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Le Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua, più conosciute come Prose della volgar lingua (titolo completo, Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua scritte al cardinale de Medici che poi è stato creato a sommo pontefice et detto papa Clemente settimo divise in tre libri), sono un trattato di Pietro Bembo, pubblicato nel 1525. Le Prose costituiscono un momento fondamentale nella questione della lingua: l'idea di base espressa in esse è che, per la scrittura di opere letterarie, gli italiani debbano prendere come modello due grandi autori trecenteschi, Francesco Petrarca per la poesia e Giovanni Boccaccio per la prosa. A livello storico il trattato può essere considerato come uno dei primi tentativi di storia letteraria italiana. L'opera si fonda sulla cancellazione della tradizione più recente; pur conoscendo perfettamente la letteratura del suo tempo, Bembo non prende nessun esempio da questa, anche se menziona alcuni poeti quattrocenteschi e in particolare Lorenzo de' Medici (I,1), padre del suo interlocutore Giuliano de' Medici duca di Nemours, e i veneziani Niccolò Cosmico e Leonardo Giustinian (I, 15; questi ultimi soprattutto per rilevare l'inferiorità della tradizione veneta rispetto a quella toscana).
Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470 – Roma, 18 gennaio 1547) è stato un cardinale, scrittore, grammatico, poeta e umanista italiano. Appartenente a una nobile famiglia veneziana, fin dalla gioventù Pietro Bembo ebbe modo di costruirsi una solida formazione e reputazione letteraria grazie ai contatti con l'ambiente paterno e, in seguito, all'amicizia con Ludovico Ariosto e alla consulenza per Aldo Manuzio. Il suo merito principale fu quello di contribuire potentemente alla «codificazione dell'italiano scritto», uniformato al modello boccacciano, nell'opera che più di tutte lo ha reso famoso, «la grammatica più importante dell'intera storia dell'italiano», ossia le Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua (1525). Parimenti decisivo fu il suo ruolo nella diffusione in tutta Europa del modello poetico petrarchista. Nominato cardinale nel 1539 da papa Paolo III, morì a Roma nel 1547.
Il De Aetna (titolo completo: De Aetna ad Angelum Chabrielem liber) è un saggio in latino, scritto da Pietro Bembo al ritorno dal suo soggiorno a Messina presso Costantino Lascaris e pubblicato nel febbraio 1496 (1495 more veneto) da Aldo Manuzio. Scritto in forma di dialogo tra lo scrittore e il padre Bernardo, il testo narra dell'ascensione sulla cima del vulcano durante un’eruzione. La descrizione e lo studio dell'Etna e della sua attività è fondato insieme sull'esperienza diretta e informazione in loco e sulla discussione delle testimonianze classiche. È dedicato ad Angelo Gabriel, patrizio veneziano, compagno di studi del Bembo a Messina e a Padova. Sul piano del racconto, il De Aetna costituisce un illuminante esempio di gusto dell’epoca, e si discosta sensibilmente dalle precedenti raffigurazioni letterarie del vulcano: per la prima volta è offerta una descrizione della sua attività eruttiva in termini esclusivamente naturalistici.