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Tombe dei Glossatori della Scuola bolognese

Le tombe dei Glossatori della Scuola bolognese conservano le spoglie di alcuni fra i primi e più importanti professori di quello che nel Medioevo veniva chiamato lo studium, cioè l'Università, che a Bologna era rinomato soprattutto per l'insegnamento della Giurisprudenza. Erano detti glossatori perché commentavano i testi di diritto romano con aggiunte esplicative a margine, le glosse, per rendere più chiari i contenuti dei passi in esame. Queste nuove figure professionali, cardini della vita politica e culturale cittadina, scelsero di essere seppellite in luoghi di grande visibilità urbanistica. I cinque mausolei che oggi si possono ancora vedere sorgono in due luoghi di Bologna, piazza Malpighi, adiacente a Piazza San Francesco, e piazza San Domenico, e sono tutti ascrivibili alla seconda metà del XIII secolo. Sono costituiti, con poche variazioni, da un'edicola sormontata da una piramide, che poggia su un numero variabile di colonnine di marmo, erette su un piedistallo o su un altro ordine di pilastrini, secondo una struttura definita "free standing tomb" quanto alla collocazione nello spazio, "a baldacchino" quanto alla copertura. All'interno dell'edicola è posta un'arca di marmo, leggermente rialzata su bassi sostegni; tutti e cinque i mausolei sono stati soggetti a interpolazioni successive, distruzioni, rifacimenti e anche a parziale ricostruzione. Dal punto di vista tipologico, si tratta di monumenti sepolcrali piuttosto peculiari perché la loro forma è estremamente specifica e non trova riscontro puntuale in quasi nessun altro caso italiano. Alfonso Rubbiani, l'architetto bolognese cui la Deputazione di Storia Patria per le province di Romagna affidò nel 1886 il restauro dei tre mausolei di San Francesco in occasione dell'ottavo centenario dell'Università di Bologna, in una delle sue relazioni racconta che, «mentre la Commissione permanente di Belle Arti aveva approvato il progetto per la ricostruzione delle tre tombe, il signor Ministro dell'Istruzione notificava con suo dispaccio da Roma di rinunziare al proposito di eseguirlo, non essendosi potuto ottenere che il Ministro del Tesoro si assumesse la spesa occorrente [...]». Fu l'opera di interessamento della regina Margherita di Savoia, che «graziosamente soggiunse che ritornando in Roma se ne sarebbe occupata personalmente», a permettere di avviare i lavori. Non è possibile ricostruire esattamente il contesto cimiteriale su cui le tombe sorgevano; la loro presenza isolata non corrisponde alla condizione in cui si trovavano in passato. È noto che sul sagrato della basilica di San Domenico si trovavano anche i resti di altri importantissimi maestri, tra cui Salatiele di Martino di Papa (1280), Federico della Scala, Pietro Capretto de' Lambertini (1292), Guido Monadi (1293), Dino del Mugello (1298), Tommasino di Guido Ubaldini (1295); presso la Basilica di san Francesco sono attestate, a partire già dal 1261, offerte relative al cimitero, per monumenti esterni, prima ancora dell'ultimazione dei lavori della chiesa: Lambertino Ramponi (1269), Giovanni da Varignana (1274), Giovanni Pavanesi (1278). Dei monumenti di questi personaggi oggi non è rimasta alcuna traccia se non documentaria. Dai sepoltuari della chiesa e dagli altri documenti non emergono in modo omogeneo indicazioni relative alla natura di queste tombe, alla loro collocazione e al loro orientamento, perché la modalità di compilazione dei documenti non è molto rigorosa. In ogni caso, il cimitero doveva essere posto sul retro della chiesa, ovvero in piazza Malpighi, come tradizione delle chiese gotiche. In tale posizione si trovano ancora oggi le due arche superstiti.

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