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La critica teatrale è un uso degli strumenti teorici e pratici, di studi estetici e storici, giudizi di valore e spiegazioni che valutino il teatro, nelle sue componenti specifiche: dalla drammaturgia alla rappresentazione, compreso testo, scenografia, lavoro degli attori, regia, e tutto ciò che collabora all'evento teatrale che viene esaminato in modo "professionale", più o meno "scientifico". Nessuno degli elementi che concorrono allo spettacolo teatrale è dominante rispetto agli altri, come pure nessuno gli è estraneo, una condizione complessa dell'evento teatrale che può arrivare a includere nell'analisi critica spazio scenico ed extra-scenico, contesto e tempo della manifestazione (che include, per esempio, il singolo spettacolo in rassegne, festival, produzioni di enti specifici, sua eventuale registrazione, riprese successive, tournée ecc.), insomma tutto ciò che fa dello spettacolo teatrale un'entità isolabile dal punto di vista antropologico, sociologico e artistico.
L'antropologia teatrale è la disciplina che studia i rapporti dell'uomo in situazioni di drammatizzazione organizzata. Più nello specifico studia i rapporti dell'attore con i gesti da lui agiti sulla scena. Eugenio Barba la definisce come "lo studio del comportamento scenico pre-espressivo che sta alla base dei differenti generi, stili, ruoli e delle tradizioni personali o collettive".L'antropologia teatrale mette così in secondo piano il testo drammaturgico e gli elementi caratteristici del genere teatrale come la musica, la dizione, la scenografia ecc. per focalizzare lo studio dell'evento teatrale avente come centro l'uomo ed il corpo. Questa concezione ha fatto diffondere l'utilizzo della locuzione teatro del corpo, che indica per l'appunto il campo di applicazione dei teorici del teatro contemporanei sull'uomo e, dunque, sull'attore come elemento cardine dello spettacolo.