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La retorica è tradizionalmente intesa come l'arte del dire, del parlare, e più specificamente del persuadere con le parole. Il termine viene dal latino rhetorica (ars), a sua volta dal greco antico: ῥητορική τέχνη, rhêtorikề téchnê, 'arte del parlare in pubblico', da ῥήτωρ, 'colui che parla in pubblico', dalla radice del verbo εἴρω, 'io dico'. Disciplina ancora vivace, ha raccolto lungo più di due millenni di storia un insieme assai vasto di dottrine e tecniche, confrontandosi e confondendosi con una molteplicità di discipline (in particolare con l'oratoria) e assumendo essa stessa aspetti e significati alquanto variegati, finendo per essere intesa anche come "teoria generale della comunicazione", tanto che lo storico francese Henri-Irénée Marrou la definì "denominatore comune della nostra civiltà [occidentale]". In termini generali, la retorica può essere intesa come un metodo di organizzazione del linguaggio naturale, non simbolico, secondo un criterio per il quale ad una proposizione segua una conclusione. Lo scopo della retorica è la persuasione, intesa come approvazione della tesi dell'oratore da parte di uno specifico uditorio. Da un lato, la persuasione consiste in un fenomeno emotivo di assenso psicologico; per altro verso ha una base epistemologica: lo studio dei fondamenti della persuasione è studio degli elementi che, connettendo diverse proposizioni tra loro, portano a una conclusione condivisa, quindi dei modi di disvelamento della verità nello specifico campo del discorso. Sotto questo aspetto essa è, come nota Roland Barthes, un metalinguaggio, in quanto «discorso sul discorso».
Marco Tullio Cicerone (in latino: Marcus Tullius Cicero, pronuncia ecclesiastica: /ˈmarkus ˈtulljus ˈʧiʧero/, pronuncia restituta o classica: /ˈmaːr.kʊs ˈtʊl.lɪ.ʊs ˈkɪ.kɛ.roː/; in greco antico: Κικέρων, Kikérōn; Arpino, 3 gennaio 106 a.C. – Formia, 7 dicembre 43 a.C.) è stato un avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo romano. Esponente di un'agiata famiglia dell'ordine equestre, fu una delle figure più rilevanti di tutta l'antichità romana. La sua vastissima produzione letteraria, che va dalle orazioni politiche agli scritti di filosofia e retorica, oltre a offrire un prezioso ritratto della società romana negli ultimi travagliati anni della repubblica, rimase come esempio per tutti gli autori del I secolo a.C., tanto da poter essere considerata il modello della letteratura latina classica. Grande ammiratore della cultura greca, attraverso la sua opera, i Romani poterono anche acquisire una migliore conoscenza della filosofia. Tra i suoi maggiori contributi alla cultura latina ci fu, senza dubbio, la creazione di un lessico filosofico latino: Cicerone si impegnò, infatti, a trovare il corrispondente vocabolo in latino per tutti i termini specifici del linguaggio filosofico greco. Tra le opere fondamentali per la comprensione del mondo latino si collocano, invece, le Lettere (Epistulae, in particolar modo quelle all'amico Tito Pomponio Attico) che offrono numerosissime riflessioni su ogni avvenimento, permettendo di comprendere quali fossero le reali linee politiche dell'aristocrazia romana. Cicerone occupò per molti anni anche un ruolo di primaria importanza nel mondo della politica romana: dopo aver salvato la repubblica dal tentativo eversivo di Lucio Sergio Catilina ed aver così ottenuto l'appellativo di pater patriae (padre della patria), ricoprì un ruolo di primissima importanza all'interno della fazione degli Optimates. Fu, infatti, Cicerone che, negli anni delle guerre civili, difese strenuamente, fino alla morte, una repubblica giunta ormai all'ultimo respiro e destinata a trasformarsi nel principatus augusteo.
La letteratura latina è l'insieme della produzione letteraria in lingua latina e delle problematiche che gravitano intorno al suo studio.
Il Laelius de amicitia (titolo completo Laelius seu De amicitia - pi noto come De amicitia: "Sull'amicizia"), opera dell'ultimo periodo ciceroniano, un dialogo di carattere filosofico (immaginato svolgersi nel 129 a.C.) scritto da Cicerone tra l'estate e l'autunno del 44 a.C. e dedicato a Tito Pomponio Attico. Delinea, in un dialogo tenuto da Mucio Scevola, Gaio Fannio e Lelio, tutte le sfumature dell'amicizia, unendo la visione epicurea (tipicamente attichiana) e quella stoica (ciceroniana). Nell'antichit soltanto l'epicureismo aveva cercato di svincolare il valore di amicizia da quello di utilitas. In questo trattato, che a prima vista potrebbe sembrare un dialogo tra amici, in realt Cicerone utilizza autorevoli fonti per sostenere l'amicizia libera dal vincolo politico.
O tempora, o mores, locuzione latina, è una frase di Cicerone, dal quarto libro della sua seconda orazione contro Verre (capitolo 25) e dalla Prima orazione contro Catilina. Si traduce letteralmente con Che tempi! Che costumi!La frase viene spesso riportata con il punto esclamativo (O tempora! O mores!), ma rispetto alla forma originale è inesatta in quanto il punto esclamativo è stato introdotto solo nel Medioevo e non era utilizzato dai latini. Nel suo discorso di apertura contro Catilina, Cicerone deplora la perfidia e la corruzione dei suoi tempi. Egli è frustrato dal fatto che, nonostante tutte le prove addotte contro Catilina, che stava cospirando per rovesciare il governo romano e assassinare Cicerone stesso, e nonostante il fatto che il Senato avesse dato il Senatus consultum ultimum, Catilina non era ancora stato giustiziato. Cicerone continua descrivendo i vari episodi della storia romana in cui dei consoli hanno condannato a morte dei cospiratori con prove minori, a volte - nel caso dell'ex console Lucio Opimio, uccisore di Gaio Gracco (uno dei fratelli Gracchi) - sulla base del solo "quasdam seditionum suspiciones", sospetto di insurrezione (sezione 2, Linea 3). Questa frase è ora usata anche, ma non solo, nella lingua italiana, per criticare usi e costumi del presente, per lo più in tono ironico o sarcastico.
La Lex Agraria proposta dal tribuno della plebe Tiberio Gracco nel 133 a.C. a fini di redistribuzione terriera.
La letteratura greca, espressione dell'antica Grecia e della sua ricchissima cultura, è tra gli elementi fondanti dell'idea moderna di Occidente e di gran parte della cultura occidentale. Essa è usualmente datata dal IX-VIII secolo a.C. al 529, anno in cui l'imperatore Giustiniano ordinò la chiusura della scuola neoplatonica di Atene. La letteratura successiva in lingua greca è detta, pertanto, letteratura bizantina.
Il Brutus (in italiano Bruto, dal nome del dedicatario) è un dialogo platonico di Cicerone sull'oratoria romana, scritto nel 46 a.C.. Il libro vede come protagonisti lo stesso Cicerone, l'amico Attico e appunto Bruto. L'opera, facente parte di una cosiddetta trilogia includente il De oratore e l'Orator, ha come tema la polemica contro gli atticisti romani.