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La storia dell'Alto Adige (o anche del Sudtirolo) comprende le vicende storiche inerenti al territorio della provincia autonoma di Bolzano, in Italia. Il territorio provinciale, in antichità abitato da popolazioni di origine retica, fu conquistato nel 15 a.C. dai romani, che lo organizzarono come provincia di Rezia. Dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente nel 476, la zona passò ai Regni romano-germanici, ai longobardi e infine ai franchi, entrando a far parte del Sacro Romano Impero. Di conseguenza il territorio subì un lungo processo di germanizzazione, soprattutto ad opera dei bavari. Nell'XI secolo, il suo territorio fu spartito dalla dinastia salica fra il principato vescovile di Trento, quello di Bressanone e la diocesi di Coira. Il loro potere fu poi gradualmente eroso dalla contea del Tirolo, nata con i conti Albertini a partire dal XII secolo e poi passata dal 1363 alla Casa d'Asburgo, seguendone le sorti. Tra il 1810 e il 1814 la parte meridionale e quella orientale della provincia appartennero al Regno d'Italia napoleonico come parte del Dipartimento dell'Alto Adige e del Dipartimento della Piave, la parte settentrionale fece invece parte del Regno di Baviera. Nel 1814 il territorio, in quanto parte del Tirolo, passò assieme al Trentino all'impero austriaco e nel 1867 all'Impero austro-ungarico. Nel 1920, a seguito della sconfitta dell'impero austro-ungarico dopo la prima guerra mondiale, il territorio venne annesso al Regno d'Italia. Dopo la seconda guerra mondiale, il territorio in base all'accordo De Gasperi-Gruber del 1946 siglato fra l'Italia e l'Austria, rimase sotto la giurisdizione dello stato italiano, che riconobbe nella sua costituzione del 1948 i diritti specifici di tutela della minoranza germanofona, concedendo, allo scopo, lo status di regione italiana a statuto speciale al Trentino-Alto Adige con particoilari norme di tutela delle minoranze linguistiche non-italiane presenti sul terrtorio. Nel 1972 l'accordo, dopo l'internazionalizzazione della questione sudtirolese dinnanzi l'ONU e dopo le proteste sudtirolesi e dell'Austria per la mancata applicazione dei diritti autonomistici da parte italiana, venne aggiornato ed ampliato con l'istituzione della provincia autonoma di Bolzano, con ampie competenze e ambiti di autogoverno. Sul territorio altoatesino, che fu segnato da una forte politica di italianizzazione durante il fascismo e da episodi di terrorismo secessionista da parte del Befreiungsausschuss Südtirol (BAS) nel secondo dopoguerra, coesistono in modo pacifico, seppur non esente da tensioni, popolazioni di lingua tedesca, italiana e ladina.
Con italianizzazione dell'Alto Adige si intende quel processo, imposto dalle autorità italiane, avvenuto successivamente alla prima guerra mondiale che vide l'adozione della lingua italiana come lingua ufficiale in Alto Adige, l'italianizzazione completa della toponomastica ufficiale preesistente tedesca nonché l'immigrazione interna da altre regioni d'Italia, favorita da una politica industriale. La provincia, la cui popolazione nel 1919 era composta da una larga maggioranza di lingua tedesca e da minoranze di lingua italiana e ladina (il 90% madrelingua tedesca e il 4% ladina) divenne ufficialmente parte del Regno d'Italia con il Trattato di Saint-Germain del 1919. Il 24 ottobre 1923, un decreto prefettizio mise fine all'insegnamento in tedesco nella provincia recependo le disposizioni nazionali del decreto del Re del 1º ottobre 1923, n. 21852; in risposta a ciò, si assistette alla creazione delle Katakombenschulen ("scuole nelle catacombe"), ad opera di Michael Gamper e Josef Noldin, dove si seguitava ad insegnare clandestinamente ai bambini la lingua tedesca. Nel 1939, con l'accordo sulle opzioni in Alto Adige, Adolf Hitler e Benito Mussolini concordarono che i cittadini di lingua tedesca residenti nella suddetta provincia potessero decidere se emigrare in Germania o nella Crimea (annessa in seguito all'invasione dell'Unione Sovietica al Grande Reich tedesco), oppure rimanere in Italia ed accettare la loro completa italianizzazione. Coloro che restarono vennero denominati Dableiber (letteralmente "i rimanenti") e furono additati come traditori, mentre coloro che decisero di andare (Optanten) vennero tacciati di filonazismo. Dei 246.036 aventi diritto, 211.799 optarono per la cittadinanza tedesca e l'emigrazione, mentre 34.237 decisero di rimanere: tuttavia, con lo scoppio della seconda guerra mondiale, l'accordo non fu mai pienamente attuato, e gli emigranti effettivi furono circa 75.000.
Il Monumento a Dante di Trento è un gruppo scultoreo (tecnicamente non è una scultura, perché è in bronzo) dedicato a Dante Alighieri, opera dell'artista fiorentino Cesare Zocchi, situato nel parco antistante la stazione ferroviaria. Fu realizzato come simbolo della lingua italiana e dell'italianità della città nel 1896 allorché il Trentino era territorio della Contea del Tirolo, nell'Impero austro-ungarico.