Pontificio, si svolsero tra il 4 e il 5 novembre di quell'anno. Il voto espresse una pressoché totale aderenza agli ideali del Regno di Sardegna: su 4127 voti totali infatti il 99.44% di essi accolse favorevolmente l'annessione al Regno d'Italia. Essa si realizzò il 17 dicembre 1860, con un decreto firmato a Napoli da Vittorio Emanuele II.Con l'avvento del fascismo, anche a Macerata, ci furono gravi problemi di ordine pubblico per motivi politici; infatti dopo la marcia su Roma i fascisti anche in città presero il potere e diedero la caccia ai socialisti. Negli anni successivi due podestà moderati (Benignetti e Magnalbò) evitarono gravi atti di intolleranza e promossero opere pubbliche. Macerata venne definitivamente liberata il 30 giugno 1944 per mano di reparti di paracadutisti della Nembo e avanguardie del II° Corpo d’armata polacco, secondo alcune versioni, preceduti di qualche ora dai partigiani delle Bande Nicolò del Comandante Augusto Pantanetti. L'economia torna a girare soprattutto grazie all'agricoltura, al commercio e al terziario vero motore economico della città nel Novecento. Intorno agli anni cinquanta il problema principale fu quello di trovare un tetto per i moltissimi sfollati così si ampliarono diverse zone (le Casette, le Fosse, Ficana e le Vergini) e si crearono nuovi quartieri popolari come: la Pace, le Casermette (cioè San Francesco), il rione Marche e nei decenni successivi le Due Fonti, Collevario e Colleverde. Negli anni ottanta la città tocca il suo massimo picco demografico grazie anche all'edificazione di case popolari a Piediripa, Sforzacosta e Villa Potenza. Nei primi anni novanta come in gran parte d'Italia arriva una ventata d'immigrazione che non porta grande criminalità soprattutto grazie alla buona integrazione.
Franco Corleone (Milano, 29 settembre 1946) è un politico italiano, esponente dei Verdi Arcobaleno e della Federazione dei Verdi e già parlamentare europeo. È subentrato al Parlamento europeo nel luglio 1989 dopo essere stato candidato alle elezioni del 1989 per la lista dei Verdi Arcobaleno. È stato membro della Commissione per l'energia, la ricerca e la tecnologia.
La Banda della Magliana è stata un'organizzazione criminale mafiosa nata ed operante a Roma e nel resto del Lazio. Il nome, attribuito dalla stampa dell'epoca, deriva dall'omonimo quartiere romano nel quale risiedevano alcuni dei fondatori e la maggior parte dei membri. In realtà anche se alcuni importantissimi membri del nucleo fondatore erano nativi della Magliana, ce n'erano tanti altri originari di altri quartieri della capitale, essendosi la stessa estesa su tutta la città, dove poteva contare sulla connivenza di malavitosi di alto livello. È considerata la più potente e violenta organizzazione criminale che abbia mai operato a Roma. Nata nella seconda metà degli anni settanta, fu la prima organizzazione criminale romana a unificare in senso operativo la frastagliata realtà della malavita locale, costituita fino ad allora da piccoli gruppi di criminali detti "batterie" o "paranze" dediti a crimini specifici, che imponevano ai propri membri un vincolo di esclusività che vietava potessero dedicarsi a imprese criminali che non fossero concordate con gli altri e di reciprocità dividendo i proventi dei crimini in parti uguali anche fra i membri che non partecipavano (in romanesco: "stecca para pe' tutti"). Le attività criminali andavano dai sequestri di persona al controllo del gioco d'azzardo e delle scommesse ippiche, dalle rapine al traffico di droga; col tempo la banda estese la propria rete di contatti alle principali organizzazioni criminali italiane, da Cosa nostra alla camorra, nonché a esponenti della massoneria in Italia, oltre a numerose collaborazioni con elementi della destra eversiva e della finanza. La storia dell'organizzazione, fatta anche di legami mai del tutto chiariti con politica e apparati istituzionali statali, la vide coinvolta in alcune vicende quali l'omicidio del giornalista Mino Pecorelli, il caso Moro, i depistaggi nella strage di Bologna, i rapporti con l'organizzazione Gladio e con l'omicidio del banchiere Roberto Calvi, fino alla sparizione di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e all'attentato a Giovanni Paolo II.
L'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 fa parte di una serie di straripamenti del fiume Arno che hanno mutato, nel corso dei secoli, il volto della città di Firenze. Avvenuta nelle prime ore di venerdì 4 novembre 1966 fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo che causò forti danni non solo a Firenze, ma anche a Pisa, in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il Paese. Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze, ma l'intero bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione causò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e sommergendo completamente la città di Grosseto. Nel frattempo, altre zone d'Italia vennero devastate dall'ondata di maltempo: molti fiumi del Veneto, come il Piave, il Brenta e il Livenza, strariparono, e ampie zone del Polesine furono allagate portando anche all'alluvione di Venezia; in Friuli lo straripamento del Tagliamento coinvolse ampie zone e comuni del suo basso corso, come Latisana; in Trentino la città di Trento fu investita pesantemente dallo straripamento dell'Adige.