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Tomba di Nerone è la cinquantatreesima zona di Roma nell'Agro Romano, indicata con Z. LIII. Il toponimo indica anche la zona urbanistica 20C del Municipio Roma XV (ex Municipio Roma XX).
Tiberio Claudio Nerone (latino: Tiberius Claudius Nero; Roma, 85 a.C. circa – Roma, 33 a.C.) è stato un politico e militare romano.
La storia di Roma riguarda le vicende della città, dalla sua fondazione sino ad oggi, per oltre 27 secoli.
Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (in latino: Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus; Anzio, 15 dicembre 37 – Roma, 9 giugno 68), nato come Lucio Domizio Enobarbo (Lucius Domitius Ahenobarbus) e meglio conosciuto semplicemente come Nerone, è stato il quinto imperatore romano, l'ultimo appartenente alla dinastia giulio-claudia. Regnò circa quattordici anni dal 54 al 68, anno in cui si fece uccidere da un suo servo. Nerone fu un principe molto controverso nella sua epoca; ebbe alcuni innegabili meriti, soprattutto nella prima parte del suo impero, quando governava con la madre Agrippina e con l'aiuto di Seneca, filosofo stoico, e di Afranio Burro, prefetto del pretorio, ma fu anche responsabile di delitti e atteggiamenti dispotici. Accusati sommariamente di congiure contro di lui o crimini vari, caddero vittime della repressione la stessa madre, la prima moglie e lo stesso Seneca, costretto a suicidarsi, oltre a vari esponenti della nobiltà romana, e molti cristiani. Per la sua politica assai favorevole al popolo, di cui conquistò i favori con elargizioni e giochi del circo, e il suo disprezzo per il Senato romano, fu - come era già stato per lo zio Caligola - molto inviso alla classe aristocratica (tra i quali i suoi principali biografi, Svetonio e Tacito). L'immagine di tiranno che di lui è stata tramandata venne parzialmente rivista dalla maggioranza degli storici moderni, i quali ritengono che non fosse né pazzo - come lo descrissero alcune fonti - né particolarmente crudele per l'epoca, ma che i suoi comportamenti autoritari fossero simili a quelli di altri imperatori non ugualmente giudicati. Negli ultimi anni la paranoia di Nerone si accentuò, ed egli si rinchiuse in se stesso e nei suoi palazzi dedicandosi all'arte e alla musica, in pratica lasciando il governo nelle mani del prefetto del pretorio, il sanguinario Tigellino.Anche se il suo comportamento ebbe certamente eccessi violenti e stravaganze, si può dire che non tutto ciò che gli venne imputato dagli storici contemporanei sia vero: ad esempio fu accusato del grande incendio di Roma, con l'obiettivo di ricostruire la città ed edificare la propria maestosa residenza, la Domus Aurea; di tale fatto tuttavia gli studiosi moderni tendono a discolparlo. Nerone accusò dell'incendio i cristiani, che furono arrestati e condannati in massa. Infine, qualche anno dopo, abbandonato anche dai pretoriani e dall'esercito, venne deposto dal Senato (che riconobbe il generale Galba come nuovo princeps) e, dopo un primo tentativo di fuga, alla fine, vistosi perduto, si tolse la vita nei pressi di Roma, nella villa di uno dei suoi liberti.
Il Colosso di Nerone (Colossus Neronis) era un monumento dell'antica Roma, raffigurante in origine l'imperatore Nerone.
Le catacombe erano delle aree cimiteriali sotterranee utilizzate nell'antichità. Sono solitamente scavate in rocce facilmente lavorabili, e possono avere anche più livelli, con profondità che arrivano fino a trenta metri. L'etimologia della parola latina "catacumba", da cui in italiano "catacomba", è incerta; si pensa che derivi dalla locuzione greca "κατά κυμβής (katá kymbḗs)" o "κατά κύμβας (katá kýmbas)" (direttamente o attraverso la voce latina "cumba") che si può tradurre come "presso/sotto la cavità/le grotte".Le più celebri sono quelle cristiane, anche se ne esistono esempi legati ad altre religioni: ne esistono anche di fenicie e pagane, già gli etruschi e gli ebrei usavano seppellire i loro morti in camere sotterranee. I cristiani ricrearono tale pratica inumativa abbandonando, per la fede nella resurrezione dei corpi, l'uso della cremazione pagana. All'inizio si mantennero principalmente le usanze funerarie pagane, come è provato dal cimitero precristiano dell'antica Anzio. Il sepolcro si trova quasi sempre all'esterno della città, poiché le Leggi delle XII tavole prescrivevano che hominem mortuum in urbe neve sepelito neve urito ("Non si seppellisca né si cremi nessun cadavere in città"). Ma i cimiteri (il cui termine deriva dal greco κοιμητήριον [koimētérion], quindi dal verbo κοιμάω [koimáō], ossia "dormire", "riposare", oppure dal latino accubitorium, dal verbo accumbere per "giacere") per i cristiani sono luoghi dell'attesa della resurrezione. Il nome "locus ad catacumbas" era una località situata in un avvallamento presso la via Appia; gli studiosi non sono però concordi sul luogo che questo termine latino indicava. Secondo alcuni usava indicare una depressione posta di fronte al Circo di Massenzio, fra le due colline dove oggi si trovano le catacombe di San Callisto e il mausoleo di Cecilia Metella, e passò poi a indicare il cimitero stesso; secondo altri l'avvallamento era quello dove oggi si trovano le catacombe di San Sebastiano.
L'alimentazione nell'antica Roma era basata su quei cibi resi necessari per la salute del corpo che all'inizio della storia romana si caratterizzavano per la loro semplicità e immediata disponibilità. In seguito, entrando i romani in contatto, commercialmente e militarmente, con culture più evolute, divennero sempre più raffinati nella ricerca dei sapori.
I Romani hanno costruito numerosi acquedotti per portare acqua da sorgenti distanti nelle loro città, rifornendo thermae, latrine, fontane e abitazioni private. Le acque di scarico erano eliminate con complessi sistemi fognari e scaricate in corsi d'acqua nelle vicinanze, mantenendo le città pulite e prive di effluenti. Alcuni acquedotti fornivano acqua per le operazioni di estrazione mineraria o per la macinazione del grano. Gli acquedotti spostavano l'acqua solo per mezzo della gravità, essendo costruiti con una leggera pendenza verso il basso all'interno di condotti di pietra, mattoni o cemento. La maggior parte di questi erano sepolti nel terreno e ne seguivano i contorni; i picchi che ostruivano il passaggio venivano aggirati o, meno spesso, forati con un tunnel. Dove c'erano valli o pianure, il condotto era sostenuto da opere con arcate, o il suo contenuto era immesso a pressione in tubi di piombo, ceramica o pietra, e sifonati. La maggior parte dei sistemi di acquedotto comprendeva vasche di sedimentazione, paratoie e serbatoi di distribuzione per regolare la fornitura secondo le necessità. Il primo acquedotto di Roma riforniva una fontana situata nel mercato del bestiame della città. Nel III secolo d.C., la città aveva undici acquedotti, che riuscivano a sostenere una popolazione di oltre un milione di persone; la maggior parte delle acque riforniva i molti bagni pubblici dell'Urbs. Città e province in tutto l'Impero romano emulavano questo modello, e finanziavano acquedotti come oggetti di interesse pubblico e di orgoglio civico, "un lusso costoso ma necessario, a cui tutti potrebbero, e lo hanno fatto, aspirare.". La maggior parte degli acquedotti romani si sono dimostrati affidabili e duraturi, alcuni si sono mantenuti fino alla prima età moderna e alcuni sono ancora parzialmente in uso. I metodi di manutenzione e di costruzione degli acquedotti sono indicati da Vitruvio nel suo lavoro De architectura (I secolo a.C). Frontino fornisce più dettagli nel suo De Aquaeducto Urbis Romae, un rapporto ufficiale sui problemi, usi e abusi della rete idrica pubblica della Roma imperiale. Esempi notevoli di architettura degli acquedotti comprendono i piloni di sostegno dell'acquedotto di Segovia, e le cisterne alimentate dall'acquedotto di Costantinopoli.
Gli acquedotti di Roma sono gli acquedotti che, a partire dall'età romana, rifornivano o tuttora riforniscono di acqua la città di Roma, per un totale di 16: 11 antichi e 5 moderni.