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Daniele Galliano (Pinerolo, 15 aprile 1961) è un pittore italiano.
La storia della bandiera d'Italia inizia ufficialmente il 7 gennaio 1797, con la sua prima adozione come bandiera nazionale da parte di uno Stato italiano sovrano, la Repubblica Cispadana. L'evento accadde in un salone del palazzo comunale di Reggio nell'Emilia, poi chiamato Sala del Tricolore, sulla scorta degli eventi susseguenti alla rivoluzione francese (1789-1799) che propugnò, tra i suoi ideali, l'autodeterminazione dei popoli. La comparsa dei colori nazionali italiani è datata 21 agosto 1789, quando testimoni oculari videro a Genova alcuni manifestanti aventi appuntata sui vestiti una coccarda verde, bianca e rossa. In seguito il tricolore italiano divenne stendardo militare della Legione Lombarda (11 ottobre 1796), poi vessillo civico della congregazione dei magistrati e deputati aggiunti di Bologna (18 ottobre 1796) e infine, come accennato, vessillo nazionale della Repubblica Cispadana. Dopo la data del 7 gennaio 1797 la considerazione popolare per la bandiera italiana crebbe costantemente, sino a farla diventare uno dei simboli più importanti del Risorgimento, che culminò il 17 marzo 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia, di cui il tricolore divenne vessillo nazionale. La bandiera tricolore ha attraversato più di due secoli di storia d'Italia, salutandone tutti gli avvenimenti più importanti.
I massacri delle foibe (in sloveno poboji v fojbah, in croato masakri fojbe, in serbo: mасакри фоjбе masakri fojbe?) sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra, da parte dei partigiani jugoslavi e dell'OZNA. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi carsici, che nella Venezia Giulia sono chiamati "foibe", dove furono gettati molti dei corpi delle vittime. Per estensione i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono diventati sinonimi di uccisioni che in realtà furono in massima parte perpetrate in modo diverso: la maggioranza delle vittime morì nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi. Secondo gli storici Pupo e Spazzali, l'utilizzo simbolico di questo termine «può divenire fonte di equivoci qualora si affronti il nodo della quantificazione delle vittime», in quanto la differenza tra il numero relativamente ridotto dei corpi materialmente gettati nelle foibe, e quello più alto degli uccisi nei campi di prigionia, dovrebbe portare a parlare di "deportati" e "uccisi" per indicare tutte le vittime della repressione. Si stima che le vittime in Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia siano state, sempre secondo gli storici Pupo e Spazzali, tra le 3 000 e le 5 000, comprese le salme recuperate e quelle stimate nonché i morti nei campi di concentramento jugoslavi, mentre alcune fonti fanno salire questo numero fino a 11 000. In generale però cifre superiori alle 5 000 si raggiungono soltanto conteggiando anche i caduti che si ebbero da parte italiana nella lotta antipartigiana. Al massacro delle foibe seguì l'esodo giuliano dalmata, ovvero l'emigrazione più o meno forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana dalla Venezia Giulia, del Quarnaro e dalla Dalmazia, territori del Regno d'Italia prima occupati dall'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito e successivamente annessi dalla Jugoslavia. Emigrazione dovuta a varie ragioni: dall'oppressione esercitata da un regime la cui natura totalitaria impediva anche la libera espressione dell'identità nazionale, al rigetto dei mutamenti nell'egemonia nazionale e sociale nell'area, nonché alla vicinanza dell'Italia, che costituì un fattore oggettivo di attrazione per popolazioni perseguitate ed impaurite nonostante il governo italiano si fosse a più riprese adoperato per fermare, o quantomeno contenere, l'esodo. Si stima che i giuliani, i quarnerini e i dalmati italiani che emigrarono dalle loro terre di origine ammontino a un numero compreso tra le 250 000 e le 350 000 persone tra il 1945 e il 1956.
Giuseppe Biagi (Viareggio, 3 febbraio 1949) è un pittore italiano, appartenente al movimento della Metacosa.
Il Chiostro della Pace è un'opera di Ettore Sottsass ed Enzo Cucchi, realizzata nel 2005 presso l'Università degli Studi di Salerno e insignita, il 28 febbraio 2008, del Premio PAALMA nell'ambito della Triennale di Milano. Importante esempio di arte pubblica che promuove i valori della vita collettiva, il Chiostro ha subito in poco tempo danni considerevoli, tanto da rendere necessario, nell'estate del 2013, un complesso intervento di restauro coordinato dalla Prof.ssa Maria Passaro per il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell'ateneo salernitano.
Cantieri Romani (in italiano con testo inglese a fronte) è la pubblicazione che accompagna l'esposizione omonima del 2001 alla Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea (oggi MACRO) di Roma.Il volume è un documento insolito che raccoglie la descrizione di alcuni dei cantieri aperti a Roma in vista del Giubileo del 2000, attraverso le testimonianze pittoriche di venti artisti che operano nella città. Per la preparazione dell'anno Giubilare, che segna la fine del II millennio, a Roma vengono aperti dai settecento ai mille cantieri circa, con uno sforzo che nella seconda metà del XX secolo ha avuto un precedente analogo solo in occasione dei lavori realizzati per i Giochi Olimpici del 1960. Mafai, Afro, Capogrossi e molti altri artisti, dipinsero la Roma di allora nei suoi mutamenti. In quest'altra occasione di cambiamento della città, Andrea Aquilanti, Carlo Bertocci, Enzo Cucchi, Fabrice de Nola, Stefano Di Stasio, Paolo Fiorentino, Daniele Galliano, Paola Gandolfi, Federico Guida, Felice Levini, Massimo Livadiotti, Fabio Mauri, Giorgio Ortona, Federico Pietrella, Luca Pignatelli, Cristiano Pintaldi, Piero Pizzi Cannella, Gioacchino Pontrelli, Mauro Reggio e Francesca Tulli, restando fedeli alle loro poetiche, si dedicano ad una pittura le cui immagini si fanno testimoni dei mutamenti in corso e, al contrario dei loro predecessori degli anni 1960, stavolta senza spirito nostalgico. Il libro contiene le riproduzioni a colori delle venti opere, i testi di Arnaldo Romani Brizzi e Ludovico Pratesi e le schede biografiche sugli artisti a cura di Sabrina Vedovotto..
Achille Bonito Oliva (Caggiano, 4 novembre 1939) è un critico d'arte, accademico e saggista italiano.