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Il trionfo della morte è un tema iconografico a carattere macabro diffuso nel tardo medioevo a partire dal Trecento, soprattutto in area franco-tedesca e nell'area alpina. Se ne contano quasi 300 esempi comprendendo anche le danze macabre e il tema iconografico dell'Incontro dei tre morti e dei tre vivi. Questa iconografia macabra in alcuni casi anticipa la peste nera del 1348, che decimò la popolazione europea riempiendo le città di cadaveri, in altri ne è una conseguenza diretta. Se nelle opere prima della fatidica peste il trionfo della morte è più che altro connesso con il tema del Giudizio universale, talvolta correlato da una rappresentazione del Paradiso e dell'Inferno legata alla descrizione dantesca, nelle opere più tarde inizia a comparire la morte stessa che decima "gratuitamente" la popolazione, in una visione desolata non necessariamente connessa con il tema della salvezza, ma piuttosto si tratta di rielaborazioni fantasiose di quella che fu una tremenda esperienza collettiva. Nei trionfi vi è rappresentata solitamente la morte, come uno scheletro armato di falce che colpisce diverse categorie di persone, sottolineando in particolare come Re, papi e gente comune siano uguali dinanzi ad essa, che viene talvolta aiutata da altri scheletri o da demoni.
La storia dell'arte è la teoria e la storia che studia la nascita e il progresso delle espressioni artistiche, attraverso un punto di vista metodologico filosofico ed estetico oltre che semiotico - cognitivo e letterario, con particolare riguardo ai fenomeni distintivi. Nell'arco dei secoli si è formalizzata come ricerca di conoscenze, tecniche e descrizioni, utili alla comprensione delle più varie forme artistiche. Le prime descrizioni autentiche compaiono in testi greci antichi (Pausania) e romani (Plinio il Vecchio). In quanto disciplina teorica si occupa dei principi estetici e storici della funzione estetica, della costituzione e delle variazioni di forme, degli stili e dei concetti trasmessi attraverso opere d'arte. Una grande divisione, tra arte e tecnica, nasce nell'Accademia platonica, a contrasto delle forme ibride di imitazione. Nel corso delle importanti egemonie culturali, il punto di vista dello storico dell'arte, è stato omologato alla ricerca e diffusione di canoni operativi. Nella sua veste di ricerca stilistica e biografica, essa adotta i criteri della filosofia e della storia letteraria, così come della psicologia evolutiva e della critica d'arte. Solo dopo la metà dell'Ottocento, l'interesse della sociologia, per studi psicologici e letterari, ha comportato un orientamento verso la comprensione del fenomeno artistico dal punto di vista dei fenomeni sociali coinvolti. In questo quadro scientifico di studi contemporanei, è stato possibile completare la ricerca da un punto di vista sociopedagogico e psicopedagogico, con teorie sulla "formatività" (Pereyson) e sull'apporto dei musei, delle gallerie e degli archivi pubblici e privati, messi in luce dalla critica contemporanea. La storia dell'arte è intesa anche come rispetto delle sistematicità che essa contiene e contribuisce a far conoscere, mediando tra conservazione, innovazione culturale e industriale. Opere unitarie sulla personalità artistica ottengono l'ambito riconoscimento di ricomporre la teoria e la tecnica delle arti. Si pensi al saggio di Benvenuto Cellini. Uno dei successivi maggiori contributi, nasce con l'esperienza vivida dei manieristi al seguito di Michelangelo Buonarroti: Giorgio Vasari comprese la necessità di raccogliere le testimonianze letterarie e critiche, concrete e collezionistiche, tecniche e diaristiche proprie degli artisti e quindi raccolse utili informazioni allo scopo di tracciare la fortuna delle opere e degli artisti. Facendo così intese riportare la tradizione culturale italiana a partire da Giotto, costituendo un modello, presumibilmente derivato dall'arte greca, della maniera, affrancandola dall'ambito servile in cui era collocata per essere considerata un'arte libera alla pari con il lavoro intellettuale. La sua raccolta, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, permette di riconoscere la continuità dello stile e la necessità critica di un giudizio sull'arte e sull'architettura, ha innovato nello stile, ha dato un'impronta negli studi, almeno fino a Federico Zeri. La funzione di queste raccolte, pubblicate a mezzo stampa, ebbe colorazioni diverse. Marco Boschini, scriverà con un lessico veneziano, il modo di interpretare la pittura, in una Venezia aperta al riconoscimento e al mercato internazionale, non di meno con intenzioni allegoriche e istruttive dal punto di vista culturale e morale. In Italia, si sono percorse influenze profonde, ancorate a principi teorici: dalla storia della religione, all'evoluzione dei concilii, dalla manifestazione di opere pubbliche alla realizzazione di scuole, motivo per cui, una storia dell'arte, può avere come suo ancoramento intrinseco, una vocazione dal tratto antropologico culturale propria. Il metodo dello storico dell'arte, in sintesi, deve potersi avvicinare a quello del sociologo e semiotico visivo pur rappresentando conoscenze evolutive proprie e accostandosi al metodo filosofico e naturalistico delle scienze. In quanto disciplina, deve occuparsi di tutte le forme artistiche, potersi specializzare e ricoprire quindi una veste scientifica propria per poter essere trasmessa. L'aspetto approfondito del bene culturale, così come le conoscenze di opere e di autori, in particolare in pittura, in scultura e in architettura, sono il fondamento degli studi accademici, specialistici e di ricerca. Inoltre, come ogni altra disciplina storica e umanistica, la storia dell'arte è soggetta ad un'opera di interpretazione e riconoscimento critico ed è soggetta al metodo storiografico progressivo. Lo studio dei contesti, degli antefatti, delle condizioni ambientali e dei mutamenti, della collocazione e della condizione della conservazione, in cui un'opera è stata concepita, realizzata, recepita e studiata, nonché della committenza e dei materiali, è parte integrante sia per la comprensione del significato, delle funzioni tipiche dell'opera, sia del percorso artistico e del valore dell'opera. A queste competenze si aggiungono la museografia e il restauro del bene culturale. Anche su questo piano, la storia dell'arte, deve poter cercare le analogie e le differenze comprese nell'opera, dal punto di vista dei legami con altre scienze, degli usi e dei costumi, nell'impegno complessivo di partecipare allo sviluppo democratico e alla conoscenza in genere. La "descrizione analitica" (ékphrays) del formarsi delle opere d'arte, e delle opere stesse, permette di affrontare tematiche di vasta portata: i ricettari, i trattati, i dizionari monografici, del disegno e del colore, sia tecnici che a glosse, favoriscono la divulgazione della storia delle arti, e rendono possibile una competenza settoriale, uno studio distintivo in Arti maggiori e Arti minori nel rispetto del ritrovamento. Con il contributo dell'archeologia, le opere d'arte possono essere studiate e descritte approfondendo aspetti ragionati che la costituiscono: dalle osservazioni presemiotiche e meno intenzionali, dai materiali alla conoscenza strutturata, dobbiamo il formarsi di settori propri: iconologia, iconografia, allegoria e simbolo, che di volta in volta hanno arricchito la letteratura artistica, favorendo il nascere di correnti di pensiero (ut pictura poïesis). Lo studio delle opere del passato, soprattutto se appartenenti a culture distanti, porta, in particolar modo, alla conoscenza e al rispetto di codici culturali e filosofici ai quali le opere fanno riferimento. Lo studio articolato delle invenzioni e delle scoperte, in storia e storia dell'arte, porterebbe ai significati teorici stessi delle opere d'arte ritenute maggiori. L'arte, afferma Edgar Wind, è sottoposta a principi regolativi universali, educare con l'arte, significa concedere all'espressione e al contenuto artistici, uno statuto normativo e progettuale proprio, che attinge alla forma stessa dei linguaggi dei primordi che hanno permesso la formazione del gusto, dell'estetica e dell'etica nelle varie epoche. I contributi degli storici dell'arte, non possono che provenire da spontanee costruzioni professionali, nozioni, competenze, disposizioni che restituite ne favoriscono l'accesso, tuttavia nel corso del Novecento sono nati veri e propri istituti di eccellenza. Ad esempio il Warburg Institute di Londra, si è occupato dell'orientamento religioso, allegorico e astrologico delle opere d'arte. Con la didattica museale si esprime un concetto affine, quello del significato dell'esperienza diretta del fare artistico accanto alla fruizione estetica del sapere, si favorisce la conoscenza individuale del valore estetico dell'opera d'arte. Le correnti strutturaliste e costruttiviste, linguistiche e psicologiche, hanno orientato la pedagogia artistica sulle direzioni di senso, legate alla comprensione delle procedure artistiche tecniche. Alcuni sviluppi autorialiAlois Riegl, 1893, Stilfragen (tr. in it. Problemi di stile); Spätrömiche Kunstindustrie, 1901 (tr. in it. Arte industriale della tarda romanità Arnold Hauser evoluzione dell'arte (sociologo dell'arte) F. Wickhoff narrazione continua Heinrich Wölfflin leggi della visione figurazione Max Dvořák situazione spirituale rispecchiata Julius von Schlosser apporti strutturalisti Carlo Brandi semiologia e arte Benedetto Croce il soggetto del fare artistico è inseparabile dall'opera e irriducibile allo stile N. Ivanoff il carattere di una narrazione dello sbocciare successivo e imprevedibile di maniere e stili J. J. Winckelmann adotta il concetto classico di storia e cerca di ricostruire l'essenza dell'arte che a suo avviso non dipende dalla storia personale degli artisti L. Lanzi le singole maniere nel particolare stile di ciascun artista ma dichiara di non essere interessato a ridurre la storia dell'arte a tratti permanenti, come farebbe una scienza naturale, aprendo lo studio alle forme visive e alle scuole ▪︎ J. D. Fiorillo ▪︎ J. B. Seroux D'Agincourt ▪︎ L. Cicognara ▪︎ F. Kugler ▪︎ A. Springer ▪︎ P. Selvatico ▪︎ G. B. Cavalcaselle ▪︎ J. A. Crowe ▪︎ L. Moretti ▪︎ A. Venturi ▪︎ R. Longhi ▪︎ P. Toesca ▪︎ B. Berenson Storia dell'arte senza nomi A. Hauser Storia dello stile H. Wölfflin Storicismo N. Pevsner per lo sviluppo di una sintesi Luigi Grassi, Mario Pepe - Dizionario di arte. Termini, movimenti e stili dall'antichità a oggi. Torino, UTET, 2003 ISBN 8877508450Si configura in tal modo la centralità dell'insegnamento di tale disciplina, impartita nelle scuole secondarie di primo grado e nei licei.
La morte personificata è una figura esistente fin dall'antichità nella mitologia e nella cultura popolare, con una vaga forma umana o come personaggio fittizio. La raffigurazione più diffusa nell'immaginario collettivo è quella di uno scheletro che brandisce una falce, a volte vestito da un saio nero, una tunica o da un mantello di colore nero munito di cappuccio. I temi più comuni con i quali viene raffigurata la morte personificata sono: - scheletri che danzano con esseri viventi; - scheletri armati di falce e martello che infieriscono su varie categorie sociali di persone per dimostrazione che dinanzi alla morte siamo tutti uguali; - Danza Macabra che si diffonde nella seconda metà del 1300 mediante il testo francese composto da Jean Le Ferve (1395-1468) nel quale dichiara: “Je fis Le Macabré La Danse”; - raffigurazioni del Giudizio Universale correlato a una rappresentazione dantesca del Paradiso e dell'Inferno; - raffigurazione del Giudizio Universale come decimazione umana dopo la peste del 1348; - raffigurazioni di 3 personaggi vivi e 3 personaggi morti, questo per sottolineare il ciclo della vita e della morte; - associazione di simboli di morte a quelli del diavolo per evidenziare la contrapposizione duale tra l'anima e il corpo, la luce e il buio, la vita e la morte. L'iconografia del Giudizio Universale dal XII secolo cambia diventando giudizio individuale: l'uomo al momento della morte acquista coscienza della sua individualità, passando perciò dalla morte intesa come fatto collettivo, alla morte che concerne il singolo individuo, la propria morte. Il morente non vede più le persone intorno a sé ma si chiude in se stesso dove avviene lo scontro tra Cielo e Inferno, tra Cristo, Le Vergini, I santi e i Demoni. Il giudizio dell'individuo non avviene in uno spazio ultraterreno ma dentro la sua stanza: accade allora che Dio non sia tanto il giudice che pronuncia la sentenza, quanto l'arbitro dell'ultima prova proposta all'uomo nel momento preciso della morte. (PHILIPPE ARIES, La storia della morte in Occidente, Milano, Bur, p. 91) Il morente deve scegliere tra il bene e il male, ma il demonio lo tenta sollecitandolo alla disperazione mostrandogli come la fine minacci di sottrargli tutti quei beni materiali che egli ha amato e posseduto. Se accetterà di rifiutare i beni terreni si salverà, se invece vorrà portarli nell'aldilà sarà dannato. Questi oggetti temporali possono essere sia beni concreti che la stessa famiglia, in entrambi i casi il moribondo peccherà di avarizia intesa come avida passione della vita , degli esseri e delle cose. L'avaro voleva portare con sé i beni della vita ma la Chiesa lo avvertiva che li avrebbe portati all'Inferno. Lo si vede bene nell'affresco Il trionfo della morte, risalente al 1485, ospitato nella chiesa di S. Bernardino a Bergamo, la morte viene raffigurata come regina che sottomette tutti a sé, indossa un mantello e una corona ed è attorniata da persone che la implorano e le offrono ricchezze. Pertanto il momento della morte non è più calmo e rassegnato ma drammatico, in quanto espressione di questo nuovo rapporto con la ricchezza che può essere temporale ma anche spirituale. L'uomo in punto di morte, non essendo più certo della salvezza eterna, voleva salvaguardarsi con garanzie spirituali: il morente quindi doveva scegliere tra l'amore per i beni temporali e la vita eterna: donare i beni alla Chiesa permetteva la salvezza dell'anima. Si stabilì così una relazione ambigua tra gli atteggiamenti davanti alla ricchezza e quelli davanti alla morte (l'amore delle cose terrene legato alla salvezza eterna): l'amore per i beni terreni permettevano donandoli alla Chiesa, la garanzia della vita eterna, ma non solo, si ottenevano in cambio anche fama e gloria, come mostrano le tombe dei maggiori donatori. Ritornano infatti le tombe visibili, molto rare nell'Alto Medioevo, che permettevano al defunto di essere in cielo ma rimanere sulla terra. Questo processo di trasformazione ha portato l'aumento della diseguaglianza tra povero e ricco: solo pochi potevano arrivare a ottenere una tomba visibile e propria, gli altri rimanevano anonimi nella fossa comune. La netta distinzione tra ricco e povero veniva sottolineata dal cambiamento dei riti funebri. Il corte funebre del potente donatore aveva un seguito molto numeroso, costituito da monaci, preti specializzati, amici, parenti e gente povera. La figura della morte è nota a molti con il nome di Tristo Mietitore, Sinistro Mietitore, Cupo Mietitore, Nera Mietitrice o Signora in Nero. La personificazione della morte viene generalmente associata all'idea di un'entità neutra, ossia né buona né cattiva. Il suo unico compito sarebbe quello di accompagnare nel trapasso le anime degli esseri umani al regno dei morti. La morte viene spesso immaginata come una forza personificata, grazie al suo posto di rilievo nella cultura. In alcune mitologie, il Tristo Mietitore fa sì che la vittima muoia semplicemente venendo a prenderla e portandola all'inferno. A loro volta, le persone in alcune storie cercano di aggrapparsi alla vita evitando la visita della Morte, o difendendosi dalla Morte offrendole denaro o altre preziosità o usando trucchi. Altre credenze sostengono che lo Spettro della Morte è solo uno psicopompo, che serve a recidere gli ultimi legami tra l'anima e il corpo, e per guidare il defunto verso l'aldilà, senza avere alcun controllo su quando o come la vittima muore. La morte è spesso personificata in forma maschile, sebbene in certe culture venga percepita come femminile (ad esempio, Morana nella mitologia slava):.
L'incontro dei tre vivi e dei tre morti è un soggetto tipico della iconografia della Morte.
La Crocifissione rappresenta il simbolo per antonomasia della religione cristiana: essa occupa un posto centrale nella produzione dell'arte sacra. L'analisi della iconografia della Crocifissione mostra la varietà di sistemi di senso attribuiti alla sofferenza ed alla morte di Cristo ed alla promessa di salvezza per gli uomini.