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Microplastica

Con microplastica ci si riferisce a piccole particelle di materiale plastico generalmente più piccole di un millimetro fino a livello micrometrico. Le microplastiche provengono da diverse fonti tra cui: cosmetica, abbigliamento e processi industriali (il caucciù, ad esempio, pur essendo una gomma naturale, non è concretamente usato di per sé, bensì in forma vulcanizzata e le sue micro particelle, probabilmente prodotte dall'usura degli pneumatici, sono state rinvenute in mare). Esistono attualmente due categorie di microplastica: la primaria che è prodotta come risultato diretto dell'uso umano di questi materiali e secondaria come risultato di frammentazione derivata dalla rottura di più grandi porzioni che creano la grande chiazza di immondizia del Pacifico. È stato riscontrato che entrambe le tipologie persistono nell'ambiente in grandi quantità, soprattutto negli ecosistemi marini ed acquatici. Ciò perché la plastica si deforma ma non si rompe per molti anni, e può essere ingerita e accumulata nel corpo e nei tessuti di molti organismi. L'intero ciclo e movimento delle microplastiche nell'ambiente non è ancora stato studiato approfonditamente soprattutto per la difficoltà di analizzare una miscela di svariati tipi di plastica più o meno inerte. Recenti studi hanno dimostrato che l'inquinamento da parte delle microplastiche ha raggiunto la catena alimentare interessando non solo la fauna marina ma anche alimenti come il sale marino, la birra ed il miele. Nonostante non siano stati condotti studi specifici, c’è anche la possibilità che i frammenti arrivino sulle nostre tavole attraverso la carne; infatti, pollame e suini vengono nutriti anche con farine ricavate da piccoli pesci che possono essere contaminati. L’Istituto tedesco per la valutazione del rischio alimentare (BfR) ha invitato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) a indagare per capire quali siano gli effetti della microplastica sulla salute umana.Secondo un’inchiesta avviata da Orb Media, un’organizzazione non profit di Washington, che ha condiviso con il Guardian in esclusiva i risultati, l’acqua che esce dai rubinetti di tutto il mondo contiene microscopiche fibre di plastica (ovvero microplastiche); il dossier, denominato “Invisibles: The Plastic Inside Us”, rappresenta il primo studio a livello globale sull’inquinamento dell’acqua potabile da parte di microplastiche. Gli Stati Uniti sono stati identificati come il Paese con il tasso di contaminazione più elevato: valori che arrivano fino al 94%, con fibre trovate in acqua di rubinetto campionata anche negli edifici del United States Capitol (Campidoglio a Washington), nella sede dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA – Environmental Protection Agency) e persino nella Trump Tower a New York. A seguire Paesi come il Libano e l'India. Le nazioni europee come il Regno Unito, la Germania e la Francia registrano un tasso di contaminazione più basso, anche se la presenza è stata riscontrata nel 72% dei casi. Per quanto riguarda le concentrazioni rilevate, il numero medio di fibre in mezzo litro varia da 4,8 unità negli Stati Uniti sino a 1,9 in Europa. Si tratta di una contaminazione distribuita più o meno in modo uniforme in ogni parte del globo, indipendentemente dalla sede di approvvigionamento.

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