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Il Libro di Ezechiele (ebraico יחזקאל, yehzqè'l; greco Ιεζεκιήλ, iezekiél; latino Ezechièl) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana. È scritto in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea nel V secolo a.C., sulla base di oracoli precedenti attribuiti al profeta Ezechiele datati tra il 592-571 a.C. circa, proferiti nel Regno di Giuda e nell'Esilio di Babilonia. È composto da 48 capitoli e il tema specifico del libro è quello dell'invito alla sottomissione a Dio, sempre con il suo popolo anche se questo è in esilio a Babilonia: alla fine Israele sarà vittorioso e Gerusalemme e il tempio saranno ricostruiti.
Il Libro di Daniele (ebraico דניאל, Daniy'èl; greco Δανιήλ, Danièl; latino Daniel) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nell'Antico Testamento di quella cristiana. Il Canone ebraico annovera il libro di Daniele tra i Ketuvim, quello cristiano tra i libri profetici. Esso descrive alcune vicende ambientate nell'esilio di Babilonia (587-538 a.C.) del profeta Daniele, saggio ebreo che rimane fedele a Dio, e visioni apocalittiche preannuncianti il Figlio dell'Uomo-Messia e il regno di Dio. Secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea in epoca maccabea, circa al tempo della morte di Antioco IV Epifane, avvenuta nel 164 a.C. ("Questi e altri dati spingono a collocare ragionevolmente il libro di Daniele nel 165 a.C.") Il libro, infatti, contiene riferimenti storici attribuibili all'età ellenistica dei Seleucidi e mostra, dal punto di vista letterario, caratteristiche ritenute tardive quali la presenza dei generi letterari haggadico e apocalittico e, da quello teologico, un'angelologia molto sviluppata e la risurrezione corporea dei morti. È scritto in ebraico ma contiene una estesa sezione in aramaico (Dan 2,4-7,28). Le versioni greche (la "Settanta" e Teodozione) e la Peshitta siriaca contengono anche alcune sezioni assenti nel testo masoretico (Preghiera di Azaria e Cantico dei tre giovani nella fornace; Storia di Susanna; Bel e il Drago), per le quali si ipotizza un originale semitico.
Isaia (in ebraico יְשַׁעְיָהוּ, latino Isaias, "il Signore salva"; 765 a.C. circa – VIII secolo a.C.) è stato un profeta ebreo. Egli è uno dei cinque maggiori profeti biblici, al quale se ne attribuisce un libro: il cosiddetto libro di Isaia. Considerato insieme ad Elia uno dei profeti più importanti di tutta la Bibbia, gli succederanno Geremia, Ezechiele e Daniele. Isaia non era un sacerdote ma un levita della Tribù di Levi i quali erano consacrati al culto divino e per questo non ebbero possedimenti terrieri quando Israele si insediò nella terra promessa. Quindi (cap. 6) né lui né i suoi figli erano discendenti di Iesse cioè della Tribù di Giuda (cap. 11). Le sue profezie avevano dunque natura messianica (cap. 7).
Pio II, nato Enea Silvio Piccolomini (Corsignano, 18 ottobre 1405 Ancona, 14 agosto 1464), stato il 210 papa della Chiesa cattolica dal 1458 alla morte.
Daniele (in ebraico: דָּנִיּאֵל?, Daniy'el; ... – VI secolo a.C.) è stato un profeta ebraico. Il suo nome ha in ebraico il significato di "Dio giudica"; un nome simile si riscontra anche nella letteratura ugaritica per altre figure di saggi. È il personaggio principale e l'apparente autore del Libro di Daniele, che narra vicende collocate temporalmente durante l'esilio di Babilonia a partire dal 605 a.C. Nel Canone ebraico il libro non è classificato fra i libri profetici, ma tra i Ketuvim. Daniele, invece, è considerato come l'ultimo dei quattro grandi profeti dell'Antico Testamento cristiano (ed è anche ritenuto santo dalle Chiese cristiane), perché il suo libro è ritenuto contenere profezie su Gesù Cristo. La maggioranza degli studiosi contemporanei ritiene oggi che il libro di Daniele sia un'opera pseudoepigrafa scritta nel 165 a.C. e attribuita convenzionalmente a un "Daniele (Dan'el)", figura proverbiale di saggio citata in alcuni testi ugaritici. Un "saggio Daniele" è citato anche nel Libro di Ezechiele, libro biblico del V secolo a.C.
Profezia biblica o profezia ebraica usualmente indica la predizione di eventi futuri in base all'azione, funzione, o facoltà di un profeta. Tali predizioni sono ampiamente distribuite in tutta la Bibbia, ma quelle più citate sono tratte dal Libro di Ezechiele, Libro di Daniele, Matteo 24, Matteo 25 e Apocalisse di Giovanni. Coloro che credono nella profezia biblica si dedicano allo studio esegetico ed ermeneutico delle Scritture con la convinzione che contengano descrizioni di politica globale, disastri naturali, il futuro di Israele come nazione, l'arrivo del Messia e dell'era messianica, il destino finale dell'uomo. Alcune profezie della Bibbia sono condizionali, con le condizioni assunte implicitamente o esplicitamente. Alcuni brani profetici sono descritti come enunciati diretti da Dio mentre altri sono espressi come una prospettiva privilegiata dell'autore biblico considerato un profeta. Generalmente si crede che i profeti biblici abbiano ricevuto rivelazioni da Dio, durante le quali o per poi registrarle nei rispettivi scritti.
I Profeti minori (detti anche i dodici profeti) sono gli autori di dodici libri profetici della Bibbia, considerati un unico libro nella Tanakh dagli ebrei (Libro dei dodici) e contati separatamente nell'Antico Testamento dai cristiani. Sono definiti "minori" per la brevità dei loro libri in contrapposizione con quelli degli altri autori di libri profetici, detti maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, quest'ultimo, però, considerato tale solo nella tradizione cristiana. La dicitura di ambiente ebraico è תרי עשר (tərê ʿaśar, 'i dodici' in aramaico), quella greca Μικροί προφήτες (mikròi profétes, 'profeti minori') o Δωδεκαπροφήτον (Dodekaproféton, 'dodici profeti'). L'ordine dei dodici libri nel testo masoretico (e perciò nelle bibbie ebraiche, cattoliche e protestanti) è: Nella Bibbia dei LXX, invece, il libro di Gioele è collocato al quarto posto e quello di Michea al terzo. Questo ordine è tuttora seguito dai cristiani ortodossi. L'ordine segue approssimativamente la cronologia della vita dei profeti, non l'ordine di redazione dei testi. I primi sei profeti (tranne Gioele) risalgono al periodo assiro antico. La collocazione di Gioele subito prima di Amos, anche in assenza di riferimenti biografici, è motivata dalla concordanza di Amos 1.1-2 con Gioele 4,16. Il Libro di Amos descrive «le visioni riguardo a Israele, al tempo di Ozia re della Giudea, e al tempo di Geroboamo figlio di Ioas, re di Israele, due anni prima del terremoto», collocandosi in un'età successiva alla seconda metà dell'VIII secolo a.C. I successivi tre profeti vissero nel tardo periodo assiro e gli ultimi tre in età persiana. La redazione finale dei testi risale al periodo persiano (538-332 a.C.), tranne il caso del libro di Giona (libro di cui Giona è il principale personaggio, non l'autore) risalente al periodo ellenistico. In Atti 7:51-53, santo Stefano protodiacono e martire afferma che tutti profeti furono uccisi e perseguitati da una parte dei padri degli Ebrei.