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Il Risorgimento è il periodo della storia italiana durante il quale l'Italia conseguì la propria unità nazionale. La proclamazione del Regno d'Italia del 17 marzo 1861 fu l'atto formale che sancì, a opera del Regno di Sardegna, la nascita del nuovo Regno d'Italia formatosi con le annessioni plebiscitarie di gran parte degli Stati preunitari. Per indicare questo processo storico si usa anche la locuzione "unità d'Italia". Il termine, che designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiama gli ideali romantici, nazionalisti e patriottici di una rinascita italiana attraverso il raggiungimento di un'identità politica unitaria che, pur affondando le sue radici antiche nel periodo romano, «aveva subìto un brusco arresto [con la perdita] della sua unità politica nel 476 d.C. in seguito al crollo dell'Impero romano d'Occidente».
La storia di Livorno, se confrontata con quelle delle altre città toscane, è sicuramente tra le più originali nel panorama regionale, in quanto slegata da uno sviluppo medievale che è comune alla maggior parte degli altri centri.Le origini dell'insediamento dal quale si è poi sviluppata la città sono comunque antiche e legate alla vicinanza con il principale scalo marittimo della Repubblica pisana. Tramontato il dominio di Pisa, i Medici decretarono l'ampliamento di Livorno, trasformando un piccolo villaggio nella più importante città italiana progettata e costruita tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo.Principale porto del Granducato di Toscana e tra i più trafficati scali di tutto il bacino del Mediterraneo, Livorno divenne un rilevante centro economico animato da mercanti provenienti da qualsivoglia Nazione, come specificato dalle Leggi Livornine, che le conferirono i caratteri di città cosmopolita per eccellenza, anche durante il successivo dominio lorenese.Dopo l'unificazione e la crisi economica conseguente all'abolizione del porto franco, la città accolse numerose fabbriche di rilevanza nazionale, divenendo il maggiore centro industrializzato della Toscana.Fu duramente colpita dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale, che, assieme alla ricostruzione, cancellarono parte delle sue principali vestigia, conferendole un aspetto moderno.
La storia della letteratura italiana ha inizio nel XII secolo, quando nelle diverse regioni della penisola italiana si iniziò a scrivere in italiano con finalità letterarie. Il Ritmo laurenziano è la prima testimonianza di una letteratura in lingua italiana. Gli storici della letteratura individuano l'inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la scuola siciliana di Federico II di Svevia, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario di cui sia noto l'autore è considerato il Cantico delle creature di Francesco d'Assisi. In Sicilia, a partire dal terzo decennio del XIII secolo, sotto il patrocinio di Federico II si era venuto a formare un ambiente di intensa attività culturale. Queste condizioni crearono i presupposti per il primo tentativo organizzato di una produzione poetica in volgare romanzo, il siciliano, che va sotto il nome di "scuola siciliana" (così definita da Dante nel suo “De vulgari Eloquentia”). Tale produzione uscì poi dai confini siciliani per giungere ai comuni toscani e a Bologna e qui i componimenti presero ad essere tradotti e la diffusione del messaggio poetico divenne per molto tempo il dovere di una sempre più nota autorità comunale. Quando la Sicilia passò il testimone ai poeti toscani, coloro che scrivevano d'amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quella di Bologna. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale e furono soprattutto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell'eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come Ovidio, Virgilio, Lucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua, che pur nata verso il X secolo si emancipa completamente dalla promiscuità col latino solo nel XIII secolo.
Il pensiero e la poetica di Giacomo Leopardi sono caratterizzati dal pessimismo, l'aspetto filosofico che caratterizza tutto l'evolversi delle idee e degli ideali del poeta e filosofo italiano, assumendo nel tempo connotazioni diverse. Esse possono essere seguite attraverso le pagine dello Zibaldone e si manifestano con evidenza nei testi letterari, come i Canti e le Operette morali. Partendo da una posizione di estremo pessimismo personale, causato dalla perdita della gioventù, egli approda a un pessimismo cosmico, consapevole dell'«infinita vanità del tutto», comprendente l'umanità e l'intero universo. Leopardi colloca l'unica felicità possibile della vita umana nell'adolescenza, carica di aspettative e illusioni riguardo l'età adulta da cui resteranno tuttavia disingannate, per concludere che il piacere non è uno stato duraturo, ma solo un passaggio transitorio dal dolore alla noia, come sostenuto nel Sabato del villaggio dove l'attesa della festa è destinata a spegnersi nella deludente domenica, o nella Quiete dopo la tempesta per il quale esso è «figlio d'affanno». Pur ritenendo la morte migliore della vita, egli non rinuncia tuttavia alla speranza e alla solidarietà, anche per la tematica tipicamente romantica della morte eroica contro il fato e la natura «matrigna», e quindi in un certo senso, paradossalmente, all'amore per la vita e per le illusioni dell'arte e della poesia.Il pessimismo filosofico di Leopardi ha le sue origini nel materialismo e nel sensismo del Settecento (d'Holbach, Condillac) derivato diretto dal razionalismo propugnato dall'illuminismo, dall'atomismo greco e dal pessimismo mostrato da alcuni autori antichi, come Omero e Lucrezio, con qualche influsso del romanticismo. Esso presenta alcune analogie con il contemporaneo pensiero di Schopenhauer e con l'esistenzialismo successivo, a partire da Nietzsche, anche per la ricerca di un senso nascosto dell'esistenza, che pure è pensato razionalmente come inesistente, la sfida titanico-romantica al «brutto poter che ascoso a comun danno impera» in nome della propria nobiltà intellettuale e d'animo, e la sensibilità acuta per la precarietà e la fragilità dell'essere umano, dei viventi preda di una feroce selezione naturale, e in generale di ogni cosa esistente.
Il Partito Repubblicano Italiano (PRI) è un partito politico italiano. Fondato nel 1895, ha mantenuto immutati il nome, il simbolo (una foglia di edera), le basi ideologiche del mazzinianesimo e del radicalismo, chiaramente riconducibili alle elaborazioni di Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi, Carlo Cattaneo, Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini.
La letteratura latina è l'insieme della produzione letteraria in lingua latina e delle problematiche che gravitano intorno al suo studio.
E. A. Mario, pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta (Napoli, 5 maggio 1884 – Napoli, 24 giugno 1961), è stato un paroliere e compositore italiano, autore di numerose canzoni di grande successo, come La canzone del Piave. Alcuni brani furono composti in lingua italiana, altri in lingua napoletana; di essi, quasi sempre, scriveva sia i testi che la musica. Insieme a Salvatore Di Giacomo, Ernesto Murolo e Libero Bovio, è da annoverare tra i massimi esponenti della canzone napoletana della prima metà del Novecento ed uno dei protagonisti indiscussi della canzone italiana dal primo dopoguerra agli anni cinquanta, sia per la grandissima produzione - dovuta alla sua felicissima vena poetica - sia per la qualità delle sue opere. Di sentimenti ferventemente patriottici, è stato autore di numerose poesie e canzoni di significato patriottico.
La bibliografia su Dante è vastissima, per questo qui se ne darà un campione rappresentativo e sufficientemente ampio.