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Gerione (Dante)

Nella Divina Commedia Dante introduce Gerione come mostro demoniaco dal volto di uomo, zampe di leone, corpo di serpente e coda di scorpione, che lo conduce in Malebolge.Nell'elaborazione di questo mostro infernale hanno giocato un ruolo determinante i versi dell'Apocalisse (9, 7-11), dove l'apostolo descrive le locuste con facce di uomini, capelli di donna, denti di leone e code simili a scorpioni. Gerione è nominato nel XVI canto dell'Inferno, ma è presente principalmente nel canto successivo, il XVII, e viene citato anche nel XXVII canto del Purgatorio. In questi canti dell'Inferno vengono descritti gli eventi immediatamente precedenti all'incontro di Dante con i dannati fraudolenti, ovvero quando Dante sta per lasciare l'ultimo dei tre gironi del cerchio VII, dedicati all'eterna punizione degli spiriti violenti, in questo punto particolare, i violenti contro l'arte (gli usurai). Gerione quindi, messo a guardia del cerchio VIII che ospita chi si macchia di frode, è l'allegoria della falsità: la faccia d'uomo rappresenta il fraudolento che vuole passare per innocente (Canto XVII, vv.10-11: "La faccia sua era faccia d'uom giusto,/tanto benigna avea di fuor la pelle"), mentre il corpo da serpente rappresenta la falsità e malvagità che è propria dei fraudolenti. (Ibidem, vv.12-15: "e d'un serpente tutto l'altro fusto:/ due branche avea pilose infin l'ascelle;/ lo dosso e 'l petto e ambedue le coste/ dipinti avea di nodi e di rotelle.") Il Gerione dantesco si richiama a fonti bibliche (Apocalisse di Giovanni 9, 7-10) e alla zoologia figurativa del Medioevo. Il poeta Virgilio, guida di Dante nell'oltretomba, lo menziona nell' Eneide (VIII 202-204) e, in un altro passo del poema, lo definisce, senza nominarlo, "forma tricorporis umbrae" (VI 289).

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