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Presidenza di Martin Van Buren

La presidenza di Martin Van Buren ebbe inizio il 4 marzo del 1837 con la cerimonia d'inaugurazione e relativo insediamento del presidente degli Stati Uniti d'America e terminò il 4 marzo del 1841. Van Buren, il vicepresidente uscente e prescelto successore di Andrew Jackson, assumerà l'ufficio come 8º presidente degli Stati Uniti d'America dopo aver vinto le elezioni presidenziali del 1836. Esponente di rilievo del Partito Democratico riuscirà a raccogliere 170 grandi elettori contro i 124 andati a William Henry Harrison e ad altri 3 candidati del Partito Whig. Insieme a John Adams, Thomas Jefferson e George H. W. Bush, Van Buren sarà uno dei quattro vicepresidenti in carica ad avere vinto la sfida elettorale presidenziale. All'età di 54 anni era il più giovane ad assumere la carica fino a quel momento. Il problema principale che dovette affrontare la sua amministrazione fu una prolungata recessione a lungo termine dell'economia nazionale in seguito al cosiddetto grande panico del 1837 (verificatosi poche settimane dopo l'inizio della sua presidenza). Mentre si oppose a qualsiasi intervento diretto da parte del governo federale, si impegnò a mantenere il paese solvibile e quindi a ridurre le spese. Propose di mantenere il controllo dei fondi federali in un Tesoro indipendente - piuttosto che in banche statali - ma il Congresso non avrebbe approvato tale manovra fino al 1840. Per quanto riguarda la questione della schiavitù negli Stati Uniti d'America ritenne che, in quanto presidente "di tutti", non avesse altra scelta se non quella di opporsi a qualsiasi tentativo di farla abolire nel Distretto di Washington contro il volere degli Stati schiavisti del profondo Sud, mantenendo una politica interna di minima interferenza con il suddetto istituto in quegli Stati in cui già esisteva. Negli affari di politica estera negò l'applicazione alla repubblica del Texas del diritto di ammissione nell'Unione, preoccupato che l'eventuale incorporazione avrebbe contribuito a minare l'assai precario equilibrio Nord-Sud oltre che creare un aspro dibattito sull'estensione dello schiavismo, com'era precedentemente accaduto nel 1819 durante la presidenza di James Monroe con l'ingresso del Missouri (a cui avrà seguito il Compromesso del Missouri l'anno successivo); sperò inoltre che così facendo si sarebbe potuta evitata la guerra con il Messico il quale rivendicava il possesso del territorio texano. Le relazioni bilaterali con l'impero britannico e le sue colonie in Canada furono messe a dura prova dalla guerra di Aroostook - conclusasi senza alcun spargimento di sangue - e dal Caso Caroline; nondimeno durante la ribellione del 1837-1838 il presidente proclamerà la neutralità americana e riuscì a controllare quei cittadini che desideravano intervenire nel conflitto a fianco dei ribelli. La sua incapacità di affrontare efficacemente la crisi economica, unita alla crescente forza politica dell'opposizione Whig, portò alla sua sconfitta nelle elezioni presidenziali del 1840 per opera del concorrente Harrison. L'amministrazione venne contrassegnata tanto dal fallimento e dalla critica politica quanto dal successo e dalla popolarità tra la gente comune; la classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America lo valuta nel migliore dei casi nella media. Il suo risultato più duraturo fu quello di un abile organizzazione atta a porre solide basi al nuovo moderno Partito Democratico il che lo guidò verso il dominio nel 2° sistema partitico.

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