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Il Palazzo di Sanssouci (dal francese sans souci, "senza preoccupazioni") si trova nella parte orientale dell'omonimo parco ed è uno dei più famosi castelli di Potsdam, capitale del Brandeburgo. Fra il 1745 e il 1747 Federico II il Grande, re di Prussia, fece erigere una piccola residenza estiva in stile rococò, sulla base di schizzi da lui stesso disegnati. Il progetto fu affidato all'architetto Georg Wenzeslaus von Knobelsdorff. Nel 1841 l'edificio fu ampliato con l'aggiunta di due ali laterali per volere di Federico Guglielmo IV, i cui abbozzi furono trasformati in progetto dall'architetto Ludwig Persius. Nel 1990 i castelli e i giardini del parco di Sanssouci sono stati inclusi dall'UNESCO nella lista dei patrimoni dell'umanità. Secondo la descrizione fatta dalla Commissione tedesca per l'UNESCO, "il castello e il parco di Sanssouci, spesso indicati come la Versailles prussiana, sono una sintesi delle tendenze artistiche del XVIII secolo nelle città e presso le corti europee. L'insieme è un eccezionale esempio di creazione architettonica e organizzazione del paesaggio sullo sfondo intellettuale dell'idea monarchica di Stato". La collocazione del palazzo di Sanssouci su una collina coltivata a vigneto riflette un ideale di armonia fra l'uomo e la natura, in un paesaggio ordinato dall'intervento umano. Il palazzo, nel mezzo della natura, con l'ampia vista sulla campagna circostante, era il luogo nel quale Federico II intendeva risiedere "senza preoccupazioni", coltivando i suoi interessi personali e artistici. Non si trattava dunque di un edificio destinato alla corte e all'esercizio delle funzioni di governo, quanto invece di un vero e proprio rifugio privato del re e dei suoi ospiti più intimi.
Il termine Barocco fu introdotto nella storiografia per classificare le tendenze stilistiche che segnano l'architettura la pittura e la scultura, e per estensione la poesia e la letteratura tra il XVII secolo e la prima metà del XVIII. Il termine "barocco" fu utilizzato in campo musicale, per definire lo stile della musica a partire ai primi del Novecento, come vediamo nel saggio di Curt Sachs Barokmusik del 1919.In campo musicale il Barocco può essere considerato come uno sviluppo di idee maturate nel tardo Rinascimento ed è perciò difficile, e anche arbitrario, voler stabilire una netta demarcazione cronologica precisa di inizio e di fine del periodo barocco in musica. Dal punto di vista geografico, la musica barocca ha origini in Italia, grazie al lavoro di compositori come Claudio Monteverdi, benché verso la metà del XVII secolo essa iniziò a prendere piede e svilupparsi anche in altri paesi europei, sia attraverso i musicisti italiani (compositori, cantanti, strumentisti) che vi erano emigrati, sia attraverso i compositori autoctoni che svilupparono un autonomo indirizzo stilistico, come per esempio in Francia dalla seconda metà del XVII secolo. Attualmente il termine "musica barocca" è rimasto convenzionalmente in uso per indicare indistintamente qualunque genere di musica evolutosi fra il tramonto della musica rinascimentale e il sorgere dello stile galante e poi di quello classico, in un arco cronologico che, secondo gli schemi di periodizzazione adottati dai maggiori dizionari e repertori bibliografici musicali andrebbe dal 1600 (prima opera giunta integra fino a noi) al 1750 (morte di Johann Sebastian Bach) Il termine "musica barocca", pur entrato nel linguaggio comune, e la relativa periodizzazione, tuttavia, non sono praticamente più utilizzati dalla musicologia, a causa dell'estrema varietà di stili e dell'eccessiva ampiezza temporale e geografica, che non consente di vedere in modo unitario e coerente diverse manifestazioni dell'arte musicale. Del problema era già cosciente il musicologo Manfred Bukofzer che nel 1947 pubblicò il libro Music in the Baroque Era from Monteverdi to Bach, a lungo rimasto manuale di riferimento, in cui significativamente preferiva parlare, già dal titolo, di Musica nell'età barocca e non di "musica barocca". In altre parole per Bukofzer la musica barocca, intesa come uno stile unitario ed organico, non esisteva. Per questo motivo proponeva di adottare, invece, il criterio della distinzione tra i tre grandi stili che attraversano la musica occidentale tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento: lo stile concertante italiano, lo stile contrappuntistico tedesco e lo stile strumentale francese; operando, poi, un'ulteriore bipartizione, ovvero quella tra idioma strumentale e idioma vocale. Esso tuttavia presuppone una rigida visione dei fenomeni musicali legati a un'ideologia nazionalistica di stampo ottocentesco, contraddetta dai fatti storici, che non tiene in debito conto la circolazione di idee, pratiche sociali e musicali, come pure di musicisti e musiche nell'Europa del XVII e XVIII secolo. Nel 1982, in un volume della Storia della musica a cura della Società Italiana di Musicologia, dedicato alla musica del XVII secolo, il musicologo Lorenzo Bianconi rifiutava di usare il termine "barocco" o anche "musica dell'età barocca", a motivo dei fenomeni diversi e antitetici, e dell'eterogeneità di tante correnti e tradizioni che caratterizzano la musica di quell'epoca storica. In generale, oggi, in campo musicologico più che di "musica barocca" si preferisce talvolta parlare di "musica del Seicento", estendendo questa periodizzazione non soltanto alle musiche prodotte nel XVII secolo, ma anche a quelle di compositori nati in quel secolo, oppure di scorporare il primo Settecento, definendolo come "l'età di Bach e Handel", massimi compositori dell'epoca, legati al linguaggio musicale ereditato dal Seicento e a una scrittura fondata sul contrappunto, pur fondato sulla moderna tonalità e sull'armonia che ne consegue, e sul suo sfruttamento in senso espressivo. La musica dei due sommi compositori tedeschi è caratterizzata da elementi tanto dello stile italiano che francese, da loro magistralmente assorbiti, elaborati e adoperati in modo originale nella loro produzione.
Antonio Lucio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741) è stato un compositore e violinista italiano, considerato tra i massimi esponenti del barocco musicale. Sacerdote, pur non potendo celebrare la Messa per motivi di salute, era detto "il Prete rosso" per il colore dei capelli. Fu uno dei violinisti più virtuosi del suo tempo e uno dei più grandi compositori di musica barocca. Considerato il più importante, influente e originale musicista italiano della sua epoca, Vivaldi contribuì significativamente allo sviluppo del concerto, soprattutto solistico (un genere iniziato da Giuseppe Torelli), e della tecnica del violino e dell'orchestrazione. Non trascurò inoltre l'opera in musica, e la sua opera compositiva vastissima comprende inoltre numerosi concerti, sonate e brani di musica sacra. Le sue opere influenzarono numerosi compositori del suo tempo tra cui il genio massimo del barocco Johann Sebastian Bach, ma anche Pisendel, Heinichen, Zelenka, Boismortier, Corrette, De Fesch, Quantz e in seguito i grandi musicisti classici come Wolfgang Amadeus Mozart, Gioacchino Rossini e Ludwig van Beethoven (es. sinfonia pastorale). Le sue composizioni più note sono i quattro concerti per violino conosciuti come Le quattro stagioni, celebre esempio di musica a soggetto. Come per molti compositori barocchi, dopo la sua morte il suo nome e la sua musica caddero nell'oblio. Solo grazie alla ricerca di alcuni musicologi del XX secolo, come Arnold Schering, Marc Pincherle, Alberto Gentili e Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero, Vivaldi riemerse, diventando uno dei compositori più noti ed eseguiti.
Il flauto a coulisse (in inglese slide whistle) o jazzo-flute, detto anche flauto di loto, è uno strumento a fiato, composto da un semplice cilindro in cui l'estremità superiore costituisce il becco. L'estremità inferiore è chiusa da un pistone azionato con la mano dall'esecutore. Appartiene alla famiglia dei flauti dritti.
Nell'ambito della forma del concerto grosso, il concertino o soli è il gruppo degli strumenti solisti che si contrappone al concerto grosso o ripieno, ovvero al resto dell'orchestra, e vi dialoga in stile concertato creando contrasti dinamici. In alcuni concerti del periodo più arcaico, per esempio in quelli di Alessandro Stradella, il concertino taceva mentre suonava il concerto grosso, mentre fu di successivo uso comune che il concertino partecipasse anche a gran parte dei tutti orchestrali, talvolta suonando all'unisono con l'orchestra, più raramente differenziandosene. In linea generale, essendo più ridotto, il concertino ha parti più virtuosistiche. Il concertino può anche essere presente in concerti e sinfonie concertanti. Nella breve epoca d'oro del concerto grosso, cioè approssimativamente tra il 1680 ed il 1710, l'organico più tipico del concertino era formato da due violini e basso continuo, ma poteva anche variare, limitandosi ad un violino solo e basso continuo o aggiungendo una o più viole, come nella produzione di Georg Muffat, Francesco Geminiani o Giuseppe Valentini, altri violini - ancora Valentini - e fiati, come in Georg Friedrich Händel. In Italia il concertino era spesso di archi, mentre in Germania di strumenti a fiato. Per estensione, il concertino è andato anche a definire le sezioni di un concerto grosso - inteso come composizione - in cui i solisti sono soli. In tutte le lingue viene usata la designazione italiana, in quanto originale, e da questo primo uso del termine deriva il fatto che in spagnolo e in catalano concertino sia sinonimo di primo violino. Il concertino, in tedesco Konzertstück, è anche una composizione con caratteristiche simili al concerto, ma più breve e libera. Nel XIX secolo si presentava affine a un concerto solista in un solo movimento o in più tempi senza pausa fra di loro, ma, appunto, ridotto rispetto a esso. Carl Maria von Weber compose un concertino per clarinetto e orchestra (op. 26) ed uno per corno e orchestra (op. 45), ma rientrano nella categoria, per estensione, anche le due romanze di Ludwig van Beethoven Op. 40 e Op. 50. Nel XX secolo diventa una composizione in più movimenti, normalmente con uno strumento solista, di breve durata, o almeno più breve di quella di un concerto canonico, e destinata a un organico contenuto. Gli strumenti prediletti per i concertini sono il violino, la viola, il violoncello, il contrabbasso, il flauto dolce soprano, l'oboe, il flauto traverso e il pianoforte, mentre la struttura usuale riprende la classica tripartizione dei concerti: tempo veloce–tempo lento–tempo veloce. A quest'ultima forma appartengono il Concertino per clarinetto e piccola orchestra, Op. 48 di Ferruccio Busoni, il Concertino per pianoforte e orchestra di Arthur Honegger, il Concertino per trautonium e archi di Paul Hindemith. Anche Igor Stravinskij compose un concertino, in un unico movimento, per quartetto d'archi, poi trascritto per dodici strumenti. Il termine concertino viene usato anche dalla S.I.A.E. per indicare i trattenimenti musicali in luoghi dove la musica è accessoria ad altre attività. Si contrappone, in tal senso, al concerto di musica classica o jazz.
Il repertorio che va dagli inizi del XIX secolo all'immediato secondo dopoguerra in Italia costituisce la canzone classica napoletana, che rappresenta uno dei punti d'eccellenza della canzone italiana, divenuti nel corso degli anni simbolo dell'Italia musicale nel mondo. I brani del periodo sono stati interpretati nel corso del tempo da numerosi interpreti di fama mondiale i quali hanno contribuito alla diffusione della canzone napoletana. Si ricorda Enrico Caruso, tra i primi protagonisti del '900 ad aver portato la Canzone napoletana all'attenzione del mondo, Sergio Bruni e Roberto Murolo tra i cantautori della tradizione partenopea più pura e raffinata, tra i cantautori più importanti e innovativi Renato Carosone e Pino Daniele, e tra i maggiori interpreti Mario Abbate, Domenico Modugno, Massimo Ranieri, Nunzio Gallo, Mario Trevi, Consiglia Licciardi, Teresa De Sio, Fred Bongusto, Mario Merola, Beniamino Gigli, Giuseppe Di Stefano, Plácido Domingo, José Carreras, Andrea Bocelli, Claudio Villa, Al Bano, Lucio Dalla, Renato Zero, Nino Taranto, Mina, Nina Simone, Frank Sinatra, Luciano Pavarotti, Renzo Arbore, Nino D'Angelo e tanti altri tra gli interpreti non napoletani. Generalmente definita come musica tradizionale e più specificamente musica popolare, pur nelle origini di tradizione orale, secondo alcuni musicologi la canzone napoletana apparterrebbe eccezionalmente alla musica colta.
La storia della canzone italiana viene comunemente fatta iniziare dagli storici intorno alla metà del XIX secolo, con la pubblicazione di Santa Lucia di Teodoro Cottrau ed Enrico Cossovich: pur trattandosi di una traduzione di una barcarola originariamente scritta in napoletano, questo brano appare come il primo tentativo in assoluto di armonizzare (sia dal punto di vista della melodia, sia dal punto di vista del testo) la tradizione musicale colta con quella di matrice popolare.A differenza di altri paesi, come la Francia (dove le radici del vaudeville derivarono dalla chanson del Cinquecento) o la Germania (con il suo particolare connubio fra musica e poesia, il lied), in Italia per molti anni si è mantenuta una netta separazione fra le composizioni derivanti dalla cosiddetta musica colta (come le romanze da salotto o le operette) e le canzoni popolari in dialetto. In particolare, le tradizioni musicali locali hanno avuto molta difficoltà a superare il proprio confine territoriale, con le significative eccezioni della canzone napoletana e, in forma molto minore, di quella romana e milanese. La separazione fra i due stili iniziò ad attenuarsi solo a cavallo fra XIX e XX secolo (anche con l'influenza del café-concert francese) e poté dirsi superata solo con la fine della Prima guerra mondiale.