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«Adunche al tempo di Gostantino imperatore et di Silvestro papa sormontò su la fede christiana. Ebbe la ydolatria grandissima persecuzione in modo tale, tutte le statue et le picture furon disfatte et lacerate di tanta nobiltà et anticha et perfetta dignità [...] Et per leuare uia ogni anticho costume di ydolatria costruirono i templi tutti essere bianchi. [...] Finita che fu l’arte stettero e templi bianchi circa d’anni DC.» (Lorenzo Ghiberti, Commentarî, II, 1) L'iconoclastia o iconoclasmo (dal greco εἰκών - eikòn, "immagine" e κλάω - kláō, "rompo") è stato un movimento di carattere religioso sviluppatosi nell'impero bizantino intorno alla prima metà del secolo VIII. La base dottrinale di questo movimento fu l'affermazione che la venerazione delle icone spesso sfociasse in una forma di idolatria, detta "iconodulia". Questa convinzione provocò non solo un duro confronto dottrinario, ma anche la distruzione materiale di un gran numero di rappresentazioni religiose, compresi i capolavori artistici. Sul piano politico l'iconoclastia ebbe per obiettivo di togliere ogni pretesto dottrinale ai predoni islamici – che accusavano i cristiani di idolatria – e di riportare sotto il controllo imperiale i vasti territori posseduti dai monasteri, non soggetti alle leggi imperiali (e in particolare esenti dalle tasse e dalla leva militare degli imperatori). Il termine "iconoclastia" venne poi usato più in generale per indicare altre forme di lotta contro il culto di immagini in altre epoche e religioni o correnti religiose. Iconoclasta fu l'islam nella proibizione dell'uso dell'immagine di Maometto, così come iconoclasti furono il calvinismo e il movimento puritano sviluppatisi con la Riforma protestante in epoca più moderna, e che portarono alla distruzione di molte statue ed effigi nelle chiese e cattedrali nord-europee riformate (v. Iconoclastia protestante). In senso figurato, l'iconoclastia indica un'opposizione spregiudicata e violenta verso le convenzioni, le ideologie e i principi comunemente accettati dalla società.
La giustizia l'ordine virtuoso dei rapporti umani in funzione del riconoscimento e del trattamento istituzionale dei comportamenti di una persona o di pi persone coniugate in una determinata azione secondo la legge o contro la legge. Per l'esercizio della giustizia deve esistere un codice che classifica i comportamenti non ammessi in una certa comunit umana, e una struttura giudicante che traduca il dettame della legge in una conseguente azione giudiziaria. Al di l dell'azione giudiziaria istituzionalizzata, che opera con una giustizia impositiva e codificata, esiste un senso della giustizia, definito talvolta naturale in quanto ritenuto innato, che impegna ogni singolo individuo a tenere nei confronti dei propri simili o gruppi, in situazioni ordinarie o straordinarie di usare criteri di giudizio, e di conseguente comportamento, rispondenti a giustizia nel senso di onest , correttezza e non lesivit del prossimo. in questo senso che la giustizia diventa una virt morale, quindi privata e non codificata e istituzionalizzata, che per di enorme portata assiologica, in base alla quale si osservano regole comportamentali che riguardano s e gli altri nei doveri e nelle aspettative. La giustizia, per s , per gli altri e per chiunque, si traduce comunque in un dovere e in un diritto che coinvolge chiunque appartenga a una certa comunit , in senso riduttivo, e ogni persona umana in generale, in senso estensivo. La giustizia la costante e perpetua volont , tradotta in azione, di riconoscere a ciascuno ci che gli dovuto; questo l'ufficio, deontologico e inviolabile, che il magistrato preposto deve porre in atto nei luoghi deputati a rendere giustizia: i tribunali. La giustizia, che messa in atto sempre come volont del popolo, anche azione repressiva, potere legittimo di tutelare i diritti di tutti, quindi rendere a ognuno, nelle circostanze riconosciute, di accordare giustizia ascoltando richieste per essa e in nome di essa accordando ci che giusto quando dovuto e a chi dovuto. La negazione della giustizia, ovvero la mancata applicazione dei criteri di giustizia, l'ingiustizia, con diversi gradi di gravit della sua realizzazione a danno di una o pi persone.