Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Il Libro del Siracide (greco Σοφία Σειράχ, sofía seirách, "sapienza di Sirach"; latino Siracides) o più raramente Ecclesiastico (da non confondere con l'Ecclesiaste o Qoelet) è un testo contenuto nella Bibbia cattolica (Settanta e Vulgata) ma non accolto nella Bibbia ebraica (Tanakh). Come gli altri libri deuterocanonici è considerato ispirato solo nella tradizione cattolica e ortodossa, mentre è escluso dal canone ebraico e protestante perché considerato apocrifo. È stato scritto originariamente in ebraico a Gerusalemme attorno al 180 a.C. da "Gesù (o Giosuè) figlio di Sirach", poi tradotto in greco dal nipote poco dopo il 132 a.C. È l'unico testo dell'Antico Testamento del quale è possibile identificare con certezza l'autore. È composto da 51 capitoli con vari detti di genere sapienziale, sintesi della religione ebraica tradizionale e della sapienza comune.
Il canone biblico è, nell'ambito ebraico e cristiano, l'elenco dei testi contenuti nella Bibbia, riconosciuti come ispirati da Dio e dunque sacri, normativi per una determinata comunità di credenti in materia di fede e di morale. La parola canone è la traduzione del greco κανὡν (kanon, letteralmente 'canna', 'bastone diritto'). Il termine in origine indicava un regolo, ossia una canna per misurare le lunghezze; da qui, già in greco, il significato traslato di regola, prescrizione, catalogo ufficiale, modello. Tra le differenti religioni e confessioni religiose si trovano notevoli diversità sia sul modo d'intendere l'ispirazione della Bibbia, sia sulle effettive liste dei libri considerati "canonici". Esistono pertanto diversi canoni: canone ebraico. canone samaritano. canone cristiano cattolico. canone cristiano ortodosso. canone cristiano protestante. canone cristiano copto. canone cristiano siriaco. canone cristiano armeno.Non sono accolti nei canoni ebraico e samaritano i libri relativi a Gesù identificati dai cristiani di comune accordo come Nuovo Testamento. Le chiese cristiane accettano come parte di quello che chiamano l'Antico Testamento tutti i libri inclusi in quello che gli ebrei denominano con l'acronimo di Tanakh ma hanno diverse vedute sulla qualifica di canonici da dare eventualmente a certi altri libri. I testi esclusi da una chiesa ma accolti da altre sono da essa chiamati "apocrifi".
Il Libro di Giobbe (ebraico איוב; greco Ιώβ; latino Iob) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.
Il Libro di Ester (ebraico אסתר; greco Ἐσθήρ; latino Esther) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana. È scritto originariamente in ebraico e, secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la sua redazione definitiva, ad opera di autori ignoti, si colloca verso la fine del II secolo a.C. in Mesopotamia, probabilmente a Babilonia. È composto da 10 capitoli, che raccontano la storia dell'ebrea Ester, ragazza orfana, cugina di Mardocheo (Est 2:15), che diventa moglie del re persiano Assuero (V secolo a.C.) e salva il popolo ebraico dai complotti del malvagio Aman. Il testo greco di Ester nella traduzione detta dei Settanta è notevolmente più ampio ed è basato su un diverso testo ebraico in cui il traduttore avrebbe aggiunto solo i testi dei due editti reali. Il testo greco si differenzia da quello masoretico anche per il suo contenuto teologico. Mentre nel testo ebraico Dio non viene mai nominato, in quello greco il ribaltamento del destino di morte degli ebrei viene attribuito al suo intervento. Ebrei e protestanti considerano canonico solo il testo masoretico, mentre i cattolici ritengono ispirati sia il testo masoretico sia quello greco.
Il termine apocrifo, dal greco ἀπόκρυϕος, derivato di ἀποκρύπτω «nascondere», indica «ciò che è tenuto nascosto», «ciò che è tenuto lontano (dall'uso)». In origine, il termine "apocrifo" è stato coniato dalle comunità che si servivano di tali testi, poiché erano libri che, in opposizione a quelli comuni, pubblici e manifesti, venivano esclusi dalla pubblica lettura liturgica, in quanto ritenuti portatori di tradizioni errate o contrastanti con quelle condivise e accettate. Nell'uso corrente, la parola è riferita comunemente alla tradizione giudaico-cristiana, all'interno della quale è stata coniata; in essa il termine "apocrifo" assume il significato di testo non incluso nell'elenco dei libri sacri della Bibbia ritenuti ispirati e pertanto non usato a livello dottrinale e liturgico. Visto che le differenti confessioni religiose hanno adottato diversi canoni dei libri della Bibbia, la qualifica di apocrifo varia a seconda della confessione di riferimento. In ambito protestante, "apocrifi" indica anche i libri presenti nel canone dell'Antico Testamento cristiano ma non in quello ebraico, che nella tradizione cattolica sono indicati come deuterocanonici. Al di fuori dell'ambito religioso, il termine "apocrifo" assume il significato di documento "non autentico", "non genuino", che non è dell'autore o dell'epoca che gli sono attribuiti.
Gli Apocrifi dell'Antico Testamento sono testi religiosi, definiti apocrifi in quanto esclusi dal canone della Bibbia ebraico e cristiano. che si riferiscono come contenuto o attribuzione pseudoepigrafa all'Antico Testamento. Per indicarli è ampiamente diffusa anche la dicitura Apocrifi giudaici, ma tale terminologia è impropria: non tutti sono nati in ambiente giudaico, bensì molti di essi derivano da autori cristiani o ci sono comunque pervenuti con pesanti rielaborazioni e/o aggiunte cristiane. La data di composizione dei testi è molto variegata. Quanto al genere letterario, appartengono a varie tipologie. Particolarmente numerose sono le apocalissi e i testamenti.
Alleluia, Hallelujah o Halleluyah sono traslitterazioni della parola ebraica הַלְּלוּיָהּ (ebraico tradizionale Halləluya, ebraico tiberiense Halləlûyāh), composta da Hallelu e Yah, che si traduce letteralmente "preghiamo / lodiamo (הַלְּלוּ) YHWH (Yah יָהּ)", dove Yah è la forma abbreviata di YHWH (nome proprio di Dio, indicato con il tetragramma יהוה).La parola è usata 24 volte nella Bibbia Ebraica, specialmente nel libro dei Salmi (Salmi 113-118), dove inizia e termina una serie di Salmi e quattro volte nella versione greca del libro dell'Apocalisse (Nuovo Testamento). La parola è di uso comune nelle liturgie cristiane, specialmente quella cattolica e ortodossa e fa parte del vocabolario di molte lingue europee e anche extraeuropee. Per molti cristiani, Alleluia è la parola più gioiosa per esprimere lode e acclamare Dio. In molti riti non viene recitato o cantato nel tempo di Quaresima o in altri tempi penitenziali, quando è sostituito da un'acclamazione.