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Vexilla regis prodeunt inferni (Si avvicinano/Avanzano i vessilli del re dell'Inferno) è il primo verso del XXXIV canto dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Dopo aver attraversato le prime tre zone di Cocito, l'ultimo cerchio dell'Inferno, Dante e Virgilio giungono al centro del lago di ghiaccio, da cui si erge a mezzo busto Lucifero. Virgilio lo presenta a Dante attraverso una parafrasi del verso iniziale dell'Inno alla Croce di San Venanzio Fortunato, vescovo di Poitiers che, in occasione dell'arrivo di una reliquia della Santa Croce da Costantinopoli, inviata alla regina Santa Radegonda, scrisse quest'inno. Virgilio aggiunge però il termine latino "inferni" in senso ironico, ossia per fare del principe del Male una parodica antitesi della Santa Croce, portatrice di salvezza all'umanità.
Il canto trentaquattresimo dell'Inferno di Dante Alighieri si svolge nella quarta zona del nono cerchio, nella ghiaccia del Cocito, dove sono puniti i traditori dei benefattori; siamo alla sera del 9 aprile 1300 (Sabato Santo), o secondo altri commentatori del 26 marzo 1300. Si tratta dell'ultimo canto dell'Inferno: Dante e Virgilio vi vedono Lucifero, principio di ogni male, e scendono al centro della Terra lungo il suo corpo, fino a risalire poi sull'altro emisfero dove si trova il Purgatorio, oggetto della cantica successiva.
L'Inferno è la prima delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri, corrispondente al primo dei Tre Regni dell'Oltretomba dove regna Lucifero (che originariamente significava «angelo della luce») e il primo visitato da Dante nel suo pellegrinaggio ultraterreno, viaggio destinato a portarlo alla Salvezza. Il mondo dei dannati, suddiviso secondo una precisa logica morale derivante dall'Etica Nicomachea di Aristotele, è frutto della somma e della sintesi del sapere a lui contemporaneo. L'inferno dantesco è il luogo della miseria morale in cui versa l'umanità decaduta, privata ormai della Grazia divina capace di illuminare le azioni degli uomini. Le successive cantiche sono il Purgatorio ed il Paradiso.
E quindi uscimmo a riveder le stelle (Inferno XXXIV, 139), è l'ultimo verso dell'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri. Dopo aver faticosamente attraversato la natural burella che collega l'Inferno alla spiaggia dell'Antipurgatorio, Dante e Virgilio alla fine contemplano lo stellato cielo notturno dell'altro emisfero: è un presagio del nuovo cammino di luce e di speranza dopo le tenebre precedenti, "come pura felicità dello sguardo".Le stelle, osservava Attilio Momigliano, sono la meta di Dante e per questo motivo ricorrono nel verso finale di ogni cantica della Commedia: una rispondenza che «non è pura simmetria, ma espressione del motivo ideale che corre attraverso il poema e lo innalza costantemente verso la meta».