Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
La colonia eritrea (o Eritrea italiana) fu la prima colonia del Regno d'Italia in Africa. La Colonia primogenita, come fu anche chiamata, aveva gli stessi confini dell'attuale Eritrea.
Con la locuzione guerra d'Eritrea si indica la serie di azioni militari che portarono alla conquista da parte del Regno d'Italia del territorio corrispondente all'attuale Eritrea, nonché alla difesa dello stesso dagli attacchi dell'Impero d'Etiopia e del Sudan mahdista; questa guerra viene considerata la prima guerra coloniale italiana.
L'Eritrea (in tigrino: ኤርትራ, Ērtra), ufficialmente Stato di Eritrea, è uno Stato che si trova nella parte settentrionale del Corno d'Africa, confinante con il Sudan a ovest, con l'Etiopia a sud e con il Gibuti a sud-est. L'est ed il nord-est del Paese possiedono una lunga linea costiera sul Mar Rosso direttamente di fronte ad Arabia Saudita e Yemen. Sono parte dell'Eritrea l'arcipelago delle isole Dahlak e alcune isole a ridosso delle isole Hanish. L'Eritrea è uno Stato multilingue e multiculturale, con due religioni prevalenti (islam sunnita e Chiesa ortodossa eritrea) e nove gruppi etnici. Fu creata come entità politica nel 1890 con il nome di Colonia eritrea.Il presidente Isaias Afewerki è stato eletto dall'Assemblea nazionale, composta da 150 membri del partito unico Fronte Popolare per la Democrazia e la Giustizia, che si è costituita nel 1993, poco dopo l'ottenimento dell'indipendenza; è al potere da allora, e non ci sono state successive o ulteriori altre elezioni. L'Eritrea è di fatto un regime dittatoriale, senza libertà politiche e di associazione, senza potere giudiziario e fonti d'informazione indipendenti.
Asmara (anche con l'articolo l'Asmara; AFI: /aˈzmara/; in tigrino: አስመራ Asmerà; in arabo: أسمرا Asmarā) è la capitale, la città più popolata e il principale centro industriale, economico e culturale dell'Eritrea, nonché capoluogo della Regione Centrale. Dall'8 luglio 2017 la città è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO; si tratta del primo sito dell'Eritrea iscritto nella lista dei patrimoni dell'umanità.
Gli eritrei in Italia sono una comunità migrante storicamente presente in Italia a partire dalla colonizzazione italiana dell'Eritrea. Molte persone di origine eritrea sono diventate cittadine italiane (eritrei italiani) e non sono pertanto più incluse nelle statistiche demografiche. I nuovi arrivati in fuga dal loro paese cercano di sottrarsi all'identificazione , per paura di venire segnalati alle autorità eritree che se non possono catturarli si accaniscono sulle famiglie rimaste in patria. Le città con la maggiore concentrazione di eritrei in Italia sono Roma (2.733), Milano (1.681) e Bologna (510). Solo Roma e Milano concentrano quasi la metà della popolazione eritrea in Italia.
La guerra d'Etiopia (nota anche come campagna d'Etiopia), si svolse tra il 3 ottobre 1935 e il 5 maggio 1936 e vide contrapposti il Regno d'Italia e l'Impero d'Etiopia. Condotte inizialmente dal generale Emilio De Bono, rimpiazzato poi dal maresciallo Pietro Badoglio, le forze italiane invasero l'Etiopia a partire dalla Colonia eritrea a nord, mentre un fronte secondario fu aperto a sud-est dalle forze del generale Rodolfo Graziani dislocate nella Somalia italiana. Nonostante una dura resistenza, le forze etiopi furono soverchiate dalla superiorità numerica e tecnologica degli italiani e il conflitto si concluse con l'ingresso delle forze di Badoglio nella capitale Addis Abeba. La guerra fu la campagna coloniale più grande della storia: la mobilitazione italiana assunse dimensioni straordinarie, impegnando un numero di uomini, una modernità di mezzi e una rapidità di approntamento mai visti fino ad allora. Fu un conflitto altamente simbolico, dove il regime fascista impiegò una grande quantità di mezzi propagandistici con lo scopo di impostare e condurre una guerra in linea con le esigenze di prestigio internazionale e di rinsaldamento interno del regime stesso, volute da Benito Mussolini, con l'obiettivo a lungo termine di orientare l'emigrazione italiana verso una nuova colonia popolata da italiani e amministrata in regime di apartheid sulla base di una rigorosa separazione razziale. In questo contesto i vertici militari e politici italiani non badarono a spese per il raggiungimento dell'obiettivo: il Duce approvò e sollecitò l'invio e l'utilizzo in Etiopia di ogni arma disponibile e non esitò ad autorizzare l'impiego in alcuni casi di armi chimiche. L'aggressione dell'Italia contro l'Etiopia ebbe rilevanti conseguenze diplomatiche e suscitò una notevole riprovazione da parte della comunità internazionale: la Società delle Nazioni decise d'imporre delle sanzioni economiche contro l'Italia, ritirate nel luglio 1936 senza peraltro aver provocato il benché minimo rallentamento delle operazioni militari. Nel complesso, la campagna di Etiopia fu l'unico successo militare dell'Italia fascista, conseguito comunque ai danni di un esercito tribale, privo di equipaggiamenti e armi, senza addestramento alla guerra moderna, che però durante le prime fasi del conflitto riuscì a contrattaccare l'esercito invasore e a contendere ampie porzioni di territorio in modo efficace nonostante l'incolmabile divario tecnologico. Le ostilità non cessarono con la fine delle operazioni di guerra convenzionali, ma si prolungarono con la crescente attività della guerriglia etiopica dei cosiddetti arbegnuoc ("patrioti") e con le conseguenti misure repressive attuate dalle autorità coloniali italiane, durante le quali non furono risparmiate azioni terroristiche nei confronti della popolazione civile; la resistenza etiope collaborò poi con le truppe britanniche nella liberazione del paese dagli italiani nel corso della seconda guerra mondiale. Formalmente lo stato di guerra ebbe termine solo il 10 febbraio 1947 con la stipula del trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate, che comportò per l'Italia la perdita di tutte le colonie.
Il colonialismo italiano ebbe inizio alla fine del XIX secolo, con l'acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso. A seguito della spartizione dell'Africa da parte delle potenze europee (1881-1914), il Regno d'Italia deteneva il controllo dell'Eritrea e della Somalia, oltre che di Cirenaica, Tripolitania e Isole egee, sottratte all'Impero ottomano nel corso della guerra italo-turca (1911-1912). Sussisteva anche una concessione italiana a Tientsin, in Cina, sin dal 1901. Nel corso della prima guerra mondiale, un corpo di spedizione italiano occupò preventivamente l'Albania meridionale per impedirne la conquista da parte dell'Impero austro-ungarico, instaurandovi un protettorato (1917-1920). Il regime fascista di Benito Mussolini, salito al potere dopo il conflitto mondiale, manifestò l'intenzione di espandere i possedimenti del regno e soddisfare le pretese degli irredentisti. Nel 1934 Cirenaica e Tripolitania furono unite nella Libia italiana; con la guerra del 1935-36 l'Italia conquistò l'Etiopia, che fu unita ad Eritrea e Somalia per dare vita all'Africa Orientale Italiana, nel 1938 Vittorio Emanuele III d'Italia assunse il titolo di Primo maresciallo dell'Impero e fu proclamata ufficialmente la nascita dell'impero italiano che durò sino alla caduta del fascismo. Nel 1939 fu nuovamente conquistata l'Albania, regno che fu quindi posto in unione personale con quello d'Italia (1939-1943). Dopo l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale nel 1940, il territorio metropolitano del regno, assieme a quello delle colonie e delle zone di occupazione militare, raggiunse la sua massima espansione. I territori italiani - oltre a quelli fin qui citati - si estendevano allora da parte della Francia meridionale ai protettorati e alle occupazioni nei Balcani (Slovenia, Dalmazia, Croazia, Montenegro, Grecia), alla Somalia britannica. Sia le colonie storiche sia le acquisizioni più recenti andarono tuttavia perdute a causa delle successive vicende belliche e dell'armistizio tra l'Italia e gli Alleati (8 settembre 1943). Allo Stato italiano, seppur schieratosi a fianco degli Alleati dopo il 1943, furono imposte dure condizioni dal trattato di Parigi del 1947: tra di esse, la perdita di tutte le colonie ad eccezione della Somalia, amministrazione fiduciaria italiana dal 1950. Il 1º luglio 1960 la Somalia ottenne l'indipendenza, sancendo così la fine dell'ottantennio coloniale italiano.
Benito Amilcare Andrea Mussolini, noto anche con il solo appellativo di Duce (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 – Giulino, 28 aprile 1945), è stato un politico, militare, giornalista e dittatore italiano. Fondatore del fascismo, fu presidente del Consiglio del Regno d'Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943. Nel gennaio 1925 assunse de facto poteri dittatoriali e dal dicembre dello stesso anno acquisì il titolo di capo del governo primo ministro segretario di Stato. Dopo la guerra d'Etiopia, aggiunse al titolo di duce quello di "Fondatore dell'Impero" e divenne Primo Maresciallo dell'Impero il 30 marzo 1938. Fu capo della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 al 27 aprile 1945. Esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, fu nominato direttore del quotidiano di partito Avanti! nel 1912. Convinto anti-interventista negli anni della guerra italo-turca e in quelli precedenti la prima guerra mondiale, nel 1914 cambiò opinione, dichiarandosi a favore dell'intervento in guerra. Trovatosi in netto contrasto con la linea del partito, si dimise dalla direzione dell'Avanti! e fondò Il Popolo d'Italia, schierato su posizioni interventiste, venendo quindi espulso dal partito socialista. Nell'immediato dopoguerra, cavalcando lo scontento per la "vittoria mutilata", fondò i Fasci italiani di combattimento (1919), poi divenuti Partito Nazionale Fascista nel 1921, e si presentò al Paese con un programma politico nazionalista e radicale. Nel contesto di forte instabilità politica e sociale successivo alla Grande Guerra, puntò alla presa del potere; forzando la mano alle istituzioni, con l'aiuto di atti di squadrismo e d'intimidazione politica che culminarono il 28 ottobre 1922 con la marcia su Roma, Mussolini ottenne l'incarico di costituire il Governo (30 ottobre). Dopo il contestato successo alle elezioni politiche del 1924, instaurò nel gennaio 1925 la dittatura, risolvendo con forza la delicata situazione venutasi a creare dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti. Negli anni successivi consolidò il regime, affermando la supremazia del potere esecutivo, trasformando il sistema amministrativo e inquadrando le masse nelle organizzazioni di partito. Nel 1935 intraprese l'attacco e l'occupazione dell'Etiopia, provocando l'isolamento internazionale dell'Italia. Appoggiò quindi i franchisti nella guerra civile spagnola e si avvicinò alla Germania nazionalsocialista di Adolf Hitler, con il quale stabilì un legame che culminò con il Patto d'Acciaio nel 1939. È in questo periodo che furono approvate in Italia le leggi razziali. Nel 1940, ritenendo ormai prossima la vittoria della Germania, decise per l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale. In seguito alle disfatte subite dalle Forze Armate italiane e alla messa in minoranza durante il Gran Consiglio del Fascismo (ordine del giorno Grandi del 24 luglio 1943), fu arrestato per ordine del Re (25 luglio) e successivamente tradotto a Campo Imperatore. Liberato dai tedeschi, e ormai in balia delle decisioni di Hitler, instaurò nell'Italia settentrionale la Repubblica Sociale Italiana. In seguito alla definitiva sconfitta delle forze italotedesche, abbandonò Milano la sera del 25 aprile 1945, dopo aver invano cercato di trattare la resa. Il tentativo di fuga si concluse il 27 aprile con la cattura da parte dei partigiani a Dongo, sul lago di Como. Fu fucilato il giorno seguente insieme alla sua amante Claretta Petacci.