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Merovingi

La dinastia dei Merovingi, nome che deriva dal loro leggendario capostipite, Meroveo, fu la prima dinastia dei re franchi. Al tempo in cui regnarono (V-VIII secolo) il potere politico era diviso tra il re e il maggiordomo di palazzo, in un rapporto paragonabile a quello, più tardo, tra l'imperatore e lo Shōgun nel Giappone feudale. Allo stesso modo, infatti, formalmente il Maggiordomo non poteva avere un potere maggiore del suo sovrano, tuttavia era proprio il Signore di Palazzo che radunava le truppe al "campo Maggio" (il campo nel quale, ogni primavera, venivano reclutate le truppe per l'esercito) e conduceva le campagne militari, esercitando nei fatti il ruolo di comandante supremo dello stato guerriero. Il potere si basava infatti soprattutto sull'esercito o, piuttosto, sulla guardia del corpo del sovrano, che, oltre a quelli militari, aveva anche incarichi politici e giudiziari. La numerosa corte non aveva una sede fissa e si manteneva con i proventi delle rendite fiscali dei terreni. L'amministrazione periferica era assicurata dai conti, prima funzionari militari, poi anche civili, nominati dal re e anch'essi mantenuti con rendite rurali dei possedimenti sotto la loro giurisdizione e con le ammende comminate ai colpevoli di reati; alcune contee erano raggruppate sotto il controllo di duchi, funzionari militari di grado più alto, mentre all'interno delle città l'amministrazione era completamente nelle mani dei vescovi, sulla cui elezione e sulle cui proprietà interveniva direttamente il re. Nell'ambito della corte alcuni personaggi di maggior rilievo costituirono un ceto forte e geloso dei suoi privilegi e dello stesso sovrano, i Maestri di Palazzo o Maggiordomi, che da un lato controllavano il re, e dall'altro agivano in suo nome con un potere praticamente illimitato che concedeva loro anche la tutela dei sovrani minorenni ed il conseguente controllo delle lotte dinastiche. Proprio a causa di questo potere che via via andava ingrandendosi nelle mani dei maggiordomi, la dinastia pipinide (poi carolingia), dalla quale proveniva la maggior parte dei signori di palazzo, prese progressivamente il sopravvento sulla merovingia per poi sostituirla completamente. Lo stesso Eginardo, biografo ufficiale di Carlo Magno, nella sua opera tenta di dimostrare che la stirpe merovingia non sarebbe tanto caduta per un colpo di mano o per l'ambizione dei Pipinidi, quanto piuttosto per la totale incapacità dei Merovingi a governare; inoltre, lo sforzo di presentare Carlo Martello e Pipino il Breve (rispettivamente nonno e padre di Carlo Magno) come di fatto i veri detentori del potere, tendeva a cancellare il sospetto di un colpo di Stato nell'assunzione del titolo regio da parte di Pipino.

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