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Genocidio del Ruanda

Il genocidio dei tutsi del Ruanda fu uno dei più sanguinosi episodi della storia dell'umanità del XX secolo. Secondo le stime di Human Rights Watch, dal 6 aprile alla metà di luglio del 1994, per circa 100 giorni, in Ruanda vennero massacrate sistematicamente (a colpi di armi da fuoco, machete pangas e bastoni chiodati) almeno 500.000 persone; le stime sul numero delle vittime sono tuttavia cresciute fino a raggiungere cifre dell'ordine di circa 800.000 o 1.000.000 di persone. Il genocidio, ufficialmente, viene considerato concluso alla fine dell'Opération Turquoise, una missione umanitaria voluta e intrapresa dai francesi, sotto egida dell'ONU. Le vittime furono prevalentemente di etnia Tutsi, corrispondenti a circa il 20% della popolazione, ma le violenze finirono per coinvolgere anche Hutu moderati appartenenti alla maggioranza del paese. L'odio interetnico fra Hutu e Tutsi, molto diffuso nonostante la comune fede cristiana, costituì la radice scatenante del conflitto, pur se l'idea di una differenza di carattere razziale fra queste due etnie è estranea alla storia ruandese e rappresenta semmai uno dei lasciti più controversi del retaggio coloniale belga. Fu infatti l'amministrazione coloniale del Belgio che, a partire dal 1926, trasformò quella che infatti era una semplice differenziazione socio-economica (gli Hutu erano agricoltori, i Tutsi allevatori; e gli scambi e i matrimoni misti fra i due gruppi erano comuni) in una differenza razziale basata sull'osservazione dell'aspetto fisico degli individui. Essi osservarono che i Twa, un terzo gruppo etnico dell'area, corrispondente ad appena l'1 % della popolazione, erano di bassa statura (come i pigmei), gli Hutu di media altezza, mentre i Tutsi erano di altezza maggiore, con lineamenti del volto e del naso più sottili. Con l'introduzione della differenziazione tra i gruppi, essi si irrigidirono e non fu più possibile cambiare gruppo. Nel periodo di colonizzazione belga i Tutsi andarono al potere, mentre agli Hutu erano riservate mansioni più umili e meno retribuite. Dopo sanguinose rivolte e massacri, gli Hutu, con l'accordo dei belgi, presero il potere nel 1959–1962, momento che coincise con l'inizio della lunga persecuzione dei Tutsi. Molti di loro fuggirono nei Paesi limitrofi, soprattutto in Uganda. Nel periodo del genocidio, avvenuto nel 1994, gli Hutu erano il gruppo di popolazione maggiore, ed erano Hutu anche i due gruppi paramilitari principalmente responsabili dell'eccidio: gli Interahamwe e gli Impuzamugambi.

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