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L'italiano ([itaˈljaːno] ) è una lingua romanza parlata principalmente in Italia. È classificato al 27º posto tra le lingue per numero di parlanti nel mondo e, in Italia, è utilizzato da circa 58 milioni di residenti. Nel 2015 era la lingua materna del 90,4% dei residenti in Italia, che spesso lo acquisiscono e lo usano insieme alle varianti regionali dell'italiano, alle lingue regionali e ai dialetti. In Italia viene ampiamente usato per tutti i tipi di comunicazione della vita quotidiana ed è largamente prevalente nei mezzi di comunicazione nazionali, nell'amministrazione pubblica dello Stato italiano e nell'editoria. Oltre ad essere la lingua ufficiale dell'Italia, è anche una delle lingue ufficiali dell'Unione europea, di San Marino, della Svizzera, della Città del Vaticano e del Sovrano militare ordine di Malta. È inoltre riconosciuto e tutelato come "lingua della minoranza nazionale italiana" dalla Costituzione slovena e croata nei territori in cui vivono popolazioni di dialetto istriano. È diffuso nelle comunità di emigrazione italiana, è ampiamente noto anche per ragioni pratiche in diverse aree geografiche ed è una delle lingue straniere più studiate nel mondo.Dal punto di vista storico l'italiano è una lingua basata sul fiorentino letterario usato nel Trecento.
La Lombardia (AFI: /lombar'dia/ in italiano; /lombar'dia/, /lumbar'dia/ o /lumbar'dea/ in lombardo) è una regione italiana a statuto ordinario dell'Italia nord-occidentale, prefigurata nel 1948 e istituita nel 1970. Gli abitanti sono 9 980 080 e il territorio è suddiviso in 1 506 comuni (regione con il maggior numero di comuni su tutto il territorio nazionale), distribuiti in dodici enti di area vasta (undici province più la città metropolitana di Milano). La regione si posiziona prima in Italia per popolazione e numero di enti locali, mentre è quarta per superficie, dopo Sicilia, Piemonte e Sardegna. Ha il suo capoluogo nella città di Milano e confina a nord con la Svizzera (Canton Ticino e Cantone dei Grigioni), a ovest con il Piemonte, a est con il Veneto e il Trentino-Alto Adige e a sud con l'Emilia-Romagna.
Le lingue dell'Italia costituiscono, a detta di alcuni autori, il patrimonio linguistico più ricco e variegato all'interno del panorama europeo. Ad eccezione di taluni idiomi stranieri legati ai moderni flussi migratori, le lingue che vi si parlano sono esclusivamente di ceppo indoeuropeo e appartenenti in larga prevalenza alla famiglia delle lingue romanze: compongono il paesaggio linguistico, altresì, varietà albanesi, germaniche, greche e slave. La lingua ufficiale della Repubblica Italiana, l'italiano, discende storicamente dal toscano letterario, il cui uso in letteratura è iniziato con i grandi scrittori Dante, Petrarca e Boccaccio verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana corrente. La lingua italiana era scritta solo da una piccola minoranza della popolazione al momento dell'unificazione politica nel Regno d'Italia nel 1861, ma si è in seguito diffusa, mediante l'istruzione obbligatoria esclusivamente in lingua italiana standard e il contributo determinante e più recente della televisione che vede escluso, o molto limitato, l'uso sia dei dialetti che delle lingue di minoranza (salvo quanto previsto dagli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia dopo la seconda guerra mondiale a favore delle minoranze linguistiche tedesca della provincia di Bolzano, slovena della regione Friuli-Venezia Giulia e francese della Valle d'Aosta) nonostante il fatto che, nel secondo caso, la legge 482/99 preveda l'obbligo per la RAI di trasmettere anche nelle lingue delle minoranze linguistiche.Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mass media in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di tutelare le minoranze linguistiche (art. 6 Cost e L. 482/99) e riconoscere una valenza culturale ai dialetti (art. 9 Cost). Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell'avanzare della lingua italiana anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale . Negli ultimi anni si è assistito a una loro rivalutazione sul piano culturale in reazione ai processi omologativi della globalizzazione. Nonostante il mancato appoggio dello Stato, secondo varie ricerche più del 60% dei ragazzi parla quotidianamente in "dialetto" (con riferimento ai dialetti dell'Italia, non ai dialetti dell'italiano); tra i vari motivi, i più importanti sono: il desiderio di creare un legame forte con la propria famiglia (67%), volontà di conoscere la storia di determinati termini ed espressioni (59%) o possibilità di arricchire il proprio parlato con espressioni colloquiali (52%) e naturalmente lo spirito di appartenenza alla propria terra. Secondo i più recenti dati statistici il 45,9% degli italiani parla in modo esclusivo o prevalente l'italiano, il 32,2% lo alterna con una lingua locale, mentre solo il 14% si esprime esclusivamente nell'idioma locale, il resto ricorre ad un'altra lingua. Il noto linguista Tullio De Mauro, intervistato da un quotidiano nazionale il 29 settembre 2014, affermava che l'uso alternante di italiano e dialetto arriva oggi al 44,1% e coloro che adoperano solo l'italiano sono il 45,5%.Sempre secondo De Mauro, il plurilinguismo "italiano + dialetti o una delle tredici lingue di minoranza" gioca un ruolo positivo in quanto «i ragazzi che parlano costantemente e solo italiano hanno punteggi meno brillanti di ragazzi che hanno anche qualche rapporto con la realtà dialettale».
Con l'espressione dialetti calabresi si definiscono le varietà linguistiche romanze parlate nella regione italiana della Calabria e in alcune città brasiliane dello stato di San Paolo dai discendenti di calabresi emigrati. Appartengono a due gruppi diversi: quello meridionale, conosciuto anche come diasistema della lingua napoletana ('e parrate calabbrise); quello meridionale estremo, o diasistema della lingua siciliana, e identificato anche come tricalabro da Ethnologue (i parrati calabbrisi);Del gruppo meridionale o napoletano fanno parte le varietà cosentine del nord della regione, mentre sono di tipo meridionale estremo o siciliano quelle in uso nella zona centro-meridionale che annoverano il calabrese centrale e il meridionale. Tale divisione linguistica corrisponde molto approssimativamente alla storica divisione amministrativa delle "Calabrie": Calabria Citeriore (o Calabria latina) e Calabria Ulteriore (o Calabria greca). I dialetti calabresi sono fra i dialetti d'Italia che più di altri hanno attirato l'attenzione degli studiosi per le proprie peculiarità e le radici in tempi antichi. L'evidente diversità linguistica nell'ambito della stessa regione, il rapporto tra impronta greca antica (grecanica) e storia della Calabria, la più o meno precoce latinizzazione ed i "relitti" lessicali di altre lingue, la forte presenza della minoranza albanese (arbëreshë), sono oggi argomento di studio e discussione di glottologi e linguisti. Chi voglia infatti paragonare i dialetti della Calabria meridionale con quelli parlati nella Calabria del nord, non può non notare il forte contrasto esistente. Un esempio è la forma del tempo perfetto indicativo (che include passato remoto e passato prossimo dell'italiano), che ha due forme nelle due diverse zone: nel Nord-Calabria è un tempo composto, simile al passato prossimo italiano; nel Sud-Calabria invece, è un tempo semplice che ricorda il passato remoto italiano, da cui il grande errore di chiamare "passato remoto" questo tempo anche in calabrese (in realtà equivale esattamente al perfetto latino, dal quale deriva). Infatti, anche un'azione non remota è espressa col tempo perfetto: Mangia(v)i, mo vaju u fatigu = Ho mangiato, adesso vado a lavorare. Mangiavi, mo vaju ma faticu (in dialetto catanzarese) Mangiai, ora vaju e travagghiu (in dialetto reggino)
Con lingua ebraica (in ebraico israeliano: עברית, ivrit) si intende sia l'ebraico biblico (o classico) sia l'ebraico moderno, lingua ufficiale dello Stato di Israele e dell’oblast autonoma ebraica in Russia, che conta circa 7 milioni di locutori (oltre che un cospicuo numero di ebrei della Diaspora); l'ebraico moderno, cresciuto in un contesto sociale e tecnologico molto diverso da quello antico, contiene molti elementi lessicali presi in prestito da altre lingue. L'ebraico è una lingua semitica e quindi parte della stessa famiglia che comprende anche le lingue araba, aramaica, amarica, tigrina, maltese e altre. Per numero di locutori, l'ebraico è la terza lingua di tale ceppo dopo l'arabo e l'amarico.
Con dialetto toscano si intende un insieme di vernacoli (ossia un continuum dialettale) di ceppo romanzo diffuso nell'area d'Italia corrispondente all'attuale regione Toscana, con l'esclusione delle parlate della Romagna toscana, di quelle della Lunigiana e di quelle dell’area carrarese.Caratteristica principale di tali idiomi è quella di essere sostanzialmente parlati; ciò garantisce una chiara distinzione dall'italiano, che da sempre (e soprattutto fino al 1860) è stata una lingua quasi esclusivamente scritta, letteraria, aristocratica, parlata dalle élite scolarizzate. Il toscano quindi è un sistema linguistico allo stesso tempo innovativo (grazie all'uso vivo), ma anche conservativo, arcaizzante, grazie al suo (ancora oggi forte) legame con le aree più rurali della regione. Tradizionalmente, il toscano non era considerato un dialetto italiano data la grande somiglianza con l'italiano colto di cui, peraltro, è la fonte (sia pure modificatasi nel tempo rispetto alla parlata odierna) perché ritenuto, erroneamente, una semplice variante o vernacolo dell'italiano. I primi contributi letterari significativi in toscano risalgono al XIII-XIV secolo con le opere di Dante Alighieri, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, e successivamente nel XVI secolo con Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini, che conferirono ai parlari toscani la dignità di "lingua letteraria" della penisola. Al momento dell'unificazione dell'Italia fu scelto come lingua da adoperare ufficialmente, mettendo fine a una secolare discussione, a cui aveva partecipato anche Dante (nel De vulgari eloquentia), che vedeva due fazioni contrapposte, una che sosteneva la nascita di una lingua italiana sulla base di uno dei cosiddetti dialetti e un'altra che si proponeva di creare una nuova lingua che prendesse il meglio dai vari dialetti. Prese piede agli inizi del XIX secolo proprio la prima corrente, soprattutto grazie al prestigioso parere di Alessandro Manzoni (molto nota è la vicenda relativa alla scelta della lingua per la stesura de I promessi sposi e i panni sciacquati in Arno), ma non poche furono le critiche mossegli da chi sosteneva (in primo luogo il glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli) che il toscano era un dialetto come gli altri e una vera lingua nazionale sarebbe potuta nascere solo dopo l'incontro tra le varie culture del paese.
Il Regno Lombardo-Veneto (in tedesco Königreich Lombardo–Venetien oppure Lombardisch–Venetianisches Königreich) fu uno Stato dipendente dall'Impero austriaco concepito dal cancelliere Klemens von Metternich all'inizio della Restaurazione seguita al crollo dell'impero napoleonico, la cui nascita venne sancita nel 1814 dal Congresso di Vienna. Il Lombardo-Veneto perse quasi tutta la Lombardia (ad eccezione di Mantova e della riva sinistra del Mincio) nel 1859, quando questa venne annessa al Regno di Sardegna al termine della seconda guerra d'indipendenza italiana, ma il Regno cessò di esistere solo nel 1866 con l'annessione del Veneto, della provincia di Mantova e del Friuli al Regno d'Italia sancita dal Trattato di Vienna.
Milano (/miˈlano/ ; Milan in dialetto milanese, /miˈlãː/) è un comune italiano di 1 398 715 abitanti, secondo comune in Italia per popolazione, capoluogo della regione Lombardia e dell'omonima città metropolitana, e centro di una delle più popolose aree metropolitane d'Europa. Fondata intorno al 590 a.C. da una tribù celtica facente parte del gruppo degli Insubri e appartenente alla cultura di Golasecca, fu conquistata dagli antichi Romani nel 222 a.C.. Il nome originario, tramandato dagli autori latini come Mediolanum, compare in un antico graffito celtico nella forma Meśiolano (dove ś rende, molto probabilmente, il suono /d/). Con il passare dei secoli accrebbe la sua importanza sino a divenire capitale dell'Impero romano d'Occidente, nel cui periodo fu promulgato l'editto di Milano, che concesse a tutti i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di culto. In prima linea nella lotta contro il Sacro Romano Impero in età comunale, divenne prima signoria per poi essere innalzata a dignità ducale alla fine del XIV secolo, rimanendo al centro della vita politica e culturale dell'Italia rinascimentale. All'inizio del XVI secolo perse l'indipendenza a favore dell'Impero spagnolo per poi passare, quasi due secoli dopo, sotto la corona austriaca: grazie alle politiche asburgiche, Milano divenne uno dei principali centri dell'illuminismo italiano. Capitale del Regno d'Italia napoleonico, dopo la Restaurazione fu tra i più attivi centri del Risorgimento fino al suo ingresso nel Regno d'Italia sabaudo. Principale centro economico e finanziario della penisola italiana, Milano ne guidò lo sviluppo industriale, costituendo con Torino e Genova il "Triangolo industriale", in particolar modo durante gli anni del boom economico quando la crescita industriale e urbanistica coinvolse anche le città limitrofe, creando la vasta area metropolitana milanese. In ambito culturale, Milano è il principale centro italiano dell'editoria ed è ai vertici del circuito musicale mondiale grazie alla stagione lirica del Teatro alla Scala e alla sua lunga tradizione operistica. È inoltre tra i principali poli fieristici europei e del disegno industriale, ed è considerata una delle capitali mondiali della moda.
Il piemontese (nome nativo piemontèis, [pjemʊŋˈtɛjz]) è una lingua romanza appartenente al gruppo delle lingue gallo-italiche parlate nell'Italia settentrionale. Il piemontese è una lingua che possiede caratteristiche lessicali, fonetiche e morfo-sintattiche peculiari, che lo distinguono con una certa intensità all'interno del continuum, e lo differenziano nettamente dall'italiano e dal francese, lingue a cui è sovente associato per via della storia linguistica e della posizione geo-storica del Piemonte. È anche lingua di raccordo tra il lombardo e l'occitano. Nella regione Piemonte sono state utilizzate storicamente ben otto lingue, di cui quella che prende il nome di "piemontese" è l'unica ad essere centrata e racchiusa quasi interamente nel territorio della suddivisione amministrativa. La lingua piemontese è inoltre parte della memoria storica della colonizzazione gringa della pampa argentina. Dal punto di vista genealogico, il piemontese deriva dalla lingua latina innestata sugli idiomi celtici e celto-liguri dopo l'occupazione romana del Piemonte, con successivi contatti e apporti dalle lingue prossime e da quelle adottate come ufficiali. Come lingua scritta il piemontese si usa fin dal XII secolo (Sermoni subalpini), ma una vera koinè per uso letterario si è sviluppata solo nel Settecento, epoca che vide la nascita di una letteratura a carattere nazionale che toccò poco per volta tutti i generi: dalla lirica al romanzo, alla tragedia e all'epica. La grafia piemontese si basa sulla tradizione del Settecento; tuttavia dal Novecento gode di una normazione più precisa e completa che ha dato un non piccolo contributo alla stabilità e all'unità della lingua, contribuendo inoltre a codificare anche alcune varietà orali che avevano avuto tradizioni letterarie scarse o assenti. Il piemontese deve ritenersi una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, che all'articolo 1 afferma che per «lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue [...] che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato». È riconosciuto fra le lingue minoritarie europee dal 1981 (rapporto 4745 del Consiglio d'Europa) ed è inoltre censito dall'UNESCO, nell'Atlante delle lingue del mondo in pericolo, tra le lingue meritevoli di tutela. Va tuttavia segnalato che il riconoscimento dello status di minoranza linguistica non spetta né al Consiglio d'Europa, né al Parlamento europeo, essendo questo riconoscimento di esclusiva spettanza degli Stati firmatari dei singoli trattati europei. Lo stesso dicasi per l'UNESCO, che con il suo atlante delle lingue in pericolo non conferisce alcun riconoscimento di minoranza linguistica, ma si limita a segnalare gli idiomi che ritiene in pericolo di scomparsa. Il 15 dicembre 1999 il Consiglio regionale del Piemonte, nell'ordine del giorno contenente la richiesta al presidente della Repubblica di rinviare alle Camere la legge statale di tutela delle minoranze linguistiche storiche, ha ufficialmente riconosciuto il piemontese quale lingua regionale del Piemonte. Nel 2015 il Consiglio regionale del Piemonte ha inoltre attivato la versione in piemontese del proprio sito ufficiale. La legge regionale n. 11/2009 di valorizzazione del patrimonio linguistico del Piemonte è stata aggiornata nel 2016 a seguito della sentenza della corte costituzionale n. 170/2010 che ne aveva fortemente compromesso l'efficacia (dichiarava infatti incostituzionale il diritto arrogatosi dalla Regione Piemonte di «identificare e tutelare in maniera autonoma ed indiscriminata una propria "lingua" regionale»). Nella sentenza n. 81 del 20 marzo 2018 della Corte costituzionale viene ribadito che «il compito di determinare gli elementi identificativi di una minoranza da tutelare non può che essere affidato alle cure del legislatore statale, in ragione della loro necessaria uniformità per l'intero territorio nazionale. (…) In questa cornice (sentenza n. 170 del 2010) non è consentito al legislatore regionale configurare o rappresentare la propria comunità in quanto tale come minoranza. (…) Riconoscere un tale potere al legislatore regionale significherebbe, infatti, introdurre un elemento di frammentazione nella comunità nazionale contrario agli artt. 2, 3, 5 e 6 Cost.». Pur non essendo regolato ufficialmente da nessuna istituzione, il piemontese è materia di ricerca del Centro Studi Piemontesi - Ca dë Studi Piemontèis, fondato a Torino da Renzo Gandolfo nel 1969, che conduce ricerche sulla lingua, la letteratura e le sue varietà, e organizza i Rëscontr antërnassionaj per attirare allo studio della lingua altri accademici occidentali.