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La riforma dell'XI secolo consiste in una serie di riforme della Chiesa cattolica (più precisamente, della Chiesa latina), attuate in Europa nel corso dell'XI secolo. Fin dall'epoca carolingia i vescovi e gli abati erano stati coinvolti nella gestione del potere pubblico, un coinvolgimento cresciuto a seguito della disgregazione dell'autorità centrale avvenuta nel corso della prima metà del X secolo. Tale situazione si ripercosse fortemente sulla chiesa che andò ad attraversare un periodo, detto saeculum obscurum, di forte crisi morale e di indebolimento del papato succube delle famiglie romane. Fenomeni quali la simonia o il nicolaismo erano divenuti oramai consuetudinari. A fronte di ciò nacquero alcuni movimenti che miravano al ripristino della moralità e del prestigio della chiesa: le prime avvisaglie si ebbero nel mondo monastico ed in particolare nell'abbazia di Cluny, fondata nel 910 (o 909), che dette vita alla cosiddetta riforma cluniacense. Grazie al suo prestigio e alla sua autonomia, gli ideali cluniacensi si diffusero in poco tempo in tutta Europa iniziando ad influenzare anche il clero secolare. Tra i sostenitori della riforma vi fu l'imperatore Enrico III il Nero, Re dei Romani dal 1039, che nel 1045 intervenne personalmente in una situazione di forte crisi del papato, con ben tre papi che si consideravano legittimi e che si accusavano vicendevolmente di simonia. Enrico depose i tre avversari e fece nominare un papa tedesco, papa Clemente II, al soglio di Pietro a cui seguirono altri papi provenienti d'Oltralpe. Questo portò beneficio al papato, sia perché veniva sottratto al controllo dell'aristocrazia romana, sia perché in Germania si era soliti nominare vescovi persone di alto valore morale, poiché il potere regio contava sulla loro affidabilità. Fu proprio grazie a questi papi tedeschi che iniziò veramente la riforma della chiesa che venne imposta a tutta la cristianità. Con la morte di Enrico e la successiva debole reggenza dell'imperatrice, l'influenza della corte tedesca sul papato venne messa in crisi, tanto che i papi successivi (di origine tosco-lorenese) furono eletti senza che questa venisse contemplata ma, contestualmente, si assistette anche ad una intensificazione della riforma. Questi papi vollero affermare il primato della Santa Sede sui vescovi e sul clero delle diverse diocesi (e ciò creò spesso tensioni con gli episcopati locali), nonché rivendicare le proprie prerogative nei confronti delle autorità civili, prima di tutto l'imperatore romano-germanico, portando a frizioni con esso. Ma lo scontro più duro si ebbe con il pontificato di papa Gregorio VII, fervente sostenitore della riforma e del primato papale (le sue idee furono, probabilmente, declinate nel celebre Dictatus papae), che lo vide protagonista di una lotta (conosciuta come "lotta per le investiture") contro il giovane e futuro imperatore Enrico IV. Lo scontro sfociò in episodi drammatici ed inediti quando Enrico arrivò a dichiarare deposto Gregorio VII e quest'ultimo a rispondere scomunicandolo. L'impegno di Gregorio VII nella difesa degli ideali della riforma fece si che talvolta questa viene conosciuta come riforma gregoriana, un termine spesso utilizzato, con una specie di sineddoche, per designare tutti gli interventi di questa azione riformatrice dell'XI secolo. Il processo di riforma continuò anche dopo la morte di Gregorio, avvenuta nel 1085 mentre si trovava in esilio a Salerno, tuttavia con tinte meno dure. I conflitti con l'Impero si conclusero con il concordato di Worms del 1122 che prevedeva una sorta di compromesso, ma la struttura della chiesa era oramai mutata verso un modello monarchico gerarchicamente strutturato in modo verticistico. Dalla riforma derivò anche una nuova organizzazione del clero tutt'ora (primo quarto del XXI secolo) in vigore, basata sul celibato e sulla netta separazione tra laici ed ecclesiastici. Oltre ai papi e agli imperatori, la riforma dell'XI secolo ebbe come protagonisti anche diversi teologi che fornirono le giustificazioni dottrinali al movimento e al rafforzamento della figura del pontefice.
Gregorio VII, nato Ildebrando di Soana (Soana, 1015 circa – Salerno, 25 maggio 1085), è stato il 157º papa della Chiesa cattolica dal 1073 alla morte. Inviato giovanissimo a studiare a Roma, entrò in contatto con i valori della riforma cluniacense probabilmente grazie agli insegnamenti di Lorenzo d'Amalfi e Giovanni Graziano, futuro papa Gregorio VI. Divenuto, sotto Papa Leone IX, consigliere papale, iniziò ad esercitare una fortissima influenza, tanto che si è spesso arrivati a parlare di "riforma gregoriana" per indicare quella trasformazione in atto nella chiesa del tempo. Il 22 aprile 1073 venne eletto papa per acclamazione, senza seguire le norme canoniche previste, suscitando critiche riguardo alla legittimità che perdureranno per tutto il suo pontificato. Durante il suo pontificato, Gregorio VII si spese energicamente per combattere la simonia, il nicolaismo e, soprattutto, nell'affermare il primato papale sul potere laico. Probabilmente nel 1075, scrisse il celebre Dictatus papae, una serie di 27 affermazioni riguardanti diritti e prerogative che nelle sue intenzioni dovevano essere attribuite al papa. La sua ferma intenzione a sottrarre al potere laico il diritto di investitura lo condusse ad uno scontro, passato alla storia come "lotta per le investiture", che lo vide contrapposto al re (e futuro imperatore) Enrico IV di Franconia, quest'ultimo desideroso, invece, di ripristinare l'autorità imperiale. La lotta sfociò in eventi drammatici e inediti, con Enrico che arrivò a destituire Gregorio e quest'ultimo a rispondere scomunicandolo. Emblematica la cosiddetta "umiliazione di Canossa" con la quale il giovane imperatore intendeva chiedere il perdono del papa. La lotta si concluse negativamente per Gregorio che fu costretto nel 1080 a fuggire da Roma e a mettersi in salvo a Salerno grazie alla protezione del normanno Roberto il Guiscardo. Gregorio morirà in esilio nel 1085, tuttavia la sua azione caparbia aveva oramai impattato profondamente sulla Chiesa e cambiato i rapporti di forza con il potere temporale. Considerato uno dei papi più importanti della storia, contribuì indiscutibilmente al formare l'assetto della Chiesa che, sostanzialmente, permane tutt'oggi, favorendo quel processo di trasformazione che la portò a configurarsi come una monarchia teocratica dal potere centralizzato. Il culto tributatogli sin dalla morte venne ratificato nel 1606 da papa Paolo V, che ne proclamò la santità. La memoria liturgica è il 25 maggio.
Con il termine poteri universali si definiscono il Papato ed il Sacro Romano Impero bassomedievali, le due massime autorità politiche e spirituali dell'epoca. Si definivano universali poiché volevano essere le guide politiche, morali e spirituali dell'intera Cristianità medievale e ritenevano ogni altro potere subordinato al proprio. Questi due poteri, a partire dal Dictatus Papae di papa Gregorio VII (1075), furono sempre in aperto conflitto per ottenere il primato assoluto ed il teatro dello scontro fu quasi sempre la penisola italiana. La lotta si protrasse per circa duecento anni, ma, alla fine, la costituzione delle forti monarchie nazionali e la crisi del Sacro Romano Impero portarono ad un drastico indebolimento di entrambe le parti. L'ultimo sogno universalistico, coltivato da Carlo V d'Asburgo, si infranse davanti alla divisione dell'impero ed all'accanita opposizione del più potente dei nuovi stati nazionali, il Regno di Francia. Contemporaneamente, la supremazia del papato fu messa in discussione dalla Riforma Protestante.
L'espressione potere temporale si usa di solito in riferimento al periodo storico in cui il Papa, oltre ad essere sommo pontefice della Chiesa cattolica, è stato anche sovrano dello Stato Pontificio (752-1870). Il termine "temporale" indica il governo degli uomini (oggi definito "potere politico"). Il termine viene spesso giustapposto a "potere spirituale", ovvero governo delle anime.
Lo Stato Pontificio (Stato della Chiesa fu il suo nome ufficiale fino al 1815, detto anche Stato Ecclesiastico) fu l'entità statuale costituita dall'insieme dei territori su cui la Santa Sede esercitò il proprio potere temporale dal 751 o 756 al 1870, ovvero più di un millennio. Era governato da una teocrazia con a capo il Papa come guida religiosa, politica e militare. Durante la sua esistenza ebbe periodi in cui il suo prestigio e la sua influenza sullo scacchiere politico europeo furono rimarchevoli; la sua proiezione internazionale uscì dai limiti territoriali che le circostanze storiche gli avevano assegnato in relazione al Sacro Romano Impero. I vincoli di vassallaggio dettati dalla Santa Sede condizionarono talvolta importanti stati indipendenti come il Regno di Sicilia, il Regno di Napoli, il Regno d'Inghilterra, il Regno di Francia, il Regno di Spagna, il Regno del Portogallo, la Corona d'Aragona, il Regno d'Ungheria, l'Impero austriaco e altri stati. Terminò la sua esistenza nel 1870, dopo l'annessione al Regno d'Italia di tre legazioni, con gli eventi che seguirono la fine della Seconda guerra d'indipendenza italiana e la spedizione dei Mille (1859 - 1861) e con la presa di Roma e la successiva annessione della quarta legazione e del circondario di Roma (1870).
Pietro Igneo (Firenze, XI secolo circa – Albano Laziale, 8 febbraio 1089) è stato un abate, vescovo e cardinale italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
Papa Paolo VI (in latino: Paulus PP. VI, nato Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini; Concesio, 26 settembre 1897 – Castel Gandolfo, 6 agosto 1978) è stato il 262º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, primate d'Italia e 4º sovrano dello Stato della Città del Vaticano a partire dal 21 giugno 1963 fino alla morte. Venerabile dal 20 dicembre 2012, dopo che papa Benedetto XVI ne aveva riconosciuto le virtù eroiche, è stato beatificato il 19 ottobre 2014 e proclamato santo il 14 ottobre 2018 da papa Francesco.
Matilde di Canossa, o Mathilde, o più correttamente Matilde di Toscana, nota anche come la Grancontessa (in latino: Mathildis, in tedesco: Mathilde von Tuszien; Mantova (?), marzo 1046 – Bondeno di Roncore, 24 luglio 1115), fu contessa, duchessa, marchesa e vicaria imperiale. Matilde fu una potente feudataria ed ardente sostenitrice del papato nella lotta per le investiture; personaggio di assoluto primo piano in un'epoca in cui le donne erano considerate di rango inferiore, arrivò a dominare tutti i territori italici a nord dello Stato Pontificio. Sotto il suo comando il Dominio dei Canossa raggiunse la massima estensione. Nel 1076 entrò in possesso di un vasto territorio che comprendeva la Lombardia, l'Emilia, la Romagna e – come duchessa / marchesa – la Toscana, e che aveva il suo centro a Canossa, nell'Appennino reggiano. Fra il 6 e l'11 maggio 1111 fu reinfeudata dall'imperatore Enrico V, presso il Castello di Bianello, a Quattro Castella, oggi in provincia di Reggio Emilia. La grancontessa (magna comitissa) Matilde è certamente una delle figure più importanti e interessanti del Medioevo italiano: vissuta in un periodo di continue battaglie, di intrighi e scomuniche, seppe dimostrare una forza straordinaria, sopportando anche grandi dolori e umiliazioni e mostrando un'innata attitudine al comando. La sua fede nella Chiesa di quel tempo le valse l'ammirazione e il profondo amore di tutti i suoi sudditi.
Andrea Giardina (Palermo, 1949) è uno storico italiano. Si occupa prevalentemente di storia sociale, amministrativa e politica del mondo romano e della fortuna dell'antico nel mondo contemporaneo.Dal 17 gennaio al 9 maggio 2019, in quanto Vice Direttore della Scuola Normale Superiore, "ricopre la massima carica istituzionale limitatamente all’ordinaria amministrazione, come previsto da Statuto, ed assume la rappresentanza legale della Scuola", fino all'elezione del nuovo Direttore.