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Umberto Eco (Alessandria, 5 gennaio 1932 – Milano, 19 febbraio 2016) è stato un semiologo, filosofo, scrittore, traduttore, accademico, bibliofilo e medievista italiano. Saggista e intellettuale di fama mondiale, ha scritto numerosi saggi di semiotica, estetica medievale, linguistica e filosofia, oltre a romanzi di successo. Nel 1971 è stato tra gli ispiratori del primo corso del DAMS all'Università di Bologna. Sempre nello stesso ateneo, negli anni Ottanta ha promosso l'attivazione del corso di laurea in Scienze della comunicazione, già attivo in altre sedi. Nel 1988 ha fondato il Dipartimento della Comunicazione dell'Università di San Marino. Dal 2008 era professore emerito e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell'Università di Bologna. Dal 12 novembre 2010 Umberto Eco era socio dell'Accademia dei Lincei, per la classe di Scienze Morali, Storiche e Filosofiche. Tra i suoi romanzi più famosi figura Il nome della rosa vincitore del Premio Strega e tradotto in più di 40 lingue, che è divenuto un bestseller internazionale avendo venduto oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo; da quest'opera sono stati tratti un film ed una serie televisiva.
Il pensiero di Umberto Eco sull'interpretazione della realtà risente fortemente della dottrina di Luigi Pareyson di cui Eco è stato allievo. Il filosofo piemontese sosteneva che «l'oggetto si rivela nella misura in cui il soggetto si esprime» perché l'oggetto è «conoscenza di forme da parte di persone» nel senso che l'interpretazione dell'oggetto muta a seconda delle persone che lo considerano cosicché varia l'oggetto interpretato e varia il soggetto che lo interpreta. In un significato più ampio questa teoria comporta che la verità non è mai univoca ma è costituita da un infinito processo interpretativo di oggetti in cui permane soltanto una "forma formante" che il soggetto deve continuamente interpretare. Eco estenderà questa concezione dell'interpretazione al concetto fondamentale della semiotica: il segno. La correlazione cioè che si forma tra la parola scritta o parlata (il "significante") e la cosa reale a cui il segno si riferisce (il referente) secondo Eco è del tutto convenzionale; così come sostenere una somiglianza tra il segno e la cosa dipende dalla soggettività di chi esprime la comparazione. La stessa opera d'arte, intendendo sia l'arte "alta" che le produzioni artistiche di massa e popolari, non è mai legata ad un significato unico e permanente ma abbisogna di una continua integrazione interpretativa sia dei critici che del comune utente. L'opera "aperta" è allora un testo che permette interpretazioni multiple o mediate dai lettori. Al contrario, un testo chiuso conduce il lettore ad una sola interpretazione. Successivamente Eco completerà la sua teoria sostenendo che il romanzo è una "macchina pigra" che si deve continuamente rinnovare nel suo significato attraverso l'interpretazione dei lettori . Dice Eco che «un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare» , poiché è «un prodotto la cui sorte interpretativa deve far parte del proprio meccanismo generativo» . Tra l'autore, dunque, che segue una sua "strategia" testuale e il lettore che ne segue una sua propria, sempre diversa da quella dell'autore, si deve formare, dall'incontro tra le due strategie, una cooperazione testuale. Successivamente Eco modererà queste sue convinzioni affermando che Nel saggio del 1964 Apocalittici e integrati l'analisi di Eco si estende a le più svariate espressioni di cultura di massa che l'intellettuale piuttosto che criticare deve fare in modo che essa possa trasmettere valori culturali. Altre considerazioni vengono svolte nella stessa opera sul fumetto giudicato come esempio di letteratura di massa e potenziale strumento di persuasione occulta. Nel 1983 Gianni Vattimo, compagno di studi di Eco e allievo con lui di Pereyson, pubblica Il pensiero debole, una specie di manifesto di un nuovo movimento filosofico. L'opera comprende numerosi saggi tra i quali quelli di Pier Aldo Rovatti, di Maurizio Ferraris, di Diego Marconi ed anche uno di Eco intitolato L'antiporfirio. In questo saggio Eco vede nell'allievo di Plotino, Porfirio, il rappresentante esemplare di quel "pensiero forte" che con argomentazioni metafisiche pretende di raggiungere verità assolute e definitive contrapponendosi al "socratico" "pensiero debole" che consapevole dei limiti umani pone il dialogo e il confronto con gli altri come l'unica via per la conquista di una verità che va rimessa sempre in discussione. Nel 1975 Eco ricopre la cattedra di semiotica all'Università di Bologna. La semiotica, diversamente dalla semiologia , si riferisce agli studi del filosofo statunitense fondatore del pragmatismo, Charles Sanders Peirce (1839-1914) interessato ad analizzare i fenomeni cognitivi per identificare le regole per la trasmissione dei messaggi . Ambedue le discipline si riferiscono al segno (dal termine greco σημεῖον semeion, che significa "segno") che è in generale "qualcosa che rinvia a qualcos'altro" (per i filosofi medievali "aliquid stat pro aliquo") Peirce nel suo libro Semiotica (pubblicato postumo nel 1932) ritiene che nel segno, inteso come "icona" (ad esempio un ritratto) vi siano delle proprietà dovute alla somiglianza con l'oggetto reale rappresentato, mentre quando il segno è un "indice", cioè si trova vicino all'oggetto (come il fumo è indice del fuoco) oppure un "simbolo" (ad esempio la bandiera simbolo della patria), in questi casi, il rapporto tra segno e referente è del tutto convenzionale. Eco sostiene che questa convenzionalità vada estesa anche all'icona alla quale il soggetto attribuisce significati che vanno riportati al suo particolare ambiente culturale come accade per le popolazioni che non conoscendo la prospettiva interpretano diversamente le figure rappresentate in una foto. . La semiotica dunque è la «teoria della menzogna», «la semiotica è la disciplina che studia tutto ciò che può essere usato per mentire.», come il romanzo, un testo che si fonda sulla bugia. La semiosi quindi è illimitata : ogni segno, linguistico e non, si può definire riportando la sua interpretazione ad altri segni come quando consultiamo una parola sul dizionario che ci rimanda ad altri lemmi e significati.
Il nome della rosa è un romanzo scritto da Umberto Eco ed edito per la prima volta da Bompiani nel 1980. Già autore di numerosi saggi, il semiologo decise di scrivere il suo primo romanzo, cimentandosi nel genere del giallo storico e in particolare del giallo deduttivo. Tuttavia, il libro può essere considerato un incrocio di generi, tra lo storico, il narrativo e il filosofico. L'opera, ambientata sul finire dell'anno 1327, si presenta con un classico espediente letterario, quello del manoscritto ritrovato, opera, in questo caso, di un monaco di nome Adso da Melk, che, divenuto ormai anziano, decide di mettere su carta i fatti notevoli vissuti da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del proprio maestro Guglielmo da Baskerville. La vicenda si svolge all'interno di un monastero benedettino di Santa Scolastica, ed è suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica. Il romanzo ha ottenuto un vasto successo di critica e di pubblico, venendo tradotto in oltre 45 lingue con oltre 60 milioni di copie vendute in trent'anni. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, tra cui il Premio Strega del 1981, ed è stato inserito nella lista de "I 100 libri del secolo di Le Monde". Dal romanzo sono state tratte diverse trasposizioni, tra cui si segnalano le seguenti: l'omonimo film del 1986, diretto da Jean-Jacques Annaud, con Sean Connery, Christian Slater e F. Murray Abraham; l'omonima miniserie del 2019, diretta da Giacomo Battiato, con John Turturro, Damian Hardung e Rupert Everett. Nel maggio del 2020, la casa editrice La Nave di Teseo, fondata dallo stesso Eco, pubblica una versione del romanzo arricchita coi disegni e gli appunti preparatori dell’autore.